notte

N.58 aprile 2025

rubrica

Buongiorno, notte

Nel cinema la notte è un topos, a livello profondo la chiave di una contraddizione insanabile, in cui si perdono i confini di qualcosa che è solo apparentemente chiaro, come l’alternarsi della luce e del buio

Ogni generazione ha la sua “notte” cinematografica preferita. Ai più anziani, e ai più cinefili, viene subito alla mente La notte di Michelangelo Antonioni (1961), secondo capitolo della cosiddetta trilogia dell’incomunicabilità. Concepito originariamente come un racconto relativo alla crisi di una serie di coppie appartenenti all’alta borghesia che ha luogo durante una notte, il film finisce per concentrarsi su di una di queste formata da uno scrittore, Giovanni Pontano (Marcello Mastroianni), e dalla moglie Lidia (Jeanne Moreau). I due vengono accompagnati da una macchina da presa sorvegliatissima nel corso di una giornata apparentemente ordinaria: dopo aver fatto visita a un amico ammalato in ospedale, si trascinano attraverso diversi incontri mondani, come la presentazione di un libro e una serata di festa a casa di un industriale. Ma proprio gli eventi che si succedono durante la notte sanciscono la loro definitiva crisi e presa di coscienza della distanza che li separa, consegnando a un confronto finale, che si svolge sul far dell’alba, il loro inevitabile allontanamento.

A distanza di un decennio, un altro celeberrimo film celebra la notte, questa volta in chiave cinematografica: si tratta di Effetto notte di François Truffaut (La nuit américaine,1973). Qui la notte non è più il tempo buio di un travaglio interiore, ma soltanto un effetto cinematografico: è il trucco che gli operatori impiegano per trasformare riprese diurne in notturne, una sorta di miracolo che si compie grazie alla sottoesposizione della pellicola, oppure all’uso di filtri polarizzati davanti all’obiettivo. Un metodo ingegnoso, che gli americani chiamano “day for night”, utilizzato come metafora per celebrare il potere trasformativo del cinema. Perché, come dice Truffaut, «i film sono più armoniosi della vita, non ci sono intoppi nei film, né rallentamenti. I film vanno avanti come i treni nella notte». E la voglia, il piacere di girare, di raccontare storie per immagini – liete, tragiche o consolatorie – traspare da ogni sequenza del film che mette in scena le avventure di una troupe guidata dal regista Ferrand (interpretato dallo stesso Truffaut) per condurre a compimento le riprese del film Vi presento Pamela.

Poi ci sono poi le notti degli amanti del cinema di genere, a partire dall’horror de La notte dei morti viventi (Night of the Living Dead, 1968, di George A. Romero), nel quale le tenebre danno luogo a un’ininterrotta minaccia per tutti i protagonisti impegnati a resistere all’assalto di zombie affamati di carne umana. La paura della morte cela tutte le angosce diffuse all’epoca dell’uscita del film, ed è significativo che si manifesti nottetempo, quando si è più propensi a vedere i fantasmi.

E ancora, in una versione più leggera e familiare, la notte torna ad essere protagonista nell’avventuroso Una notte al museo (Night at the Museum, 2006 di Shawn Levy) e nei suoi due sequel, dove l’oscurità contravviene all’idea di calma e di pace che la contraddistingue per assumere i connotati del caos, nel quale il mondo inanimato prende improvvisamente vita.

Per i giovani è diventato un film di culto La notte prima degli esami (2006, di Fausto Brizzi), ispirato all’omonima canzone di Antonello Venditti del 1984. Qui la notte si espande in una lunghissima veglia di attesa del “giorno dopo”, quasi un rito di passaggio caratterizzato da una pluralità di stati d’animo che vanno dall’urgenza di amori spesso impossibili, vissuti come assoluti, all’incertezza per l’immediato futuro, che determina (forse per la prima volta) un richiamo alla responsabilità in prima persona, fino al rimpianto per un’adolescenza che si avverte come ormai alle spalle – e, più prosasticamente, per il tempo perso, che causa la paura di un insuccesso.

Attesa e veglia scandiscono anche quelle notti magari non raccontate dal film, ma che lo spettatore avverte come importanti momenti di passaggio, inizi di un percorso destinato a condurre i protagonisti in una nuova direzione, a seguito di un profondo rivolgimento interiore. Sono quelle ellissi narrative che obbligano chi guarda a porsi delle domande per riannodare i fili di un tragitto contrassegnato dalla difficoltà, di cui offre uno spaccato emblematico Il ladro di bambini di Gianni Amelio (1992). Le diverse notti (appena accennate) che scandiscono il viaggio da Milano alla Sicilia dei due bambini, scortati da un carabiniere, segnano le tappe di un percorso di dolorosa presa di coscienza, di incertezza, quando non di rassegnazione o di insperata, timida apertura al futuro: sentimenti che albergano in modo differente e talvolta contraddittorio nei diversi personaggi.   

Insomma, la notte è un topos narrativo straordinario, al cinema come in letteratura (chi non ricorda le notti manzoniane dei Promessi sposi, dall’avventuroso “assalto” di Renzo a don Abbondio, all’angoscioso attraversamento dell’Adda, fino alla tormentata notte della conversione dell’Innominato?). La notte anche nel cinema sancisce un passaggio tra due unità di tempo che dispone le condizioni di un cambiamento sull’asse degli eventi o della psicologia dei personaggi.

Oppure, a un livello ancora più profondo, la notte è la chiave di una contraddizione insanabile, in cui si perdono i confini di qualcosa che è solo apparentemente chiaro, naturale, come l’alternarsi della luce e del buio, fin dai tempi della creazione del mondo.

È il caso del film i Marco Bellocchio sul sequestro e l’omicidio di Aldo Moro, rivissuto attraverso il personaggio di una terrorista, Buongiorno, notte (2003). Dice il regista: «“Buongiorno, Notte” è un verso di Emily Dickinson che ho letto tempo fa, o forse ho solo sentito. Il titolo esatto della poesia, in realtà è “Buongiorno –  Mezzanotte”, ma ripensando a quel verso mi è sembrato che centrasse bene il clima del film, che ne cogliesse la profondità. Poi è nato questo gioco di parole: Buongiorno/notte che contiene una contraddizione e un contrasto che mi sembrano interessanti, perché evoca quel periodo, notturno, angosciante, oscuro. Ma se oggi sia giorno non so».

Ed è proprio in quello stato di sospensione, di desiderio impossibile, quasi allucinato, nel quale si spera possano avverarsi i desideri impossibili, che il finale del film presenta Moro nottetempo finalmente libero dalla prigione mentre si aggira nelle strade deserte di un’alba romana:

Anche di là da tutti i nostri incubi, forse un’altra notte è possibile.