gemme
N.58 marzo 2025
Da minore non accompagnato ad affidatario, nella storia di Samba il futuro è un progetto da costruire insieme
A 14 anni Samba è arrivato dal Senegal completamente solo. Con la cooperativa Nazareth ha trovato una casa dove crescere con la guida di un ragazzo più grande. Oggi, diventato adulto, è lui ad essere affidatario il sostegno a cui i più piccoli si appoggiano per costruire un futuro

Se dico “Samba”, a cosa pensi? Spiagge infinite, Carnevale di Rio, ballerine sorridenti ricoperte di molte piume e poche paillettes. Ma in Via Bonomelli, al Civico 81, se dici “Samba” nessuno avrà il tuo stesso pensiero. Perché, per le persone che frequentano il Consorzio Solco, di Samba ce n’è uno solo ed ha il sorriso buono di un ragazzo di 24 anni.
È nato in Senegal e, a 14 anni, ha deciso di partire alla ricerca «di una vita diversa». Destinazione? «Qualunque: Francia, Spagna, Italia» confessa con disarmante sincerità. Ai carabinieri che lo intercettano per le strade di Cremona sembra poco più di un bambino, ma nelle gambe ha tanta strada percorsa e negli occhi mille situazioni di cui non può e non vuole parlare.
Essendo arrivato completamente solo, viene inserito nel sistema di protezione previsto per i minori stranieri non accompagnati. Inizialmente due educatori lo accompagnano in una comunità a Quinzano d’Oglio da cui esce, dopo qualche mese, per essere affidato alla cooperativa Nazareth di Cremona. Il modello di accoglienza è diverso dal precedente: Samba vive insieme a tre coetanei, di nazionalità diverse, in un appartamento gestito da un maggiorenne di origine egiziana. «Durante il giorno andavo al Centro Diurno Giona per imparare l’italiano e fare delle attività con Fabio e con gli altri educatori, la sera tornavo a casa».
Samba cresce e sperimenta in prima persona le diverse modalità di accoglienza ideate dalla cooperativa: prima si sposta in “foresteria” dove «l’affidatario era Asdren, da cui ho imparato tanto su come funziona la casa e il rapporto tra adulti e minori», per approdare, dopo qualche tempo, a Stop and Go «in un grande appartamento molto bello».
«Magari ero il più piccolo della casa, ma mi svegliavo presto la domenica per fare le pulizie, mettere in ordine le stanze o cucinare. Non c’era bisogno che l’affidatario mi dicesse “fai questo o quello”, perché io sono così, mi piace vivere in un posto in ordine e pulito»
Ovunque si trovi, Samba cerca di rendersi utile alla vita della piccola comunità di cui fa parte: «Magari ero il più piccolo della casa, ma mi svegliavo presto la domenica per fare le pulizie, mettere in ordine le stanze o cucinare. Non c’era bisogno che l’affidatario mi dicesse “fai questo o quello”, perché io sono così, mi piace vivere in un posto in ordine e pulito».
Le parole elementari che Samba utilizza per raccontare la propria storia di vita non devono trarre in inganno; in un tempo in cui “le maniere semplici sono prese per indizio di poco valore” (G. Leopardi), chi conosce bene Samba sa cogliere in pieno le sue preziose qualità.
Ancora da minorenne, oltre a frequentare il corso di italiano e a seguire le attività proposte a Giona, il ragazzo chiede agli educatori di poter impegnarsi anche nello sport. «In Senegal praticavo il karate e, quando l’ho detto agli educatori, mi hanno proposto di provare judo alla palestra Kodokan». Il viso del ragazzo si illumina di gioia mentre racconta della prima gara alla Coppa Torrazzo dove, nonostante la poca esperienza e la difficoltà a comprendere le regole, riesce ad arrivare terzo. «Il judo mi ha dato tantissimo. Andrea Sozzi è una persona molto importante per la mia vita; pratico judo ancora oggi: sono arrivato ad essere cintura nera primo dan e sto seguendo il corso per diventare allenatore».
Poco dopo il compimento del diciottesimo anno Carlo, un educatore, si presenta a Samba e gli propone di diventare affidatario presso una struttura a Dosimo. «Ho accettato subito perché avevo già sperimentato quel ruolo, sulla mia pelle, per molti anni, e mi sentivo adatto. Mi è venuto in mente quando, in Senegal, dai 6 anni agli 8 ho studiato e vissuto presso una scuola coranica. Anche lì eravamo un piccolo gruppo di minori affidati ad un ragazzo più grande. In pratica sono cresciuto così».
«È un ruolo che mi piace molto, i ragazzi mi chiedono del loro futuro, i documenti necessari e il lavoro. Io rispondo che non so nulla del futuro ma che sono qui, dopo aver percorso la loro stessa strada. Sono contento nel vedere che si tranquillizzano»
A seguito dell’esperienza di Dosimo, Samba viene spostato a Porcellasco, dove risiede tuttora proseguendo l’esperienza di affidatario. «E’ un ruolo che mi piace molto, i ragazzi mi chiedono del loro futuro, i documenti necessari e il lavoro. Io rispondo che non so nulla del futuro ma che sono qui, dopo aver percorso la loro stessa strada. Sono contento nel vedere che si tranquillizzano».
Alzando lo sguardo, quasi a raccogliere i pensieri che si materializzano nella sua mente, prosegue: «Quando vedo un ragazzo che sta seguendo la mia strada, ne parlo con l’educatrice Martina e le dico che vedo in lui un affidatario; non capita spesso perché si tratta di un compito difficile e non tutti possono farlo». Con un sorriso attraversato da un velo di malinconia, aggiunge: «Io spero, a breve, di crearmi una mia vita, con una famiglia e, nel futuro, mi vedo nel ruolo di formatore di affidatari, per affiancarli e insegnare loro come funzionano le cose. Essere affidatario è bello ma molto impegnativo, attraverso anche momenti di difficoltà che posso affrontare serenamente perché non sono da solo: al mio fianco ci sono sempre gli educatori che mi aiutano».

A questo proposito abbiamo consultato l’operatore Fabio Foggetti che sintetizza gli elementi principali per poter passare dall’essere “minore straniero non accompagnato” ad affidatario. «Innanzitutto occorre il desiderio di rimanere sul territorio, elemento non scontato visto che molti, raggiunta la maggiore età, partono per altre mete. Poi bisogna valutare com’è andato il percorso, la tenuta rispetto al progetto di vita, la maturità dimostrata da minore. Sicuramente è un ruolo che comporta la capacità di assumersi delle responsabilità a cui arrivano i ragazzi dopo un percorso di maturazione: non subito da maggiorenni ma dopo aver compiuto almeno 20 anni e aver seguito un percorso formativo».
Come la danza brasiliana ha le sue radici in Africa, così anche questa storia di affido ha la sua origine in Senegal, per poi arrivare in Italia dove quelle intuizioni, quei semi di bontà e disponibilità presenti nel cuore di Samba hanno trovato un buon terreno dove attecchire, crescere e generare “una pianta grande che diventa riparo per gli uccelli del cielo.”