acqua

N.09 Marzo 2020

SPORT

La filosofia del remo dal Po al… podio

Il campione olimpico di canottaggio Simone Raineri racconta il suo rapporto viscerale con l'acqua: il padre, l'Eridanea e le lacrime, Sydney, i tramonti e il futuro...

«Gli uomini sono composti per il 60% di acqua. Io di più. Io sono il Cavaliere delle Acque. Con l’acqua ho un rapporto viscerale. Ogni volta che vedo un fiume o un lago mi tornano in mente più di 30 anni di esperienze, emozioni, aneddoti e storie».

Simone Raineri, 43 anni, Casalmaggiore. Leggenda azzurra del canottaggio, campione italiano seriale, ma soprattutto oro olimpico a Sydney 2000 nel quattro di coppia con Agostino Abbagnale, Rossano Galtarossa e Alessio Sartori.

L’acqua è il principio universale di Talete, il dio primordiale mesopotamico, la culla di Venere.

«L’origine del mio rapporto con l’acqua si perde nella memoria. C’è una figura, mio padre Pietro, ex canottiere: mi ha insegnato a remare, mi portava alle Vogalonga di Casalmaggiore, Cremona, Venezia, ma anche a trascorrere il tempo sul Po. Ricordo le domeniche pomeriggio, con il fiume gonfio di pioggia, in barca tra le piante. Le lumache si arrampicavano sui tronchi per scampare all’acqua alta. L’acqua era sotto di noi, ma anche sopra di noi: mio papà non ha mai dato peso alle condizioni atmosferiche. Decideva di uscire, e si usciva. Avrò avuto otto anni».

L’acqua è battesimo.

«L’inizio della mia vita da canottiere è in un foglio di cartone. Ero un bambino che si distraeva facilmente e che preferiva scarabocchiare invece di studiare. Per preservare la scrivania dalla mia grafomania, papà aveva incollato un cartoncino sul quale un giorno scrissi “Simone Raineri futuro campione olimpico”, ispirato dall’oro di Gianluca Farina a Seoul 1988. Papà conservò quel foglio per anni, senza dirmi nulla: lo tirò fuori di nuovo solo il giorno della vittoria a Sydney».

Mio padre Pietro
mi ha insegnato a remare
ma anche a trascorrere
il tempo sul Po

L’acqua è forza che spinge un corpo verso l’alto.

«Da bambino ero molto timido, avevo difficoltà a interagire con i compagni. Ho trovato rifugio e salvezza, fiducia e sicurezza nel canottaggio. Ho iniziato a 10 anni nell’Eridanea, con l’indimenticato Umberto Viti e gli insegnamenti di mio papà, e ho ottenuto subito importanti successi. Attraverso lo sport ai ragazzi oggi va insegnato come relazionarsi, come costruire una vita migliore per se stessi e una società migliore per tutti. È il gruppo, il sistema di amicizie che fa la differenza, anche per il campione: io senza l’ambiente familiare e rassicurante dell’Eridanea non sarei andato da nessuna parte».

L’acqua è inodore, incolore e insapore.

«Non credeteci: non è vero. Esistono mille tipi d’acqua diversi: ci sono le acque dolci e quelle molto amare. In una carriera prevalgono le seconde, ma le prime restano nella mente più a lungo. Potrei riconoscere ogni posto d’acqua a occhi chiusi, solo dall’odore. Il profumo dell’acqua mi riporta alle gare, agli allenamenti, alle fatiche che ho vissuto in quel luogo: la lanca del Po a Casalmaggiore, il pontile di fronte ll’Eridanea. Alle elementari, prima di entrare in classe, camminavo mezz’ora sull’argine del fiume. Ogni coccio di bottiglia era un tesoro, ogni sasso un mondo favoloso nella fervida fantasia di un bambino. Passeggiavo in riva al fiume anche a Sydney, nei giorni dell’Olimpiade. Un modo embrionale per rilassarmi e sciogliere la tensione. Nell’acqua ho sempre trovato riparo».

L’acqua è il componente principale del sudore e delle lacrime.

«Ho avuto tanti momenti di difficoltà, come nel 2004, prima dei Giochi di Atene in cui ho pensato di ritirarmi. Ricordo da giovane di essere stato battuto da un ragazzo con cui vincevo sempre. Ho pianto a lungo e scagliato la medaglia d’argento nelle acque del Po. In ogni situazione sono sempre risalito, mi sono imposto di migliorare. La fatica è il mio stile di vita: se fai qualcosa che non costa fatica, anche se ti piace, non stai migliorando, non stai portando il corpo al limite. Il canottaggio è fuga e amore della sofferenza insieme. Scappi, perché è una reazione umana. Ma poi lotti mentalmente e fisicamente perché sai che solo attraverso la fatica ottieni risultati».

L’acqua è oro blu.

«Per me è anche oro dorato, quello di Sydney, a 23 anni: un’emozione incancellabile. Le tre notti successive non ho dormito, ero in preda all’adrenalina, alla vitalità, alla gioia. Quell’oro non mi avrà arricchito materialmente, ma mi ha dato la possibilità di conoscere nuove persone e fare esperienze indimenticabili».

L’acqua è liquida come la società di Zygmunt Bauman: consumista, globale, veloce, frenetica, narcisista, digitale.

«Ma l’acqua è anche l’antidoto a tutto questo. Ogni fonte d’acqua è vita, tranquillità, bene primario. Il mondo lontano dall’acqua è stressato e frenetico. Vicino a un bacino d’acqua c’è il verde, la voglia di fare sport o di fermarsi per meditare. Non esiste essere umano che non si arresti davanti al riflesso del tramonto sull’acqua. In quell’istante la quotidianità si interrompe lasciando spazio alla contemplazione. Io quando ho qualche difficoltà, vado in riva al Po».

Vicino a un bacino d’acqua
c’è il verde, la voglia di fare sport
o di fermarsi per meditare

L’acqua è il fiume del divenire di Eraclito: tutto scorre.

«Adesso lavoro per le Fiamme Gialle, mi tengo in forma con lo snowboard, la corsa, la bicicletta, qualche uscita in barca, e alleno i ragazzi dell’Atletica Interflumina a Casalmaggiore. Ho come obiettivo quello di farli divertire ma anche di fargli ottenere belle soddisfazioni. Il mio cuore però va sempre al primo amore. Dopo il ritiro dall’attività agonistica, nel 2016, sono stato allenatore per due anni alla Baldesio Cremona e non nascondo che in futuro mi piacerebbe allenare di nuovo nel canottaggio. I ragazzi mi davano una grande energia, era come se non avessi mai smesso di gareggiare. Sarebbe bello che anche a Casalmaggiore, come a Cremona, ci fossero più società, per dare più scelta e creare competitività. Sto quasi pensando di aprirne una, ma per il momento è un sogno. Com’era un sogno vincere un’Olimpiade».