bontà

N.53 Ottobre 2024

riflessi incontra

La botanica sociale di Mauro Ferrari sociologo delle “erbacce”

Se nell'Ottocento avessero usato il diserbante oggi non avremmo... gli impressionisti

«Se non ci fossero i papaveri, non avremmo avuto gli impressionisti». Mauro Ferrari, sociologo e formatore, specializzato nel welfare generativo e nella progettazione sociale. All’attività di docente presso la Scuola universitaria professionale della Svizzera Italiana, si affianca la conduzione di seminari, la redazione di articoli e la pubblicazione di libri, tra cui il recente Noi siamo erbacce (ed. Altraeconomia, 2024). Al centro, il tema della “botanica sociale”. Come spiega Ferrari, «le persone sono come i vegetali, non ci sono buoni o cattivi. Pensiamo alle erbacce: non sono altro che erbe giuste nate nel posto sbagliato, considerate invadenti o pericolose per chi già abita quel luogo». La riflessione si estende al tema delle migrazioni non programmate, «come avviene nella stragrande maggioranza dei casi – spiega – in cui chi arriva non trova sempre luoghi ospitali, a meno che non venga accolto secondo il paradigma dell’utilità, quindi come forza lavoro o come una soluzione all’inverno demografico».

Gli esempi non mancano, a partire dall’arte: «Se i papaveri fossero considerati erbacce di cui liberarsi, artisti come Claude Monet e più tardi Vincent Van Gogh non avrebbero realizzato i paesaggi che li hanno resi celebri. Sono stati “papaveri” a modo loro, infrangendo la concezione classica dell’arte e cambiando in modo irreversibile il modo di dipingere la realtà». Secondo il sociologo, per cambiare punto di vista sul mondo occorre ridefinire le categorie che utilizziamo per leggere il mondo: «Significa abbandonare la logica del profitto immediato, della distinzione tra utile e inutile. Per questo è importante uscire da questi schemi e provare a comprendere, dal latino cum-prendere, tenere insieme».

Ferrari cita il maestro Mario Lodi, amico e collega: «Riflettevamo sul fatto che fin dalla prima infanzia siamo portati a ragionare in “scatole”, a suddividere il nostro tempo e le nostre relazioni in attività che in genere sono regolate e supervisionate da un adulto, senza spazi autogestiti che consentano ai bambini di trovare le regole tra loro, in modo naturale». Tutto dipende dalla relazione: «Iniziamo a comprendere il modo in cui interagiamo, per capire quali sono i comportamenti realmente dannosi o conflittuali».

Alla base di tutto, il rispetto per l’altro. «Citando lo psicanalista Massimo Recalcati, ci sono vite e viti che crescono e nascono storte… Qual è il problema? Le persone non sono fusti da raddrizzare: ognuno racchiude potenzialità. Come ci ricorda l’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco, dobbiamo ispirarci al valore della biodiversità, intesa come la capacità di accogliere, comprendere e preservare ciò che ci circonda, anche se diverso da noi».

Come le erbacce. La sua preferita è l’humulus lupulus, meglio noto come luartìs: «È un’erba selvatica – spiega – che cresce cercando appigli cui aggrapparsi, ma senza soffocare ciò che lo circonda. Questo bisogno di supporto mostra la sua fragilità, ma non gli impedisce di crescere seguendo la propria natura. Ed è pure squisita».