soldi
N.06 Dicembre 2019
Il (non sempre) vil denaro
La tematica degli spazi racconta di luoghi onirici di incontro. Carichi di colore appartengono ad un sogno, ad una realtà altra, che ci porta a riflettere sulla condizione umana in equilibrio tra l'effimera natura del momento e la sua inevitabile solitudine. Spesso quello che all'apparenza può sembrarci lieto , nasconde il malessere della quotidianità.
Dicembre è il mese delle feste. Arriva il Natale, siamo tutti più buoni e tutti spendiamo qualcosa in più. Nulla di male, perché se è vero che il consumo – come ricorda Carlo Cottarelli nella intervista che troverete qualche pagina avanti – allunga i tentacoli ben a fondo nelle più intime relazioni trasformandole in accecanti scintillii, nulla ci vieta di pensare che molti approfitteranno di questo dicembre per investire bene.
Proporre un titolo così sfrontato – SOLDI – proprio adesso porta in sé una provocazione che strattona il nostro modo di vivere il Natale; eppure inseguendo i riflessi dorati di questo tema non ci siamo incagliati (come temevamo) alla volgarità di un termine di cui sembra quasi di doversi vergognare. Perché traboccano, ossessionano, mancano, si sprecano…
Ci siamo messi alla ricerca di soldi, qualunque essi fossero, e ne sono emersi volti, storie, in qualche caso sorridenti resistenze. Un modo onesto e persino sereno di parlare del “vil denaro”. Che tanto vile non è quando è onesto, quando paga o genera lavoro, quando si dona a una causa buona.
Certo, parlare di soldi espone all’incontro con la povertà, come quella cupa verso cui spinge il gioco d’azzardo nel deserto delle relazioni o quella violenta dello sfruttamento delle donne sulla strada. Anche a dicembre, quando il termometro scende e nelle nostre famiglie si cena insieme…
E allora il riscatto passa dall’impegno, il tempo e il lavoro di chi si mette a disposizione e aiuta. Le operatrici che aiutano le donne ad allontanarsi dalla slot machine e ritrovare il gusto di vivere, l’unità della strada della Caritas che di notte porta un thermos e un po’ di umanità dove le persone si comprano come oggetti di consumo, il medico dei campesinos che chiede soldi per il suo ospedale dove nascono i figli dei più poveri.
I soldi sono le monetine di un centesimo che insieme a tante altre possono sostenere la Isla de Burro dove gli asinelli fanno stare meglio bimbi e malati; sono quelli spesi per un giocattolo sostenibile che può insegnare un modo antico e oggi nuovo per divertirsi senza spreco; sono le ore di volontariato con cui Fathia ha pagato le bollette arretrate grazie alla Banca dell’Acqua.
Perché – come racconta Michael Agazzi, portiere della Cremonese e calciatore fuori dagli stereotipi – i soldi non dicono chi siamo. Non erano i soldi sempre pronti nella borsa il vero miracolo di Sant’Omobono, ma la scia di bene che lasciava al suo passaggio per le strade di Cremona. Il sorriso di chi riceve e ringrazia, come quello di Dejan, il giovane scout che ha trovato un portafogli e lo ha restituito… Tutto qui: un gesto semplice e giusto. Come il Natale.