bontà

N.53 Ottobre 2024

tradizioni

Lode (o l’ode) al marubino… della nonna

Piatto tipico cremonese, ambasciatore della cucina casalinga padana, vessillo delle ricette della festa e collante dei pranzi in famiglia, in grado di mettere d’accordo tutti.

Un cuore di carnoso ripieno avvolto nell’abbraccio protettore di un quadrato di sfoglia all’uovo, impastata a mano; viene lentamente immerso in succulento brodo di carne (o meglio, “tre brodi”: manzo, gallina e vitello, con la possibilità di variazioni sul tema) e lasciato sobbollire quel tanto che basta ad ammorbidirne la pasta, ma non troppo, per garantire quell’effetto godurioso al morso, che lascia sprigionare pian piano tutto il sapore e il gusto del ripieno prima di scivolare lungo la gola e – giù giù – a donare un caldo piacere allo stomaco, in particolar modo nella stagione fredda.

L’avete capito, vero, che stiamo parlando del marubino, piatto tipico cremonese, ambasciatore della cucina casalinga padana, vessillo delle ricette della festa e collante dei pranzi in famiglia, in grado di mettere d’accordo tutti.

Come non parlarne proprio ora, in questo inizio di un autunno che si è già dimostrato fin troppo freddo e uggioso? Proprio ora che le giornate si accorciano e le tavolate si allungano, perché con freschino si rimane più volentieri con i piedi sotto il tavolo e quando serve, nessuno si vergogna a chiedere il bis di un buon piatto di marubini fumanti, generosamente arricchiti da una spolverata di grana grattugiato, mentre i più arditi non disdegnano di aggiungere un mezzo bicchiere di vino rosso direttamente nella “fondina” fumante.

Insomma, un piatto che rimanda a tempi eroici, quando la carne la si vedeva solo per le feste comandate e, abituati a sfamarsi con polenta e poco altro, il piatto di marubini col brodo di carne era lusso allo stato puro.

Oggi si trovano facilmente in commercio in tante forme e ricette, da quelli più industriali, da supermercato, a quelli artigianali, acquistabili in gastronomia.

Oppure ci si può ingegnare a prepararseli a casa, in autonomia, chiedendo consiglio a mamme e nonne che ne hanno impastati e arrotolati a milioni nella loro vita. La ricetta non è difficile da eseguire, certo se si pecca di esperienza le prime volte sarà un’avventura da raccontare, ma chi ha la possibilità di imparare a farli a casa, non perda l’occasione di andare dalla nonna e farli a quattro mani, prendendo attentamente e scrupolosamente nota di ogni passaggio.

Perché le nonne, si sa, oltre alla ricetta (che è pubblica), hanno sempre un trucco particolare o un ingrediente segreto che non si scrive sul quaderno, ma viene tramandato oralmente perché è troppo prezioso e importante per essere diffuso.

Ecco allora che per prima cosa si prepara il ripieno: “Carne lessata in brodo con le verdure e macinata, aggiungiamo una salsiccia, un uovo, una generosa e abbondante manciata di grana grattugiato, sale, pepe e spezie a piacere” (non dimentichiamo la noce moscata, ma non quella in polvere – troppo comodo – meglio la nocetta da grattare con la grattugina in dotazione nel vasetto).

Fatto il primo passaggio, “in una padella scaldiamo una bella noce di burro con cipolla e aggiungiamo la carne preparata come detto sopra e amalgamiamo senza fretta, massaggiando col cucchiaio di legno finché tutto il ben di Dio diventa un composto profumato e omogeneo”. Naturalmente non è vietato assaggiare (anche più di una volta) per assicurarsi che il sapore sia quello giusto… Lasciamolo ora riposare, mentre si raffredda.

Nel frattempo, prendiamo l’asse per la pasta, uova e farina e iniziamo a scaldare i muscoli: due ingredienti, semplice semplice, basta avere pazienza e non avere paura di sporcarsi le mani. Bisogna impastare con cura, far amalgamare poco per volta la farina e le uova, arginare quando serve la parte liquida che scappa fuori dalla fontanella di farina, aggiungerne ogni tanto un po’ sulle mani per staccare la pastella che si incolla alle dita e poi continuare quel lento movimento di mani, polsi e braccia mentre l’impasto magicamente diventa giallo, compatto e sodo. Ma il lavoro è solo all’inizio: ora bisogna creare la sfoglia, quella striscia ruvida e sottile che accoglierà il cuore di ripieno per avvolgerlo e farlo diventare, con l’abilità di mano e dita della nonna, il marubino.

E qui abbiamo due possibilità: il mattarello oppure “la macchina”, un congegno di meccanica che stira la pasta. Qui serve esperienza perché prima si taglia una “fetta” di impasto e la si mette nella macchina impostata sul massimo spessore, la si lascia scorrere lentamente tra i due rulli azionati dalla manovella e si ripete l’operazione tante volte, “finché la pasta, ripiegata su sé stessa, non fa uno schiocco passando nei rulli. Allora vuol dire che è pronta per essere tirata più sottile”. E così, passaggio dopo passaggio, lo spessore dei rulli viene diminuito finché la sfoglia non diventa sottile al punto giusto e viene stesa sull’asse un po’ infarinato.

Ora inizia il lavoro di precisione, tagliandola in quadrotti al centro dei quali mettere il bocconcino di ripieno. “Poi devi piegare l’angolo per coprire la pasta e col triangolo che ottieni, lo chiudi arrotolandolo introno al dito e saldi facendo pressione sulle estremità. Se vuoi farli con la coda alzata invece devi prima girare in su la punta del triangolo”. Certo, i primi non vengono mica come quelli della nonna, che ormai lei li fa ad occhi chiusi e, mentre tu sudi sette camicie a cercare di chiudere il primo nel modo giusto e di dargli una forma decente, lei ha già riempito un cabaret di marubini dalla forma perfetta… “Guarda, devi fare così, vedi? Metti lì il dito e fai girare la pasta intorno”.

Ecco, portato a termine il servizio fotografico ed abbiamo provato con le nostre mani a impastare e dare forma ai marubini, ci toccherà l’ingrato compito di testarli per vedere se effettivamente sono all’altezza delle aspettative. Sarà quindi la nipote ad assaggiarli, visto che proprio lei ci ha messo le mani per imparare: pollice in su (mettiamo il like anche ai marubini, dai, che queste contaminazioni di tradizione e innovazione sono sempre le benvenute). Marubini della nonna, promossi! Ma non avevamo dubbi, anche perché si sa, a casa della nonna tutto è più buono, ha un sapore diverso che profuma di cose genuine. Per questo i suoi marubini sono unici e così buoni e chissà se è proprio la nonna l’ingrediente segreto.