progetti

N.42 Settembre 2023

vocazioni

L’altro progetto di fra’ Giuseppe, dal forno di famiglia al saio francescano

Padre Giuseppe Azzoni racconta il cambio di prospettiva che lo ha portato (non senza qualche ostacolo da affrontare) dal proseguire la ben avviata attività di famiglia a Pugnolo, all'ingresso nell'ordine dei Fratelli di San Francesco

PROGETTO – dal latino: pro (avanti) iăcěre (gettare): ciò che viene gettato, lanciato avanti. Una parola quindi ci proietta subito nel futuro, verso qualcosa che oggi non è ancora in essere, ma che esiste già come idea, intuizione, visione. O anche vocazione.

La scelta di una vita consacrata è certamente un progetto, magari non studiato a tavolino, deciso e controllato sotto ogni minimo aspetto, ma di sicuro è una scelta che nasce da profonde ed intime riflessioni, a cui si deve prestare tempo e dedizione, per la quale può anche succedere di trovarsi di fronte a discussioni familiari impegnative e sfiancanti.

«Che progetti hai per il futuro?» è la domanda che un giorno il giovane Giuseppe Azzoni riceve dal padre Luigi, mentre lo accompagna in stazione per rientrare in caserma, dove sta svolgendo il servizio militare. Siamo nel 1985.

Oggi quel giovane ha 58 anni e da 25 porta l’abito dell’ordine dei Fratelli di San Francesco. Cosa risponde quel giorno Giuseppe però è qualcosa di diverso: «Papà, io voglio sposarmi, avere dei figli e portare avanti il lavoro nel forno di famiglia». Giuseppe ne è convinto, nel suo futuro immagina una fidanzata, un matrimonio ed il lavoro: del resto la sua vita di ventenne si divide tra gli amici e l’attività di famiglia nello storico Panificio Azzoni di Pugnolo, frazione di Cella Dati, nella campagna della bassa cremonese.

Poi un pensiero però dentro inizia a farsi strada; non è ancora un progetto ben chiaro, quel qualcosa che non è ancora in essere, ma che Giuseppe inizia ad intuire.

In quei mesi di naja ha tanto tempo libero, che trascorre pensando: «In questo senso, posso dire che è stato un anno di grazia perché non avendo molto da fare ho potuto riempire quel tempo pensando intimamente». Riflette. Si concentra su quell’interesse innato verso la vita di comunità, condivisione e servizio, lui che, come i suoi amici, è nato e cresciuto frequentando la chiesa e l’oratorio a Pugnolo. «Da bambino venivo sempre a giocare, il parroco ci dava la liquirizia e per me era una dimensione di serenità e gioia – racconta ancora – Poi crescendo ho iniziato a frequentare le vicine parrocchie di San Salvatore e Isola Pescaroli e quindi la chiesa dei Cappuccini di Via Brescia a Cremona».

Ma come per ogni progetto serio, serve del tempo per maturare.

Dopo il servizio militare, Beppe torna a casa e lavora nel forno di famiglia. Gli affari vanno bene, le amicizie non mancano e per un paio di anni la vita procede ‘come da programma’. Eppure, coltiva con grande intensità quell’interesse sempre crescente verso la vita di comunità ed in un caldo pomeriggio del giugno 1987, dopo il lavoro, Giuseppe decide di visitare un piccolo convento a Nogarole Rocca (VR), dove un gruppo di Cappuccini ha dato vita all’ordine dei Fratelli di San Francesco.

Prende l’auto, un’oretta di strada ed arriva a destinazione: «Qui mi sono sentito subito a casa, ho trovato una situazione di profonda normalità, con alcuni frati che sistemavano la chiesa, altri giovani che giocavano con i bambini. Insomma, niente di straordinario, ma una dimensione che mi ha fatto stare bene». Ed ecco che i piani iniziali immaginati a vent’anni si ribaltano completamente: il vero progetto di vita ora ha una fisionomia certa, quella di una vocazione alla vita consacrata, di condivisione e servizio.

«Certo, è stata una sorpresa anche per me, perché comunque il proposito che avevo condiviso con mio padre qualche anno prima era autentico e sentivo che mi dispiaceva lasciare la famiglia, gli amici, il lavoro: io sono cresciuto con il profumo del pane appena sfornato. Però ho capito che questa vocazione rappresentava per me una scelta di vita serena e gioiosa che mi portava ad una pace interiore come mai avevo vissuto». Quella è la sua strada «il solco che il Signore ha preparato per me e nel quale ho scelto di rimanere per continuare il mio cammino» spiega Fra’ Giuseppe.

Tutto bello? Purtroppo non ancora, c’è uno scoglio da superare per poter percorrere questo solco. «Mio padre aveva fatto con me dei progetti, anche sulla mia parola, vedeva in me il futuro dell’attività avviata da mio nonno ed ora la mia scelta cambiava le carte in tavola anche per lui». Ne segue un periodo impegnativo sia per Giuseppe che per il padre che non accetta e si sente in qualche modo tradito, ma anche per la madre Rosa che capisce da subito la scelta del figlio ma anche la frustrazione del marito: «Mia madre ha fatto da incudine, ha dovuto incassare colpi da una parte e dall’altra. Capiva sia la mia esigenza che la preoccupazione di mio padre». Discussioni, pianti e tante preghiere e poi finalmente anche il papà Luigi capisce ed accetta la vocazione del figlio «Mio padre ad un certo punto mi ha detto: “è davvero quello che vuoi e che ti fa felice?” Se è così, sono felice anche io. Ed era davvero sincero».

Il 10 settembre 1988 Giuseppe entra in convento a Nogarole Rocca come postulante e nel 1990 emette la professione religiosa perpetua. Da allora per tutti è Fra’ Giuseppe e sul suo volto incorniciato da una folta barba spicca il sorriso sereno che si legge negli occhi scuri. Nel 1996 diventa sacerdote e celebra la prima messa proprio nella chiesa di Pugnolo. In prima fila, la mamma Rosa ed il padre Luigi, pieni di orgoglio; il nonno Giuseppe, stesso nome del nipote, addirittura vuole una sedia proprio sotto l’altare, davanti ai primi banchi. Sono tutti lì, parenti ed amici, a festeggiare il coronamento del progetto del loro figlio ed amico.

Oggi Fra Giuseppe vive con quattro confratelli nel convento di San Martino Secchia, comune di Carpi (MO), una realtà rurale che ricorda molto la piccola comunità di Pugnolo, dove da bambino ha iniziato a frequentare l’oratorio e sperimentare quella vita comunitaria di cui poi ha fatto un progetto di vita, “buttando avanti” il cuore oltre l’ostacolo, col coraggio di cambiare un percorso che sembrava già scritto, ma che non era “il” progetto che apre al futuro e realizza la vita.