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N.54 novembre 2024
Il latino oggi, fatiche e meraviglie di una lingua morta. Ma non troppo
L'incubo dei liceali, una lingua morta che continua a parlare, palestra di metodo e scrigno di bellezza... Ecco perché nel 2024 il latino può ancora diventare una (utile) passione. Ne parliamo con Emilio Giazzi, prof di latino e greco al Liceo Manin di Cremona
Rosa, rosae, rosae…Se leggendo queste parole avete la tentazione di proseguire (o vi sfugge un sospiro familiare), significa che avete già incontrato la lingua latina. Per qualcuno questo ricordo ha il peso di un dizionario monolitico e polveroso, per altri “canta” come i versi che il poeta Catullo dedica all’amata Lesbia, consumato da un profondo tormento – excrucior – intraducibile in altre parole. La magia della lingua antica sta nelle sfumature, in grado di schiudere il senso di una frase e restituirle vita, colore, superando i limiti della carta e del tempo.
Per il professor Emilio Giazzi, docente di latino, greco e lettere al liceo Manin di Cremona, il segreto sta tutto nella capacità di rallentare. Fermarsi, se necessario. Sciogliere il groviglio di principali e subordinate, per ritrovare il filo della sintassi e la radice che ci lega all’antichità… forse non così lontana.
Il suo viaggio inizia durante gli studi classici: dopo la specializzazione in Latino medievale e il dottorato in Storia Medievale, intraprende la carriera d’insegnante, senza spegnere l’interesse per le lettere antiche: nel 2024 consegue una laurea in Lingue e letterature straniere, con specializzazione in Neogreco – o greco moderno.
«Il latino è una lingua morta – dichiara Giazzi – che si riscopre estremamente viva e vivace tra le pagine degli autori classici, che come l’Eneide di Virgilio raccontano le gesta di eroi che potrebbero tranquillamente vivere ai giorni nostri». Conoscere questa lingua apre le porte ad un mondo di bellezza, «anche se per accedere bisogna affrontare qualche difficoltà», prosegue. Nel latino le regole non mancano, così come variazioni e particolarità, da ricercare accuratamente tra le fitte righe dell’intramontabile dizionario cartaceo, in barba alle alternative digitali.
Tra gli acerrimi nemici del pachidermico volume, c’è l’intelligenza artificiale: «Chat Gpt può tradurre il latino – ammette Giazzi – ma con parecchi errori, e senza l’interpretazione che solo il lettore sa dare. Molte traduzioni poi si trovano già online, aumentando il rischio di imprecisione per chi si affida agli strumenti digitali nel tentativo di tradurre versioni o brani assegnati a scuola. Sarò controcorrente, ma questa possibilità apre ad una riflessione di libertà: quando lo studente capisce che la risposta non è su internet ma può costruirla da solo, compie un passo avanti, verso la consapevolezza di sé e delle proprie capacità». Non solo: il latino insegna ad essere rigorosi, a rispettare le regole, a ricostruire le strutture sintattiche attraverso cui esprimere se stessi. «Possiamo dire che è l’anti-smartphone, l’anti-whatsapp – scherza il docente – l’immediatezza è nemica del latino, devo fermarmi per capire, devo riflettere per (ri)costruire».
Il risultato è «una conoscenza libera, che apre le porte alla meraviglia di grandi capolavori». La ritroviamo nella letteratura antica, che ieri come oggi ci accompagna alla scoperta dell’uomo e delle profondità del suo animo, scandagliate da filosofi illustri come Seneca e Sant’Agostino. «Quando i ragazzi capiscono il vero senso delle frasi, la profondità che sta dietro una parola, si appassionano», afferma il professore. «Capiscono che vale la pena fermarsi un attimo, per cogliere questa ricchezza, accettando la sfida che il latino offre loro. Quando si supera la difficoltà, si spalanca il mondo della bellezza».