soldi
N.06 Dicembre 2019
L’oro di Fathia è una cascata di bene
Quando il marito è rimasto senza lavoro le bollette hanno iniziato ad accumularsi è stata lei a chiedere aiuto e a trovarlo nella Banca dell'Acqua Così ha ripagato il debito aiutando una giovane mamma sola «E adesso non smetto più»
«Mi fate delle domande o posso iniziare io?». La voce di Fathia cala nella sala dolce e risoluta. Attorno al tavolo ci sono due giornalisti, una fotografa e l’assistente sociale. Inizia lei, con un italiano preciso che tradisce nella cadenza l’origine nordafricana.
È arrivata dall’Algeria nel 1999. Aveva 19 anni e un marito sposato pochi giorni prima. «Lui era in Italia da qualche anno», racconta. «Qui lavorava come autista di camion, soprattutto su tratte internazionali».
La vita da giovane sposa immigrata era più facile allora. La famiglia è cresciuta (oggi i figli sono 4: il più grande ha 19 anni, l’ultima 9) e negli anni il suo cous cous si è guadagnato una certa fama nel piccolo comune casalasco che è diventato la sua casa. Lo cucina per la mensa del Comune e qualche amica le ha chiesto la ricetta, anche se a nessuna riesce altrettanto bene. Eppure gli ingredienti sono li stessi, si trovano nelle botteghe e ai banchi del mercato sotto al Comune. «L’italiano – ricorda lei – l’ho imparato andando dal panettiere».
«Poi la crisi ha cambiato le cose». Aggrotta le ciglia, ma non abbassa mai lo sguardo incorniciato dal velo che le copre il capo.
Nel 2010 il marito di Fathia è incappato in un problema di salute che gli impedisce di viaggiare a lungo. Perde il lavoro. Mantenere una casa e la famiglia diventa difficile. Sempre di più, ogni giorno che passa. «Quando ci hanno tolto il gas non l’ho detto a mio marito… ma non è un segreto che può durare. Per fortuna riuscì ad ottenere un anticipo sulla paga del lavoro stagionale che stava svolgendo ed è durata solo dieci giorni». Le bollette però continuano ad arrivare puntuali. E poi gli avvisi di inadempienza.
Quando arriva quello per l’acqua, nel 2017, c’è un debito di 900 euro. Il marito – da quell’ormai lontano 2010 – non ha ancora trovato un lavoro stabile, ma non è tipo da chiedere aiuto. Cerca di arrangiarsi, ma non basta. «Domandare può essere difficile – spiega la donna di casa – ma io non ho vergogna».
È lei, in quel momento buio, a presentarsi all’ufficio di Padania Acque: «Lì ho parlato con un signore gentilissimo, che ha capito la nostra difficoltà e mi ha concesso di rateizzare. A un certo punto però anche quello non bastava più. Le bollette continuavano ad accumularsi». Il debito accumulato in cinque anni arriva a 1600 euro.
Fathia va in comune, parla con gli assistenti sociali che le presentano la Banca dell’Acqua, la fondazione sostenuta da Padania Acque che consente in situazioni di difficoltà economica di rimborsare il debito per l’utenza attraverso «azioni rigenerative»: un impegno a servizio della comunità. L’incontro con Federica, l’assistente sociale della Fondazione, apre nella crisi famigliare una breccia in cui Fathia si getta senza esitare: «Non potevo aspettare che l’aiuto arrivasse da altri. Potevo fare qualcosa e l’ho fatto volentieri».
Superando la diffidenza iniziale del marito (che oggi ha trovato un lavoro ed è felicissimo delle scelte della moglie) ha dato la sua disponibilità ad aiutare una giovane mamma italiana, arrivata da pochi anni in paese con la figlia. «Ha trovato un lavoro ma essendo sola aveva bisogno di aiuto per tenere la bambina, a volte anche prima dell’alba. In fondo – sorride – un figlio in più che differenza fa».
