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N.60 maggio 2025

professioni

La crisi della medicina richiede l’impegno di tutti

In un convegno la crisi delle professioni sanitarie, tra eccessi di burocrazia, aziendalizzazione e burnout. Un problema da affrontare come collettività, perché le conseguenze ricadono sulla salute di tutti

Crisi delle strutture territoriali, mancanza di risorse economiche del sistema sanitario nazionale, violenza nei confronti del personale. Fattori di inquietudine e turbamento che risuonano nelle nostre orecchie da mesi, se non addirittura anni, segnali di un sistema che non funziona più. E la crisi che coinvolge medici e infermieri, riguarda l’intera società. 

Per questo l’Ordine provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Cremona, in collaborazione con la sezione locale dell’Amci (l’Associazione dei medici cattolici), ha voluto dedicare del tempo a questo tema così urgente e attuale, organizzando un convegno dal titolo La crisi dei professionisti della salute. Le responsabilità della società e il ruolo dell’etica

All’incontro era presente anche il vescovo Napolioni che ha scelto di esprimere un augurio ai presenti, prima di lasciare la parola ai relatori. Ha affermato Napolioni: «La crisi non ha l’ultima parola, va attraversata. L’augurio è che tutti impariamo in questo tempo frenetico e complesso a non risolvere le crisi istintivamente, ma con l’approfondimento convergente di sguardi diversi, di sensibilità diverse che permetta di sognare e realizzare un cambiamento».

Alle parole del vescovo Napolioni sono seguite le relazioni di quattro esperti che hanno puntato una luce sul forte disagio che, specialmente da dopo il Covid, stanno vivendo i professionisti della sanità. Una questione che coinvolge anche la stessa città di Cremona, come evidenza una ricerca anonima condotta nel territorio e che ha illustrato il dottor Gianmario Corbani. 

Alla domanda “ti senti realizzato rispetto alle motivazioni che ti hanno spinto a scegliere la professione sanitaria” il 22% dei 109 intervistati ha risposto no

Alla domanda “ti senti realizzato rispetto alle motivazioni che ti hanno spinto a scegliere la professione sanitaria” il 22% dei 109 intervistati ha risposto no. Le cause sono da attribuire al carico burocratico eccessivo, alle condizioni economiche inadeguate (i medici italiani guadagnano da un terzo fino alla metà rispetto ai medici del resto dell’Europa), alla carenza di personale con conseguente sovraccarico lavorativo e impossibilità di fornire un’assistenza di qualità, alle preoccupazioni medico-legali, all’aziendalizzazione della sanità. 

Un ulteriore dato che forse non sorprende, ma che è allarmante, è che l’Italia è terzultima in Europa per quello che riguarda la soddisfazione dei medici. 

Il dottor Fabrizio Arrigoni (dell’Università degli Studi di Brescia e della Fondazione Vismara de Petri di San Bassano) ha rilevato che la crisi che coinvolge il personale sanitario è un fenomeno sociale, una condizione che non appartiene solo ai professionisti della salute, ma è legata a tutta la comunità. Alcuni studi hanno rilevato, infatti, come aggressioni e sfiducia nei confronti del sistema siano aumentate dopo il Covid. La pandemia sembra aver reso la morte un nuovo tabù, suscitando risposte spesso aggressive da parte delle persone. Aggressività che si accompagna però dall’altra parte a un’apatia generale e a una forte crisi di significato. Ha affermato il dottor Arrigoni: «La società contemporanea per il 42% è al burnout professionale, passa 10 ore al telefono e il 68% vive una crisi di significato e di senso». La soluzione proposta dal dottor Arrigoni per ritrovare il senso del lavoro di cura è quella di fare delle “comunità di pratiche” dove medici, studenti, ex studenti vadano «a dare testimonianza del proprio lavoro nelle scuole, nella società». È necessario incontrarsi e ascoltarsi per rompere l’apatia. 

Alcuni studi hanno rilevato, infatti, come aggressioni e sfiducia nei confronti del sistema siano aumentate dopo il Covid. La pandemia sembra aver reso la morte un nuovo tabù, suscitando risposte spesso aggressive da parte delle persone

Anche mons. Renzo Pegoraro (medico bioeticista, cancelliere della Pontificia accademia per la vita) ha portato nella sua relazione spunti di riflessione non solo sulla crisi attuale, ma soprattutto su quali soluzioni adottare per uscire dallo sconforto. Soluzioni che coinvolgono tanto i medici, che devono ritrovare la propria identità e restituire una dimensione di dignità alla propria professione anche nella complessità di quest’epoca, ma la società tutta. Vi è la necessità di recuperare quegli elementi fondanti del rapporto medico-paziente e, soprattutto, vi è la necessità di recuperare il principio della speranza. Ha affermato mons. Pegoraro: «La difficoltà c’è, però bisogna anche muoversi, progettare, sperimentare nuove soluzioni. Bisogna coltivare la speranza verso il proprio agire professionale, non cadere nella rinuncia e nella ricerca ossessiva di risultati, dove spesso il risultato è semplicemente la vicinanza».

Davanti a un pubblico di professionisti sanitari ben consapevoli delle difficoltà, ma attenti alle soluzioni e con il desiderio di rialzarsi, il convegno ha illustrato un inquietante panorama statistico di insoddisfazione, accompagnato sempre però da proposte per uscire dalla crisi. Allo stesso modo dei suoi colleghi relatori, anche la dottoressa Mariagrazia Bordoni dell’Humanistas University ha puntato l’attenzione sulla necessità di recuperare un senso di condivisione e di empatia, oltre al bisogno di insegnare la giusta comunicazione nei corsi di studio che è, anche quella, «tempo di cura». Ha concluso la dottoressa Bordoni raccontando una storia, una breve fiaba che può essere la giusta prospettiva da cui rivedere la crisi attuale del personale sanitario, una piccola spinta per tutti, società compresa, per ripartire. 

«A un certo punto – ha raccontato – nella foresta scoppia un grandissimo incendio che si diffonde rapidamente. Tutti gli animali cercano di scappare e si radunano in un grande fiume per trovare riparo. Il fuoco divampa, sta per raggiungerli e loro stanno discutendo, cercando di capire cosa fare, ma di fatto sono immobili nell’acqua senza fare nulla. Ecco che allora un colibrì, con il suo becchetto, prende una goccia d’acqua e la butta sul fuoco, ritorna, prende un’altra goccia d’acqua e la butta ancora sul fuoco. Va avanti per un po’ di tempo, il leone lo guarda con sarcasmo e gli dice: “Ma cosa pensi di fare?” E lui risponde: “Faccio semplicemente la mia parte.” Allo stesso modo io penso – ha concluso la dottoressa Bordoni – che in un panorama così complesso e incerto, che nessuno avrebbe potuto prevedere, ciascuno di noi deve fare la sua parte e continuare a mantenere alto il valore di una professione che è meravigliosa». E indispensabile. Per tutti.