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N.60 maggio 2025

riflessi incontra

In viaggio con la prof. Marzi: lo studio del cinese è “benzina” per scoprire il mondo

Studiare, insegnare, ma soprattutto vivere una lingua come il cinese è un viaggio (con le gambe e con la mente) che cambia la vita. Parola di prof!

Ogni lingua è un modo per abitare il mondo. Non è solo un codice da decifrare, ma un universo di pensieri, gesti, silenzi. Studiarle significa rallentare, ascoltare, accettare di perdersi tra segni grafici e sfumature di significato, per ricostruire il nostro universo di senso. È un viaggio lento, fatto d’inchiostro e tempo, dove il punto di arrivo è la scoperta dell’altro, anche quando sembra lontano e diverso da noi.

Così è stato per Debora Marzi, docente di lingua e cultura cinese: oggi insegna all’Università Ciels di Brescia e all’Istituto Pacioli di Crema, dopo anni al liceo Manin di Cremona. Il suo viaggio comincia alla Ca’ Foscari di Venezia, tra libri e lingue, fino a una borsa di studio che la porta prima a Pechino e poi a Taiwan. «Sono partita per curiosità culturale – racconta – mi piacevano le lingue, volevo lasciare Cremona per scoprire cosa ci fosse oltre il confine delle cose conosciute». Ispirata dalle letture di taoismo e confucianesimo incontrate al liceo, segue le orme di Marco Polo. Con una valigia piena di domande, approda in un Paese in piena trasformazione: «Era l’inizio degli anni ’90 – racconta – dopo le riforme di Deng Xiaoping la Cina cominciava ad aprirsi al mondo».

Adattarsi a costumi e abitudini così lontani non è stato immediato. Alloggi essenziali, sapori sconosciuti, tutto richiede spirito di adattamento e apertura mentale: quando ci si immerge in una nuova cultura si impara a ridefinire la prossemica, a decifrare sguardi, ad ascoltare il linguaggio del silenzio. La lingua parlata non coincide con quella studiata sui libri: senza tutorial né traduttori automatici, l’unico dizionario è l’esperienza quotidiana, fatta di tentativi, errori, volontà di mettersi in gioco. «Dopo un’esperienza così intensa si torna diversi, e spesso chi ti sta vicino non lo capisce subito. Questa nuova sensibilità mi ha cambiata profondamente». Debora l’ha portata anche in famiglia, dove con il marito e i figli coltiva lo stesso spirito di apertura. «A Natale, dopo vent’anni, abbiamo rifatto quel viaggio tutti insieme. È stato emozionante vedere i miei figli muoversi con naturalezza, stupiti e pronti ad accogliere tutto ciò che i luoghi e le persone incontrati avevano da offrire».

Debora cerca di trasmettere lo stesso entusiasmo agli studenti che ogni giorno incontra in aula: «Lo studio del cinese richiede un approfondimento costante. Nei dizionari ci sono circa cinquantamila caratteri, ma per parlare ne bastano circa seimila…». Nei primi anni i ragazzi mostrano grande entusiasmo e curiosità, spinti dal desiderio di imparare rapidamente e di entrare in contatto con quella realtà. Tuttavia, le traduzioni mettono spesso a dura prova la loro motivazione: scrivere, ripetere, memorizzare strutture e suoni, imparare ad ascoltare… «La lingua cinese richiede memoria, pazienza e costanza», ribadisce la prof. «Oggi la tecnologia offre molte semplificazioni, ma per ottenere risultati occorre mettersi d’impegno, imparare a rallentare e dedicare il giusto tempo. Mantenere viva la fiamma della curiosità non è scontato, soprattutto per una generazione abituata ai ritmi veloci e all’immediatezza».

Fare uno scambio culturale all’estero serve proprio a questo: «A volte noto nelle nuove generazioni una forte tendenza al pregiudizio», commenta la docente. «Durante i viaggi in Cina inizialmente c’è una certa allergia alle regole, trovarsi in un mondo così ordinato li disorienta, li spinge a farsi molte domande». Viaggiare significa infrangere tabù e superare resistenze per aprire gli occhi e la mente a un mondo fino a quel momento conosciuto solo attraverso i libri. «L’esperienza all’estero lascia sempre un segno», prosegue Debora. «Alcuni si sono persino tatuati il nome della città in cui siamo stati, per portare con sé quell’esperienza così intensa e significativa. Nel tempo rimane sempre un filo rosso che li accompagna, che li riporta in Cina o li guida nelle loro carriere e relazioni, coltivate anche grazie a questa lingua».

Come spiega Debora, nulla accade per caso: «In cinese esiste una parola, Yuanfen (緣分), che indica quando una situazione, un’esperienza o una persona entra nella tua vita al momento giusto, creando quasi per magia connessioni importanti». In una vita dove tutto è controllato e organizzato, Yuanfen rappresenta quell’incontro naturale e perfetto che accade senza forzature, cambiando le carte in tavola. Così è stato per lei, che ha fatto del viaggio l’unità di misura della propria vita, con radici a Cremona e cuore in oriente.

«Studiare una lingua è un modo per andare oltre – conclude Debora – Oggi le nuove tecnologie ci consentono di fare traduzioni in tempo reale, senza sforzo né attesa, ma comunicare non è solo una questione di codici. C’è sempre bisogno di entrare in relazione, perché la cultura passa attraverso il contatto umano. Nelle nostre scuole c’è un grande bisogno di questi percorsi di conoscenza e apertura reciproca, per imparare a guardare l’altro con occhi nuovi». Ai suoi studenti Debora lascia un motto di incoraggiamento: jiayou (加油), che in cinese significa “aggiungere benzina”. Un’espressione potente, per spronarli a non mollare, anche quando il cammino si fa difficile. È un invito a credere in se stessi, perché con impegno e costanza le soddisfazioni non mancheranno.

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