Così Fathia apre le porte di casa alla piccola, le cucina il cous cous, la accompagna alla scuola per l’infanzia e la va a prendere. La piccola ha imparato a salutare in arabo gioca alle bambole con la sua figlia minore. «All’inizio sua mamma era un po’ preoccupata perché vedeva mio marito come un uomo un po’ severo, ma poi l’ha conosciuto meglio ed oggi è molto contenta che la figlia passi del tempo con noi». Così la giovane mamma ha potuto firmare un contratto di lavoro a tempo pieno con cui può crescere sua figlia e Fathia ha pagato le sue bollette.
Ma quante ore di servizio servono per pagare cinque anni di bollette arretrate? Che domande! Il fatto è che Fathia ha deciso di non tirare una riga in fondo al totale. Il progetto con Banca dell’Acqua è finito ma la «bella esperienza» continua. E si moltiplica.
«Per aiutare davvero a volte non basta dare soldi a chi ne ha bisogno. Il bene è un’esperienza di incontro che diventa una catena». Oggi Fathia continua ad occuparsi della sua “quinta figlia” come baby sitter. «Il mio primo lavoro? Beh, diciamo che ho sempre fatto la mamma a tempo pieno», sorride.
«Sì, sono un po’ orgogliosa di quello che ho fatto grazie a Banca dell’Acqua. Non mi sono vergognata di chiedere un aiuto, ma non sono stata con le mani in mano». Si è caricata sulle spalle i problemi della sua famiglia mettendo il suo tempo e le sue energie a disposizione di un’altra.
Da un anno suo marito ha un lavoro stabile compatibile con la sua situazione di salute e Fathia sta completando un corso per diventare mediatrice culturale: «Un altro modo per essere d’aiuto – spiega – mi piacerebbe dare una mano a donne e bambini: tanti dei profughi che arrivano parlano arabo e io potrei essere utile. So bene cosa significa capire quello che ti dicono senza riuscire a rispondere». A volte serve incontrare qualcuno che tenda una mano per non arrendersi e rimettere in circolo le nostre energie migliori.
La Fondazione
Fondazione Banca dell’Acqua Onlus, progetto pilota per il settore idrico nazionale e modello di riferimento in ambito europeo, è una rete di solidarietà civica e sociale per le persone che, trovandosi in una situazione di fragilità, dovuta a disagio economico, lavorativo, familiare e personale, non riescono a fare fronte al pagamento della bolletta dell’acqua. Nata nel 2015 per volere di Padania Acque con il coinvolgimento dei comuni della provincia, del terzo settore e delle aziende sociali della provincia, Fondazione Banca dell’Acqua Onlus, offre la possibilità agli utenti insolventi per morosità incolpevole di svolgere mansioni a rilevanza sociale da convertire in fornitura di acqua (dalla cura del verde al supporto per i servizi alla persone, dall’assistenza scolastica alla collaborazioni con i volontariato…). Un “conto corrente dell’acqua” grazie al quale ogni ora di servizio (la retribuzione oraria simbolica è stabilita in 10 euro) contribuisce a garantire la continuità di erogazione dell’acqua potabile.
«L’attività della Fondazione è iniziata nel 2017 dopo una fase di sperimentazione,– spiega il Presidente Angelo Mantovani – e nel triennio ha attivato circa 150 progetti di aiuto e recupero sociale, percorsi che non terminano una volta estinto il debito, perché lasciano un valore non quantificabile di riscatto, integrazione, fiducia».
«L’obiettivo – ha dichiarato il Presidente di Padania Acque Claudio Bodini – è quello di promuovere e sensibilizzare la collettività ai valori indispensabili della nostra vita: l’acqua e l’amore, due elementi senza i quali corpo e anima inaridiscono. È l’amore il valore alla base della costituzione di Fondazione Banca dell’Acqua, che viene in soccorso ai più bisognosi, agli ultimi, a coloro che rischiano di essere posti ai margini della società. Padania Acque e Fondazione Banca dell’Acqua intendono promuovere una società accogliente, tesa al bene comune, ma anche incoraggiare a rendere il territorio della provincia di cremona sempre più sostenibile, diffondendo comportamenti virtuosi finalizzati a favorire il benessere diffuso. Fondazione Banca dell’Acqua è un concreto e innovativo strumento di welfare sociale, una esperienza significativa, che attraverso Padania Acque, dimostra l’efficacia della gestione pubblica anche nell’ambito della inclusione sociale»