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N.62 settembre 2025

incontri

Il futuro della GenZ del Nepal passa (anche) da Cremona

Dieci giovani nepalesi hanno vissuto un'esperienza in Italia nell'ambito del gemellaggio tra la Chiesa di Lombardia e quella del loro Paese. Dopo essere stati a Roma hanno visitato le città lombarde accolti dalle Caritas. Mentre a casa i loro coetanei scrivevano una nuova pagina di storia

La delegazione del Nepal con gli operatori della Caritas cremonese

Sono arrivati in Italia il 6 settembre, per poi ripartire verso casa il 18, dopo due settimane intense che li hanno portati a visitare diverse Caritas territoriali e molti luoghi, nell’ambito del gemellaggio tra la Chiesa lombarda e la Chiesa del Nepal, promosso dalla Delegazione di Caritas Lombardia.

È iniziato da Roma, il soggiorno in Italia di dieci giovani cristiani provenienti dal Nepal per vivere un’esperienza di incontro, dialogo e condivisione con i ragazzi della rete delle Caritas e degli oratori della Lombardia. Nella Capitale i pellegrini nepalesi hanno partecipato alla messa di canonizzazione dei beati Carlo Acutis e Pier Giorgio Frassati, per poi visitare la sede della Caritas Italiana e infine prendere parte all’udienza di papa Leone XIV, il 10 settembre.

«È stata un’esperienza incredibile – racconta la giovanissima Rebecca – che mi ha commosso e mi ha fatto sentire estremamente fortunata. In Nepal ci sono oltre diecimila cristiani e di ragazzi come me forse duemila ed io ero insieme ad altri dieci proprio lì, di fronte al Papa! Non ho parole per descrivere cosa ho provato. Il giorno precedente avevamo ammirato i cancelli del Vaticano e la nostra guida ci aveva detto che varcare quelle porte era molto difficile, anche per i preti stessi, ma poi la Caritas ci ha fatto una sorpresa enorme, dicendo che avremmo partecipato all’udienza di papa Leone».

Nel corso della loro permanenza in Italia i ragazzi hanno preso parte a laboratori interculturali e momenti di formazione, ma non sono mancati incontri con le comunità locali e riflessioni sulla solidarietà e sul ruolo della Chiesa.

«Veniamo da molto lontano – ci dice Padre Robin Rai – da diverse parti del Nepal, da est a ovest. La prima esperienza che abbiamo avuto in Italia è stata quella di visitare grandi basiliche storiche, che hanno a che fare con l’arte e la cultura cristiana più antica. I ragazzi dello staff di Caritas Italiana, Caritas Ambrosiana, Caritas Bergamasca e Caritas Lombardia ci sono stati di grande aiuto, anche per la lingua e per il cibo. Ci hanno fatti sentire a casa e siamo tutti felicissimi di questa esperienza».

È stato un cammino di fraternità, il gemellaggio tra Caritas Lombardia e Caritas Nepal, che ha avuto inizio nel 2021, in occasione del 50° anniversario di Caritas Italiana. Un’alleanza tra una chiesa giovane e una tra le più antiche, che insieme guardano alle speranze e alle necessità di un Paese fragile e povero, esposto a grandi sfide sociali e ferito da frequenti disastri naturali.
Chiediamo a Padre Robin come il Nepal si stia risollevando dal terribile terremoto del 2015, che si stima aver causato oltre 8.500 vittime e più di 19.000 feriti, oltre ad ingenti danni alle abitazioni e alle infrastrutture: «Dopo il terremoto c’è stato un grande sviluppo, molte organizzazioni hanno contribuito sia nei momenti iniziali che nella ricostruzione. Grande è stato, in questi anni, lo sforzo di Caritas Nepal e della Chiesa Cattolica e delle molte organizzazioni che si sono impegnate per la ripartenza. Ora abbiamo molte nuove case e nuovi insediamenti rurali, che stanno lentamente aiutando le persone a uscire dai traumi fisici e psicologici che hanno subito».

