notte
N.58 aprile 2025
La culla del mistero
…e tornan l’ombre
giù da’ colli e da’ tetti,
al biancheggiar della recente luna
Giacomo Leopardi, Il sabato del villaggio
Vertigine dell’ignoto. Abisso del buio. Quiete del riposo.
La notte è culla del mistero.
Eppure l’oscurità che nasconde la strada e atterrisce (metafora di ogni paura), è la stessa che spalanca le porte dell’universo. Ce lo insegna la passione di un astrofilo, cacciatore del buio completo che, sempre più raro, scopre il velo degli astri. Ce lo rivelano la meraviglia dei bambini con il naso per aria e le mani del fornaio che mentre la città dorma impasta il profumo del risveglio.
Che è così sfumato, poi, il confine tra giorno e notte: giochi di luce riservati alle ore d’oro, all’alba e al tramonto come soffici battaglie rosa e arancio; fanali e lampadine, thermos e ore legali per sconfinare dal cerchio “del mattin, della sera,/del tacito, infinito andar del tempo”.
Scendiamo in strada per incontrarla, per incontrarle, le notti che sfiorano o attraversano le nostre vite: il venerdì sera in centro, la paura del babau, le trappole dell’adolescenza, un verso di Verlaine e un notturno di Debussy, una missione con la crew tra i muri di periferia e una con l’unità di strada nel cuore più povero della città, con chi accende il buio dell’incomprensione e dello stigma, con chi si batte contro le tenebre della violenza. Il nero dei lividi.
Per trovare una strada anche nel buio. “Non guardare, ma osservare”, con il coraggio di non distogliere lo sguardo dall’enormità di ciò che non possiamo contenere, non nascondersi di fronte a ciò che non abbiamo ancora imparato.
Ma cercarla, quella traccia del giorno che sempre rimane impressa: nella frenesia dei pensieri insonni, nella trama imperscrutabile dei sogni.
Dimmi, o luna: a che vale
al pastor la sua vita
a vostra vita a voi? dimmi: ove tende
questo vagar mio breve,
il tuo corso immortale?Giacomo Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia