città
N.03 Settembre 2019
Si sveglia all’alba la città dei cani
A passeggio per le vie del centro prima che aprano i caffé quando gli "amici a quattro zampe" si danno appuntamento per la prima uscita quotidiana
Anya e Ugo si incontrano il martedì e il giovedì. Lei arriva da via Ottolini: fino ai giardini c’è un bel tratto di marciapiede che però non le rovina l’umore, anzi. Sull’erba si getta all’inseguimento della palla di gomma.Lui, Ugo, oggi non ne vuol sapere. Ci guarda – io, il taccuino, Federica e la macchina fotografica siamo gli intrusi – ringhia e si allontana verso le panchine. Neanche con il “bombo” lo convinciamo delle nostre intenzioni amichevoli. Federica restituisce il biscottino a forma di osso e si rassegna a scattare sotto lo sguardo torvo del piccoletto che la tiene a bada – lei e quel tubo nero puntato addosso ai cani – a distanza di sicurezza. Poi arriva Sandy che stressa il guinzaglio per mettersi il prima possibile a giocare a palla con Anya. Il suo accompagnatore non sgancia il collare: «Se la libero ti salta addosso… per giocare». Bene così, allora. «Tranquilla Sandy, ancora due parole e ce ne andiamo».
I bipedi al parco socializzano. Anche loro, in fondo vanno d’accordo. Come i cani a passeggio… «sono amici», la maggior parte almeno: con il jack russell che ogni tanto si vede da queste parti il rapporto non è mai decollato.
Continuiamo la nostra passeggiata mentre Ugo ritrova sicurezza e si lascia coinvolgere dall’allegria di Anya e Sandy.
«Non ho tempo», ci respinge il padrone di un cane di grossa taglia. «Porto fuori il cane e corro al lavoro». Cappuccio sulla testa, braccio in tensione e poca voglia di parlare. In fondo è l’alba, c’è un umido grigino e i bar del centro non hanno ancora iniziato a servire caffé. Il centro cittadino, prima che aprano uffici e negozi, è lo sfondo silenzioso alle passeggiate con il cane. La prima passeggiata: la natura chiama tre o quattro volte al giorno. «Ho fatto un patto con mio marito per dividerci le uscite» spiega una signora elegante con gli occhi ancora un po’ assonnati e la piega in ordine.In fin dei conti – notiamo – a parte la levataccia fare due passi all’alba tra le piazze ancora deserte non è neppure male. Non c’è fretta e si trova compagnia. L’argomento di conversazione – di solito – trotterella allegro due passi avanti. È un impegno dovuto al rispetto e alla cura che un amico a quattro zampe richiede e merita, e pure un momento di svago. «Tranne quando piove». Poco più in là incontriamo Luna. Una ragazza con un accento di fuori la guarda con tenerezza mentre annusa in giro: «Usciamo tre volte al giorno, con il sole e con l’acqua, ma lo faccio volentieri: ho deciso di farlo quando l’ho adottata».
Non c’è bisogno di lavagne in cucina per il planning famigliare: «Siamo in due. In questo periodo è un po’ dura perché ci stiamo adattando ad un nuovo appartamento ma continuiamo a fare tutto insieme: le gite in campagna, il trekking…». Una simbiosi che si interrompe solo per il lavoro: in quelle ore Luna va all’asilo e «si diverte con i suoi amici». Il suo spazio di indipendenza.
Marta, invece, all’asilo si diverte meno. La padrona, in tenuta sportiva per la camminata mattutina, la porta sempre con sé: in barca, in vespa, in negozio, dove la piccola amica a quattro zampe ha imparato ad accogliere le clienti. «Un cane non va viziato, va solo amato. Loro capiscono tutto senza chiedere nulla. Non so se era lei ad aver più bisogno di me o se invece sono io ad aver bisogno di lei». In aereo però Marta non può salire così in vista del prossimo viaggio sta affrontando il periodo di inserimento all’asilo: «Sta lì qualche giorno per capire che poi torniamo sempre a prenderla». Lo capirà, ma all’inizio è dura: «Quando la vado a prendere fa persino fatica a guardarmi».
Anche tra “migliori amici” ci sono momenti difficili. Chicca ne ha fatti passare più d’uno alla signora che ogni giorno la accompagna tre o quattro volte a fare la passeggiata: «Mi ha fatto 35 mila euro di danno». In che senso? Racconta: Chicca forse ha un passato da cane da caccia, i rumori improvvisi la fanno sobbalzare. E quando si spaventa l’appartamento diventa stretto. «In due anni mi ha mangiato di tutto: tappeti, mobili, porte…». E pensare che la beagle era arrivata dopo la morte di un labrador di 40 chili, scelta proprio per la stazza “domestica”. «Quando ho chiesto un preventivo – racconta la padrona – per sistemare tutti i danni mi hanno chiesto 35mila euro…». E allora? «Allora mi sono tenuta il cane e la roba rotta». Chicca se l’è cavata con una ramanzina, anche perché con quegli occhioni… «Va d’accordo con tutti: ha fatto tanti danni, ma ha anche tante doti». Riprende la passeggiata verso il centro, con sosta in una delle due porzioni di prato su cui ha chiesto al Comune di lasciare libero accesso ai cani. Perché in fondo anche i cani di città restano pur sempre attratti dal profumo dell’erba.
Eva lo ricorda bene. Ha vissuto in campagna e solo adesso che l’età è avanzata ha seguito i padroni in città: non ha più bisogno di aree-cani per sgranchirsi le gambe. Basta una strada con poco traffico. Il guinzaglio non si tende mai. Mentre facciamo la sua conoscenza resta accoccolata ai piedi del banco del bar mentre la padrona beve il suo cappuccino: «Invecchiando il rapporto con noi si è fatto più stretto. Cerca il contatto, impara a cogliere il tuo stato d’animo». Eva non è un animale da compagnia: «No, è una parte diversa della famiglia». Lo sa e ha tutta l’aria di aver passato una vita serena.
Ormai la città si è svegliata. Ci dirigiamo verso l’ufficio e incontriamo lei. Ha gli occhiali spessi e una maglia larga e non sembra in cerca di qualcuno con cui scambiare due chiacchiere. Porta al guinzaglio un cagnolino con le zampe corte e l’aria mite. Come si chiama? «Non so – risponde lentamente, senza sorprendersi troppo del nostro arrivo – Artù, forse… O Robin?». Non le importa più di tanto come si chiama, ma lo tratta con gentilezza: «Tato, vieni qui». Il cane interrompe un po’ controvoglia la sua perlustrazione naso a terra per lasciarsi guardare la medaglietta sul collare. «Sì, questo dev’essere Robin». Non è il suo cane, ma lei si sveglia presto e prima che i suoi giovani vicini vadano al lavoro passa a prenderlo per “il giretto”. «Mi piace, non costa niente». È una specie di dog-sitter. Ma la definizione non calza. Cammina lentamente e non ha un programma per le pisciatine quotidiane. Semplicemente «nessuno lo porta fuori e a me gli animali piacciono». Anche quelli del vicino.
Ormai fa caldo. Attorno le auto parcheggiano, i negozi alzano le saracinesche facendo rumore e i pochi cani ancora a spasso si perdono tra le scarpe delle persone che interrompono il passo per augurarsi una buona giornata.