nodi
N.10 Aprile 2020
La casa delle donne che assistono e resistono
Storie al femminile da Casa di Nostra Signora la struttura della Caritas che offre ospitalità a infermiere arrivate da lontano per dare aiuto nell'emergenza e si prepara ad affrontare la "fase due" dell'epidemia accogliendo le vittime di violenza
Neonate e anziane. Italiane e straniere. Cremonesi e non.
Femmine per kharma. Per destino. Perché la vita ha voluto questo all’atto della nascita. E donne, invece, per scelta.
Donne che hanno fatto della loro femminilità un segno distintivo. Madri, prima ancora che figlie. Aperte ad accogliere le esperienze della vita, prima ancora che essere in accoglienza. Pronte a condividere spazi e tempi con chi quello stesso spazio e quegli stessi tempi li vivrebbe altrove, se non fosse necessario essere qui e ora.
Il qui e ora oggi parla di Covid-19. E di Casa di Nostra Signora.
Realtà legate insieme proprio dalle donne che abitano la struttura di accoglienza della Caritas diocesana che, dal 2014, ospita donne in situazione di fragilità e, da qualche settimana, una decina tra dottoresse e infermiere provenienti da diverse città italiane e giunte a Cremona per assistere i pazienti ammalati di Covid-19.
Loro sono il nodo che tesse la trama dell’accoglienza. Di persone, di storie, di sogni infranti, di progetti rinviati. Di memorie faticose da portare nello zaino della propria esistenza. Ma anche di “passi verso”, che significano movimento, scelta, capacità decisionale.
La stessa che ha portato Elisa Violi, infermiera pediatrica di 25 anni, calabrese domiciliata a Torino, a vivere un certo tempo della sua storia in Casa Nostra Signora.
«Sono venuta qui vista la situazione critica che avvolge gli ospedali lombardi. Dopo essere stata contattata dall’ospedale di Cremona, tramite il personale amministrativo, sono venuta a conoscenza della possibilità di soggiornare in “Casa di Nostra Signora”, una struttura che ha offerto gratuitamente degli alloggi per noi operatori sanitari, gesto molto apprezzato, data la mole di stress psicologico e fisico che affrontiamo tutti i giorni».
O come quella di Silvia Ianni, infermiera a partita IVA di 45 anni che a Roma, dove vive, ha lasciato i genitori anziani e il servizio prestato come volontaria con i ragazzi del quartiere Quarticciolo, periferia che non esita a definire «dura».
«I primi di marzo ho mandato disponibilità immediata, il 17 sono stata contattata e dopo un paio di giorni ero in reparto a far visite e notte. Ho trovato una città in guerra, ospedale reinventato, un altro costruito nel parcheggio e soprattutto ferite già profonde. E poi tanto coraggio, tanti grazie e pure accoglienza». Così ci racconta. E prosegue «Non vado via. I sanitari locali stanno pagando un prezzo troppo alto per lasciarli soli».
Ma la vita, a volte, è fatta anche di scelte subìte. Si viene catapultati in un tempo sospeso in cui si sarebbe preferito non entrare. Ma che richiede il coraggio di starci e di non sottrarsi. È di questo coraggio che parla la storia di Valeria (nome di fantasia) costretta dalla vita a trasferirsi, nove mesi fa, a Casa di Nostra Signora.
«Da ben nove mesi mi trovo in questa casa d’accoglienza a causa dell’allontanamento dalla mia abitazione per violenza domestica. Sono in attesa che la giustizia faccia il suo corso». L’attesa, che tutti si sperimenta in questi giorni nella clausura delle nostre abitazioni. Ma c’è attesa e attesa.
«Questi sono giorni di costrizione per tutti, anche per chi come me non avrebbe mai pensato di ritrovarsi in una situazione del genere. Dico ritrovarsi perché già una volta una costrizione l’ho vissuta, quando sono arrivata qua “costretta” da una situazione schiacciante, perdendo quello che ritengo essere il dono più importante che Dio ci ha regalato: la libertà. Quando perdi improvvisamente tutto quello che ti è più familiare, quando arrivi in un’altra città, in una struttura, una comunità, con delle regole, un pezzo della tua libertà ti viene in qualche modo sottratta».
E fa un appello, Valeria, a tutte le donne che «per mano di uomini insensibili, prima, e per colpa di un virus invisibile, ora, sono costrette a dover accettare una doppia reclusione». Un appello che è anche parola di sostegno.
«Questa mia testimonianza vorrei che fosse utile a chi purtroppo è costretto a rimanere nella propria abitazione. Desidererei che si cogliesse questo momento come un’opportunità per guardarsi negli occhi: questo si può fare! Vorrei che scopriste quante cose sa trasmettere un volto, anche dietro una mascherina. Vorrei che trovaste anche voi il bello che vi circonda e delle persone che vi possono proteggere».
È tanta la preoccupazione in Casa Nostra Signora, come si evince dalle parole di Nicoletta D’Oria Colonna, responsabile della struttura.
«Viviamo un’emergenza sanitaria, ma anche un’emergenza sociale. Paradossalmente chi in questo momento è ospitato nelle comunità (parlo soprattutto di minori e donne) è molto tutelato da tutti quei pericoli che possono essere rappresentati dalla convivenza forzata in casa con uomini violenti». E prospetta la cosiddetta fase 2 del post-Covid. «Mi aspetto un incremento di violenze domestiche, dagli abusi sull’infanzia ai maltrattamenti contro le donne. È un conto, anche questo, che si pagherà dopo».
La minaccia, in questo tempo, non è solo il Covid-19. Sono tanti i virus che si sono insinuati, silenziosamente, nel tessuto sociale di una contemporaneità apparentemente di sana e robusta costituzione. Virus perfidi, che non lasciano scampo, si sono alimentati in questi anni di politiche familiari che trascurano il ruolo della donna, che non generano pari opportunità, che ridicolizzano e sminuiscono le denunce di vessazioni. E hanno ingenerato atteggiamenti che, se trascurati, sfociano in processi irreversibili, come la violenza domestica subìta dalla donna, molto spesso davanti agli occhi dei figli.
Il presente, purtroppo, parla anche di questo. E di «un gran problema che ci verrà addosso», fatto di perdita del lavoro (troppo spesso ancora irregolare o precario), di donne e bambini costretti in casa con uomini violenti, di equilibri familiari in procinto di saltare.
Per fortuna ci sono luoghi sicuri, come Casa di Nostra Signora, che ascoltano, accolgono e si prendono cura. Ma, a pensarci bene, preferiremmo sperare in un mondo in cui non ne sentiremmo la mancanza. Un mondo abitato da donne, nodi di forza, coraggio, vita. E da uomini che, con quelle donne, sanno convivere in pace.