numeri

N.38 Febbraio 2023

PROFESSIONI

Conti che tornano e legami: «In banca accogliamo le persone e le loro storie»

Ilaria Borghesi racconta il suo lavoro al Credito Padano, dove la precisione dei numeri incontra ogni giorno le storie dei clienti che portano in filiale il loro bagaglio di sogni, attese, progetti e insicurezze: «Siamo qui per accogliere, per coltivare fiducia. Lo si impara guardandosi negli occhi»

I numeri rappresentano una parte essenziale della nostra esperienza quotidiana. Ci permettono di contare, misurare e comparare le cose e di effettuare calcoli che ci aiutano a prendere decisioni e risolvere problemi.

Attraverso i numeri delimitiamo, rispondiamo alla domanda “quanto?” oppure con un numero definiamo categorie, incaselliamo situazioni in schemi standard. Ma i numeri sono davvero infallibili?
La risposta per Credito Padano è “no”, ovvero “non sempre”. Comunque, non bastano quando si tratta di persone.

Le banche di credito cooperativo, infatti, non vedono i loro clienti come numeri o semplici fonti di profitto, ma come persone con esigenze specifiche e storie uniche con le quali instaurare rapporti duraturi basati su mutualismo e reciprocità.
Lo sa bene Ilaria che da 16 anni lavora in BCC.

«La passione per i numeri? È di famiglia. Sono cresciuta con una spiccata propensione a far quadrare conti, numeri, situazioni». Nel mezzo, «è importante anche coltivare l’empatia». Perché ogni nostra decisione incide sulla vita di noi stessi e degli altri. «Non siamo freddi impiegati allo sportello, siamo persone che accolgono dubbi, paure, sogni, desideri. E provano, a modo loro, a fornire agli altri gli strumenti per realizzarli. Nella filiale di Credito Padano di via Dante a Cremona regna la trasparenza. A partire dagli interni. Dietro al vetro, la consulente Ilaria Borghesi sorride. «Quando ho iniziato a fare questo lavoro avevo 23 anni, ancora dovevo completare gli studi». È stata una sorpresa.

Oggi di anni ne ha 39. I disegni, colorati a dovere, alle sue spalle raccontano il suo essere mamma. «Per alcuni nel tempo sono diventata un vero e proprio punto di riferimento». Nei raccoglitori non ci sono solo numeri. «Ci sono richieste che narrano storie fatte di sacrificio, di gente che dopo un “no” ad un mutuo non si è abbattuta, ma si è affidata, ha corretto il tiro continuando a camminare insieme a noi». Perché la banca non è «un’istituzione fredda, asettica» slegata dal territorio, è parte del vivere quotidiano di ciascuno, sede di conti, di fragilità, ma anche e soprattutto luogo di relazione. «La porta qui è sempre aperta».

L’impegno richiesto è quotidiano. Serve per tessere una trama di fili preziosi. «A volte avvertiamo sulle spalle il pregiudizio di alcuni sul nostro lavoro, sul sistema bancario in generale. Qui proviamo a smontarlo semplicemente dimostrando ciò che siamo: una realtà, che in un panorama di frenesia e rapidità, dà ancora valore al tempo della relazione».
E continua a farlo, preferendo al rumore dei tasti di un computer, quello di passi che si avvicinano.

«L’avvento della tecnologia ha cambiato il nostro mestiere. Prima in banca si veniva per ogni necessità, ora solo se si ha bisogno di un consiglio importante o se c’è un problema da risolvere». Prima la banca «era rifugio, ma la si guardava con un certo timore reverenziale». Ora – merito anche della rete – le distanze sembrano essersi abbattute. «Il Covid ha peggiorato la situazione». Le fragilità economiche sono aumentate, «e l’instabilità rende tutti più nervosi».
In questo contesto «serve fare un gioco di equilibrio tra l’empatia e l’ascolto che ogni persona merita».
Le persone sono mediamente più informate sui prodotti finanziari, anche se non sempre tali informazioni sono precise.
Sulla scrivania fogli di carta lasciano il posto ad un computer. È il segno del tempo che passa, «ma i valori non cambiano». «Restiamo per accogliere, per coltivare fiducia, per spiegare. Perché, anche un “no” è un sogno messo in stand by e va motivato».
Camminando e plasmando «un mestiere che, in fondo, anche dopo 16 anni – sorride Ilaria – si impara tutti i giorni. Serve preparazione, empatia. E la volontà di guardarsi sempre negli occhi».
Perché prima dei numeri, ci sono le storie. Ci sono le persone.