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N.60 maggio 2025
Manuale d’istruzioni per trasformare l’aula nel teatro della storia
Jacopo Narros, scrittore originale e insegnante «precarissimo» ha scritto un autentico manuale d'istruzioni per «trasformare l’aula in una di quelle pagine dei molti libri che si studiano a scuola, con tutti i loro personaggi un po' consumati dall’uso»

Ma è un libro? Sì, in effetti lo è. Però, visto che ha solamente 63 pagine, lo definirei più un libretto. Jacopo annuisce: «Proprio quello che desideravo ottenere. Nulla di letterario, ma qualcosa di basso e concreto. Frasi snelle per arrivare a comporre uno scritto breve».
Considerando che racchiude indicazioni semplici per effettuare azioni estremamente pratiche, possiamo spingerci a definirlo un libretto delle istruzioni?
«Certo! E poi, se fosse alto il doppio, che libretto delle istruzioni sarebbe?» conviene Narros soppesando il volume (o meglio volumetto). «Dev’essere come un dito puntato che indica delle cose, niente di più».
Cosa indica? Un Armadio, cinque Banchi, il Calorifero, alcuni Dizionari, la Finestra, una Lavagna, la Macchinetta delle merendine, il Pavimento, la Porta. Tutto in ordine alfabetico. Come in un libro di scuola.
Jacopo, con un sorriso gentile, fa scorrere l’indice di Dieci piccole trasformazioni dell’aula scolastica: «È davvero buffo: questo è l’unico luogo in cui possono trovarsi affiancati personaggi senza nessun apparente nesso come Maria Antonietta, Medoro e la Monaca di Monza. Anche gli alunni, al termine di una mattinata di lezione, hanno nella testa un gigantesco minestrone dove Dante e Darwin convivono affiancati alle ossidoriduzioni. Il sapere è davvero qualcosa di assurdo. Nonostante ciò la scuola ricerca perennemente l’ordine. È considerato l’unica porta di accesso alla conoscenza, non ne sono previste altre».
«Hanno nella testa un gigantesco minestrone dove Dante e Darwin convivono affiancati alle ossidoriduzioni»
Dopo un attimo di riflessione, conclude con una delle sue frasi per nulla logiche, ma sempre illuminanti: «Per me una porta vale l’altra».
Azzardiamo una richiesta di chiarimento, sperando di non rimanere troppo spiazzati.
«È simile alla situazione in cui si trova qualcuno che, di prima mattina, esce di casa per andare a scuola o al lavoro: non sa chi incontrerà e cosa succederà. Può darsi che buchi la gomma della bicicletta o che, aspettando l’autobus, si innamori. Per il sapere è la stessa cosa perché è imprevedibile: quindi il concetto di ordine è fittizio, rigido. Io preferisco che i ragazzi si innamorino».
Da dove nasce l’idea di scrivere questo inconsueto manuale scolastico?
«Nel 2015 un’amica mi ha chiesto si produrre un testo per la rivista La vita scolastica: totale libertà, nessuna indicazione. Mi ero immaginato di trasformare l’aula in qualcosa di diverso, per esempio in una piscina».
Con l’acqua?
«Certo! Forse avevo un po’ esagerato con l’operazione di reinvenzione…», ammette immaginandosi i banchi che galleggiano nella stanza. «Ma l’idea di base mi era rimasta in testa. Così l’ho ripresa, diversi anni dopo, cambiando però approccio: le trasformazioni avrebbero dovuto essere realizzabili».
«Io preferisco che i ragazzi si innamorino»
La Rivoluzione francese, l’Odissea, l’Orlando furioso, la scoperta dell’America, I Promessi Sposi. Ecco alcuni degli eventi che, seguendo semplici istruzioni e utilizzando gli oggetti presenti in classe, si possono mettere in scena. La scelta degli argomenti ha ricalcato, come gli anelli di un albero secolare, la sedimentazione degli strati di polvere di gesso che si formano sulla cornice di legno della lavagna. Mille volte su quella superficie sarà stato scritto il nome di un condottiero, di un autore o di un inventore. Così tante volte da tramutarsi, da nozione, a luogo comune; così frusto, così “sbiadito e consunto” da mimetizzarsi alla perfezione nel panorama, anonimo e immobile, della desolante vita scolastica. Proprio come le sedie, i banchi o le cartine geografiche mestamente aggrappate al muro, in attesa che un soffio di vento che le faccia cadere condannandole così alla reclusione perpetua nell’armadio di metallo.
In questa sorta di stagno immobile, Jacopo porta una ventata di aria nuova, partendo dal punto di vista di se stesso alunno, non del professore «precarissimo» che, in seguito ad eventi più o meno fortuiti, è diventato. La sua proposta è «trasformare l’aula nello scenario di una battaglia famosa, o in una di quelle pagine dei molti libri che si studiano a scuola, con tutti i loro personaggi un po’ consumati dall’uso». Proprio come se fosse uno spettacolo teatrale, tenendo alla mano il libretto, si possono fornire, man mano che si snodano le vicende, indicazioni agli alunni che ora si trasformano nel popolo francese che assalta la Bastiglia (l’armadio in cui preventivamente sono stati chiusi degli alunni) ora si tramutano nei Lestrigoni che cercano di affondare la nave di Ulisse (un banco) colpendola con delle pietre (gli astucci).
Una proposta molto stimolante, com’è stato applicarla nella vita professionale?
Jacopo ci guarda stranito, come se parlassimo ad un’altra persona: «Ma nooo, non sono il tipo di professore che fa recitare i Promessi Sposi in classe, io sono un tipo dittatoriale».
Mentre cerchiamo (a fatica) di immaginarcelo in questa veste, Narros sorridendo ci incalza: «Penso che mimare l’effetto Attimo fuggente sia controproducente; se sei sicuro di quello che vuoi trasmettere agli alunni, puoi farlo anche senza troppe rivoluzioni esterne. Per me il libro è solo un gioco mentale ispirato agli Esercizi di stile di Queneau».
Nessuno ha mai provato ad utilizzarlo prendendo sul serio un manuale che, nelle intenzioni dello scrivente, è assurdo e paradossale?
«Un professore ha chiesto alle alunne, e non ai maschi, di impersonare i Goti nel mettere in scena il Sacco di Roma… sembravano più raccomandabili»
«Un paio di colleghi, in effetti, hanno sperimentato qualche messa in scena e mi hanno garantito che è stato un successo, con gran divertimento degli alunni. Un professore ha solo specificato di aver chiesto alle alunne, e non ai maschi, di impersonare i Goti nel mettere in scena il Sacco di Roma… sembravano più raccomandabili».
L’incontro con Jacopo è proseguito ancora a lungo, oltre i confini dell’intervista, dove la piacevolezza della conversazione rapisce non solo l’intervistatore ma anche il fotografo, che si accomoda su una sedia della classe e appoggia sul banco la macchina.
Ma la campanella suona, dobbiamo congedarci, senza dimenticare di cercare, nella malinconica biblioteca di classe, una copia di quel paradossale quanto indispensabile manualetto intitolato Dieci piccole trasformazioni dell’aula scolastica.