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N.50 maggio 2024

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desiderio e Desiderio. La sfida del pensiero accolta dai “Filosofi lungo l’Oglio”

Francesca Nodari presenta il tema che animerà l'esperienza e il confronto della 19ª edizione della rassegna filosofica che attende ospiti di livello internazionale

Un profilo sottile divide una pagina dalla successiva. Su di esso è chiamato a camminare il lettore.

Un confine molto labile separa il desiderio – inteso come categoria estremamente intimistica – dall’esperienza del Desiderio, che è collettiva e condivisa. All’uomo di oggi il compito di comprendere come abitare questa dicotomia.

Con questi presupposti si aprirà, il prossimo mercoledì 5 giugno, la diciannovesima edizione del festival “Filosofi lungo l’Oglio”, intitolata proprio Desiderare.

«Il tema centrale si pone in stretta continuità con quello dell’anno scorso, che era Osare – racconta Francesca Nodari, filosofa allieva di Bernhard Casper, presidente della Fondazione e direttore scientifico del Festival – e nasce dalla volontà di fotografare a livello fenomenologico la realtà, per capire in che direzione guardare». La finalità, dunque, non è quella di dare risposte immediate e ultime, «che la filosofia non pretende nemmeno di avere».

Francesca Nodari (foto Paolo Mazzini/diocesidicremona.it)

Il dato di partenza è l’osservazione del mondo. Esso presenta, da un primo punto di vista, una generalizzata sfiducia nei confronti del futuro. Secondo Nodari, infatti, «molti giovani faticano ad alzare il loro sguardo oltre “domani”, perché ne hanno paura». Dall’altra parte, però, «emerge un serio e concreto bisogno di andare a fondo, di non fermarsi alla superficie. La caratteristica di essere itinerante del nostro Festival, insieme alla presenza di così tanti autori di primo piano come relatori, è la testimonianza evidente che non manca il desiderio di cercare, di interrogarsi. E questo è molto bello».

Di nuovo, emerge la parola chiave: desiderio. Un termine che, nella riflessione della filosofa bresciana, ma soprattutto nella realtà immanente che siamo chiamati ad abitare, assume significati diversi a seconda del contesto e del fine con cui viene utilizzato.

Anche nelle pagine dei volumi di storia della filosofia si possono leggere interpretazioni e definizioni differenti dell’esperienza del desiderio, che mettono in risalto aspetti particolari e peculiari di talune dinamiche rispetto alle altre.

C’è però una questione che assume sempre una rilevanza singolare, e che vuole essere considerata in modo particolare anche nella nuova edizione del Festival: l’irriducibilità del desiderante, ossia l’impossibilità di cogliere in modo esaustivo e definitivo l’altro. «Oggi ci troviamo più disponibili a capire cosa si desidera – ha spiegato Francesca Nodari – rischiando però di comprendere molto poco che il chi si desidera è qualcosa che non può essere ridotto a sé, perché esso stesso vive la medesima esperienza».

Ecco il confine di cui si parlava in apertura. Il personale, l’intimo, diventa condiviso, partecipato. Perché è anche il vissuto di ciascuno. È una delle sfide più grandi per l’uomo di ogni tempo. Tanto che, in molte occasioni, un aspetto prevarica sull’altro. Basti pensare alle situazioni di oggettivazione dell’altro, che spesso si tramuta in violenza. Per la presidente della Fondazione “Filosofi lungo l’Oglio” si tratta di «un desiderio malato che cela il semplice soddisfacimento di un bisogno. Lo si potrebbe quasi definire un desiderio con le ali tarpate, perché riduce l’altro a una “cosa”. Qui si gioca la partita del potere: tu sei mio; quindi, io posso decidere della tua vita».

«Siamo circondati e assaliti dalle cose
eppure continuiamo a non essere soddisfatti»

L’edizione 2024 del Festival proverà allora ad analizzare ed approfondire diverse interpretazioni di ciò che significa desiderio, mantenendo alta l’attenzione sulla dinamica prettamente relazionale che esso porta con sé.

Un’iniziativa decisamente particolare sarà quella delle “Passeggiate filosofiche”. Muovendosi nel territorio, i partecipanti potranno riscoprire il proprio legame con esso, sia ascoltandone i suoni ed immergendosi nella natura, sia contemplandone il silenzio. «A questi spazi più introspettivi – ha commentato Nodari – faranno poi seguito momenti di riflessione condivisa, nell’ottica di un arricchimento reciproco. Ma la prima fase resta fondamentale, perché oggi più che mai abbiamo bisogno di riportare al centro le cose, con una vera e propria maieutica. C’è un distacco tra noi e il mondo che ci circonda, tra la nostra umanità, che è anche corporeità, e la nostra sensorialità».

La filosofia, spesso pensata come forma di ascetismo e distacco dalla realtà, recupera allora una dimensione profondamente immanente nella sua trascendenza. Il “qui ed ora” – e il “qui ed ora con” – diventano non solo punto di partenza, ma traccia da seguire per una riflessione vera, profonda e autentica. A guidarla, come ogni anno, saranno autori e pensatori di caratura nazionale ed internazionale: da Massimo Recalcati, che aprirà il Festival, a Salvatore Natoli, passando per Enzo Bianchi, Umberto Galimberti e Massimo Cacciari, solo per citarne alcuni. (qui il programma completo)

L’occasione è significativa e peculiare. Una dimensione viscerale per l’uomo, come quella del desiderio, che per sua natura si dispiega nel tempo, chiede all’uomo stesso di prendersi del tempo per comprenderla fino in fondo. O almeno per tentare di farlo.

«Siamo circondati e assaliti dalle cose – per Francesca Nodari – eppure continuiamo a non essere soddisfatti. Il rischio è quello di cadere nel paradosso dell’asino di Buridano, che, incapace di scegliere tra le ciotole a cui attingere il proprio cibo, muore di fame. L’esperienza del desiderio, invece, ha bisogno di una cura costante, che non ammette disattenzioni».

Il pericolo concreto è quello di essere gettati in mezzo alle cose, senza essere pronti ad affrontarle. Senza avere gli strumenti necessari ad abitare lo spazio che separa desiderio e Desiderio.

Un confine sottile. Spesso come il bordo di una pagina.