Una Chiesa che in Nepal rappresenta una minoranza, come spiega Padre Robin, dicendo che «i cattolici nepalesi sono pochi, ma le loro opere sono grandi, così come il ministero della Chiesa cattolica in Nepal, principalmente nelle scuole e nell’assistenza sociale. Abbiamo circa 14 parrocchie e al momento siamo senza vescovo, con l’amministratore apostolico padre Silas Bogati. La Costituzione del Nepal ha dato libertà di pratica religiosa, ma nel complesso la gente è convinta che il cristianesimo resti sempre una religione straniera. Molti hanno capito e si sono aperti al nostro servizio e alla nostra fede, ma ci sono ancora alcuni pensatori tradizionali che non sono molto accoglienti, nei confronti della religione cristiana».

Mentre i dieci nepalesi visitavano il nostro Paese, in Nepal esplodevano tumulti contro il governo. In quei giorni di caos un’intera generazione di giovani è scesa in piazza e ha portato alle dimissioni del primo ministro e alla nomina di Sushila Karki, che guiderà il Paese verso le elezioni di marzo. A 73 anni Karki è la prima donna Premier nella storia del Paese, così come era stata la prima presidente donna della Corte suprema.

«È un’emozione fortissima – racconta ancora Rebecca – che fa seguito alla paura che tutti noi abbiamo provato per le sorti del nostro Paese e per i nostri cari, mentre eravamo così lontani. Mi sento un po’ combattuta, perché da un lato sono felicissima di aver vissuto questa meravigliosa esperienza in Italia, ma dall’altro avrei voluto essere in Nepal, in questo momento così cruciale. Come donna sono orgogliosa di vedere la prima First Lady. Non vorrei sembrare superstiziosa, ma è bellissimo per me vedere quella che in passato venne definita Sati le sarapeko desh (terra maledetta da Sati[1]) essere oggi governata e risollevata proprio da una donna». Mentre racconta le sue emozioni a Rebecca brillano gli occhi. È giovane, apparentemente timida, ma quando parla del futuro del proprio paese e delle speranze per il futuro, la sua passione straripa.

Parlando con le altre ragazze e ragazzi, durante una veloce cena offerta alla Casa dell’Accoglienza di Cremona, è emersa anche la loro urgenza di spiegare che le proteste nepalesi derivano dall’insofferenza per la corruzione e lo stile di vita dei governanti che sono stati indotti a dimettersi, troppo lontani dalle sofferenze e dalla povertà di un popolo giovane, che ha bisogno di grandi cambiamenti e di giustizia sociale.

Un quadro che i nostri media hanno frettolosamente dipinto come una veemente reazione allo stop imposto all’uso dei social media in un paese in cui internet è considerato dalle nuove generazioni un faro di speranza per il futuro, ma questo è soltanto l’effetto, non la causa di una grande sollevazione popolare che ha avuto esiti promettenti.

«La Generazione Z è fatta di ragazzi e ragazze che lottano per il loro avvenire – ha concluso Padre Robin – per un Nepal libero dalla corruzione e proiettato verso il futuro».

Un Paese che questi ragazzi hanno riabbracciato dopo due settimane piene di emozioni e ricche di relazioni, che porteranno nelle loro vite a testimonianza del fatto che la rete non è soltanto un mucchio di cavi e di antenne, ma miliardi di persone che si spendono per gli altri e che sognano un mondo migliore.


[1] Nella prima metà del 1600 il ministro Bhima Malla venne inviato in Tibet per una negoziazione commerciale. Nonostante il ministro fosse stato capace di concludere un ottimo trattato, al suo ritorno alcuni altri ministri lo accusarono ingiustamente di aver cospirato contro il re e Bhima Malla venne così condannato a morte. Come da tradizione, la moglie Sati fu bruciata nella pira insieme al marito, ma si narra che, prima di essere arsa, la donna maledisse l’intero paese.