tappe

N.52 Settembre 2024

riflessi incontra

Lupetti in fila sulle orme di Raksha. Il cammino di una capo-scout prosegue… insieme

Sofia ci porta al cuore dello scoutismo: scoperta, competenza e responsabilità

«È un’esperienza che ti entra dentro e diventa parte di te». Sofia Baldini ha ventisei anni, da sedici è scout. «Più della metà della mia vita!», esordisce con un sorriso luminoso, mentre una mano gioca con gli angoli del fazzoletto legato al collo. È color panna e blu, «come le spiagge e l’acqua del Po», spiega. «Ogni scout ne ha uno. Serve per fare un nodo, per non dimenticare la propria buona azione quotidiana». Il suo è tempestato di spille e piccoli oggetti raccolti negli anni di questo lungo cammino.

Ognuno ricorda una persona, un luogo, una promessa. Le dita si fermano su una molletta per panni, sul legno c’è scritto Raksha: «È il nome della lupa che nel libro della jungla fa da madre adottiva al piccolo Mowgli» svela. «I miei bambini mi chiamano così».

Oggi è responsabile delle nuove leve, che come lei hanno intrapreso questo cammino alla scoperta del mondo e di sé. Il percorso è lungo, segnato da obiettivi, “prede” e riti di passaggio. Prima i “lupetti”, poi il reparto, scandito da tre tappe: scoperta, competenza e responsabilità. Infine il Clan, dove oltre a fare strada (chilometrica) si presta servizio a favore di vari progetti e realtà, al grido di “sempre pronti”. L’obiettivo è apprendere competenze pratiche e personali da portare con sé. Non si tratta solo d’imparare a montare una tenda o costruire un tavolo, ma d’imparare a stare nel mondo. Sì, anche senza schermi e wi-fi. «La generazione nata con lo smartphone fa un po’ più fatica – ammette Sofia – durante l’attività cerchiamo di limitare il più possibile l’uso del cellulare». Genitori permettendo… «Se fino a poco tempo fa valeva il detto “niente nuove, buone nuove”, oggi un’assenza di qualche ora può gettare nel panico chi non riceve notizie!». La virtù sta nel compromesso: sdoganato il whatsapp di rassicurazione per i genitori, ci sono tante cose da fare per uscire dalla comfort zone. Per esempio imparare ad orientarsi senza mappe digitali.

«Lo scoutismo ti costringe ad uscire, a lasciare le comodità, ad immergerti nella natura ed andare oltre la soglia di tutto ciò che è noto. Là c’è tutto il resto – aggiunge Sofia – non c’è tempo per lasciarsi travolgere da impegni e preoccupazioni, è una continua scoperta». Non mancano i momenti di “deserto”, in cui ognuno può raccogliere minuti e pensieri per interrogarsi sul senso del cammino compiuto, sulla direzione di quello che verrà. Significa trovare se stessi, anche grazie a chi condivide questo pezzo di strada: «Macinare chilometri sotto il peso degli zaini, cucinare insieme, condividere il cibo, la tenda, i rischi e le avventure… Siamo una famiglia, senza la quale non potrei più stare».