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N.04 Ottobre 2019
La versione di Roberta sul “diritto di morire”
La sentenza sul suicidio assistito ha riaperto il dibattito sul fine vita Questa non è (solo) un'opinione ma una storia vera raccontata da chi ha visto la luce irrompere e farsi largo anche nei giorni bui del dolore
Ho accompagnato un’amica a morire. Eravamo in tanti, a dire il vero. Lei era malata di cancro da anni. Guariva e poi questo tornava. E ogni volta era un calvario di chemio, radioterapia, sondini, ambulanze. E poi le braccia, le gambe e la faccia che si gonfiavano a dismisura, mentre i capelli cadevano e il peso si faceva di piuma. Dolori, atroci. Tanti su e giù d’umore, ogni giorno era a sé. Avrebbe potuto mollare, farsi portare in qualche clinica all’estero e chiuderla lì. Sarebbe stato comprensibile agli occhi del mondo. Invece accadeva, nel lento seguire delle settimane, una cosa strana. Una vita.
Intorno a lei s’era creato un piccolo capannello di amici che si era allargato sempre di più cosicché non potesse mai essere sola. Così che non potessero essere soli suo marito e suo figlio. Gente che la accompagnava a comprare le mele bio al mercato o la cameretta per il figlio che cresceva, chi le massaggiava i piedi, chi come me non potendo offrire nulla passava ogni tanto da casa sua con i bimbi a portare della gran confusione e qualche risata.
Tutti pregavano. Lei stessa, pregava. E chiedeva di guarire. Oh, se lo chiedeva! Si incazzava tanto quando la malattia non dava tregua: il dolore da’ certi ceffoni, ragazzi…
Col tempo la rabbia ha ceduto il posto a una fiducia in quel Dio che fa tutte le cose, a un inesauribile desiderio di felicità. Gli ultimi mesi sono stati straordinari: la sua casa era un andirivieni di gente e lei e suo marito accoglievano tutti.
Avanti, c’è posto.
Sapeva negli ultimi tempi di essere inguaribile, ma non incurabile. E ha lasciato che i medici curassero e che ogni istante che le era ancora concesso diventasse un dono per tutti noi. Mentre lei moriva, la nostra piccola Bianca Maria nasceva: si sono sfiorate per qualche mese e io in questo ho visto il grande Mistero che è la nostra vita.
Sono grata per gli ultimi mesi della mia amica. Non amerei i miei figli e mio marito così, se non avessi avuto da guardare come lei ha amato la sua famiglia. Se non avessi visto che è possibile fiorire anche nel dolore ed essere amati, immensamente amati fino all’ultimo respiro.
Diranno che è facile “per chi ha fede”. Diranno che “a lei è andata così, ma non tutti hanno la forza”.
No, non è più facile morire per chi ha fede. E no, non è una questione di forza di volontà. È questione di generosità e di stupore, quella che ti fa riconoscere che la vita non te la sei data e puoi solo restituirla fino all’ultimo secondo.
Roberta è morta a Cremona il 9 luglio, era in pace e non era sola. Il suo funerale è stato una festa, con tanti lacrimoni, ma una festa.
Ora che ci penso non l’abbiamo accompagnata a morire. L’abbiamo accompagnata a vivere.
Lei ci ha accompagnato a vivere.