segni
N.51 Giugno/Luglio 2024
Leo, una cicatrice sul cuore per far entrare ogni goccia di vita
«Non ci pensare neanche» la forza di Leonardo, operato al cuore dopo poche ore di vita, vive un battito dopo l'altro. La sua vita oltre la Tga, più forte del dolore e della paura che non passa, è il dono più bello
Una cicatrice sul cuore. Il segno di una vita iniziata in salita, annaspando, tra vuoti d’aria e paure. Con il sorriso di un bambino e il coraggio di un leone. Leonardo oggi indossa la maschera di Spiderman. Copre gli occhi davanti all’obiettivo della macchina fotografica, ma non risparmia i sorrisi. Si arrampica sulle spalle di papà Nadir e sorride alla vita.
Vive appieno ogni battito. Assapora ogni attimo.
Eppure le prime foto che lo vedono protagonista, sull’album della nascita, non nascondono la sofferenza, tra incubatrice, tubi e tubicini. Pochi attimi prima di un’operazione che gli avrebbe cambiato la vita.
«La mia – ricorda mamma Elisa – è stata una gravidanza tranquilla. Avevo preparato tutto nei minimi dettagli, persino il regalo da parte del nuovo arrivato per la sorella maggiore: Giulia». Era tutto pronto, tutto in ordine. Tutto secondo i piani. Fino al parto: «La prima espressione che ricordo è quella di lui con gli occhi riversi. Mi sono sentita addosso come un’ombra, un peso. La stessa con cui faccio colazione ancora oggi. I medici me lo hanno portato via subito, non sapevano cosa dirci».
Leonardo non saturava bene, doveva essere trasferito a Bergamo. Subito. Non c’era tempo. «Non sapevano darci ulteriori indicazioni. Prima di partire ci hanno detto di stare con lui il più possibile». Il futuro era un’incognita.
A Bergamo, la bolla in cui Nadir ed Elisa si sono ritrovati a vivere subito dopo il parto ha preso un nome: «Suo figlio ha la tga» ha detto un medico a Nadir. «E quindi?». Nel cuore di Leonardo aorta e arteria polmonare presentavano una connessione invertita.
«L’intervento chirurgico – spiega il cardiochirugo Duccio Federici – è il trattamento risolutivo. Deve essere effettuato nei primi giorni di vita. È stato realizzato per la prima volta nel 1973; consente di ripristinare la normalità, a fronte di una condizione diversamente incompatibile con la sopravvivenza». É richiesto un intervento di chirurgia maggiore. La mortalità si attesta oggi attorno al 10 per cento dei casi. «In caso di buon esito – continua il medico – riesce a garantire ai pazienti uno stile di vita sovrapponibile a quello di una persona priva di patologie. Certo, è richiesto un continuo follow up, soprattutto nel passaggio all’adolescenza e durante l’età adulta».
«Da grande
glielo voglio dire:
è stato un cavaliere»
Mentre Nadir e Elisa provano a rimettere insieme i pezzi di quei momenti, la voce squillante di Leonardo scandisce a più riprese questa frase: «Non ci pensare neanche». Facciamo una foto? «Non ci pensare neanche». Lasciamo vincere la tga? «Non ci pensare neanche». L’ostinatezza, del resto, è uno stile di vita. Nel caso di Leonardo è stata riconoscibile sin dai primi momenti. «È stato un guerriero, non ha nemmeno perso peso». Elisa lo guarda e sorride. «Abbiamo potuto conoscerlo solo dopo il primo intervento in emodinamica». Lui e la sua patologia. Una presenza ingombrante, una domanda troppo grande per due genitori giovani.
«Le prime notti le abbiamo passate in internet a cercare risposte». Non ce n’erano. «Ho trovato solo alcune pagine in inglese e ho capito poco» precisa Elisa. «L’unica voce che ha saputo darmi forza è stato il commento su Facebook di una nonna che raccontava l’esperienza di suo nipote, un giovane salvato all’ospedale di Bergamo». Per il resto sembrava di vivere un incubo. «Riuscivo a toccare solo il suo piedino, non potevo abbracciarlo. Mi sono sentita meno mamma, ho vissuto nel terrore. Oggi penso che sono stata fortunata, ma quell’ombra che tutto possa svanire in pochi attimi ancora mi perseguita».
Leonardo è qui, saltella da una parte all’altra della stanza. «Mi piacerebbe tanto dire che la normalità fa parte di noi. Che non vedo Leonardo come un bambino diverso, ma non direi la verità: ho ancora paura. Mi accompagna ad ogni visita, ogni volta mi fa rivivere quegli attimi provati subito dopo il parto». Vivi, come un brivido sotto la pelle. «Non sapevamo che bambino sarebbe diventato. Ora che sta bene ho paura che tutto possa cambiare da un momento all’altro».
Leonardo resta fragile, «da difendere». Lui che ha saputo tenersi aggrappato al filo della vita dal primo istante.
«Per me Leonardo è stato forte, è stato bravo. Può essere un esempio per gli altri e la sua cicatrice può confermarlo». La voce è quella di Giulia, 9 anni, la sorella maggiore. «Io non sarei stata capace di sopportare tutto questo. Da grande glielo voglio dire: è stato un cavaliere. E io che ero a casa da sola, con i nonni, in quei giorni di attesa l’ho desiderato tanto: ora è bellissimo essere finalmente la sorella maggiore».
Elisa e Nadir a Giulia non hanno risparmiato alcun particolare: «Ci hanno insegnato che ai bambini basta la verità». La verità è che il cuore di Leonardo era malato. Ora di quel passato resta una cicatrice. Il segno di ciò che è stato, di ciò che ha vissuto. Di ciò che in parte Leonardo sarà per sempre. Un attimo di vita dopo l’altro. Un battito avanti all’altro. Con un futuro tutto da scrivere. Tutto, da vivere.
DALLA RIVISTA…