spazio

N.41 Maggio/Giugno 2023

SCIENZA

Gli orizzonti sconfinati dell’infinitamente piccolo

Il fisico Luca Bignardi ci guida dentro i segreti (quasi) invisibili del mondo al microscopio: «Se potessimo entrare nella materia, farci largo tra le sue componenti, resteremo scioccati dalla quantità di spazio che c’è ancora da scoprire»

Possiamo percepirlo, misurarlo, attraversarlo. Abbiamo provato a racchiuderlo in formule e calcoli, ma quando si parla di “spazio” c’è sempre qualcosa che ci sfugge. Per provare ad afferrarlo abbiamo fatto una chiacchierata con Luca Bignardi, fisico originario di Cremona e dal 2018 ricercatore all’Università di Trieste. Il suo percorso si snoda tra l’Italia e l’Olanda, dove consegue il dottorato e si specializza in fisica della materia. Oggi si occupa di fisica delle superfici, studiando il modo in cui sfruttare le conoscenze fondamentali per sviluppare le applicazioni tecnologiche che semplificheranno il nostro domani.

«Il mio lavoro si svolge nell’estremamente piccolo – spiega – ovvero lo spazio in cui si muovono atomi e molecole, che sfugge alla nostra possibilità d’indagine sensoriale. Siamo abituati a vedere la materia come qualcosa di estremamente concreto, ma se proviamo ad addentrarci e scomporla nelle sue parti elementari, possiamo imbatterci in cose sorprendenti e inaspettate». Uno scenario inimmaginabile fino agli inizi del secolo scorso: «A fine Ottocento l’uomo pensava di aver scoperto tutto ciò che c’era da scoprire – prosegue – in realtà c’era un mondo ancora da svelare». Luca cita il fisico Richard Feynman: “There’s plenty of room at the bottom”, c’è molto spazio laggiù in fondo. «Un margine per muoverci, per costruire qualcosa che ancora non c’è».

Luca Bignardi si è laureato in Fisica presso l’Università Cattolica di Brescia ed ha ottenuto il dottorato in Fisica presso l’Università di Groningen, Paesi Bassi. Dopo alcune esperienze di borse postdoc in Europa, dal 2018 è ricercatore a tempo determinato presso il dipartimento di Fisica dell’Università di Trieste, dove si occupa di fisica della materia sperimentale, nell’ambito della fisica delle superfici e dei materiali a bassa dimensionalità.

Per capire di cosa si tratta occorre fare qualche passo indietro. «Intuitivamente capiamo che lo spazio è il luogo in cui si svolgono i fenomeni fisici – prosegue Luca – Per Galileo e Newton, l’evoluzione nello spazio di un fenomeno poteva essere descritta con precisione usando curve geometriche, che consentivano di identificare l’esatta posizione di un punto nello spazio in un determinato istante».

Questa concezione è stata messa in crisi con l’avvento della meccanica quantistica, concepita per studiare fenomeni nell’infinitamente piccolo. «Secondo una delle interpretazioni della meccanica quantistica però, quando facciamo un esperimento per comprenderli non siamo neutrali, ma andiamo ad influenzare il sistema che vogliamo misurare. Rimane però valido l’approccio che la fisica ha sviluppato da Galileo in poi: propongo una teoria, un modello che possa dare un riscontro di ciò che riesco ad osservare. Una volta costruita la mia ipotesi, la apro al confronto con l’esperimento». «Questo continuo confronto ci fa andare avanti sulla strada della conoscenza; senza condivisione non c’è ricerca».

«Quando facciamo un esperimento
non siamo neutrali,
ma andiamo ad influenzare
il sistema che vogliamo misurare»

Come ha sottolineato Luca durante un Ted Talk organizzato l’anno scorso all’Università Cattolica di Milano, «la fisica è ciò che ap-pare: vedo le “sensate esperienze” di Galileo, un fenomeno naturale, di cui posso dare una descrizione attraverso il linguaggio matematico. Mentre Galileo, però, pensava che lo spazio non venisse influenzato dai fenomeni ed agli oggetti al suo interno, Einstein ci mostra un esempio del contrario, con la teoria della relatività. Basti pensare alle stelle: la loro enorme massa è in grado di deformare lo spazio ed il tempo attorno ad essa. Sembra una teoria astratta, ma le ricadute sono parecchio concrete: basti pensare al Gps, che, senza considerare gli effetti spiegati con la teoria della relatività, non funzionerebbe».

Lo studio dei fenomeni fisici ha influenzato il nostro modo di concepire ciò che ci circonda, portando l’uomo ad adeguarsi a una nuova concezione della realtà. Il confine rivoluzionario è in ciò che trascende i sensi: in ciò che non potevano vedere e sentire, quindi immaginare, perché infinitamente grande o piccolo. «Quante volte ci è capitato di guardare un cielo stellato e sorprenderci di quanto siamo piccoli, rispetto a ciò che il nostro sguardo non riesce a contenere?», chiede Luca. «Ecco, ora immaginiamo di riflettere questo ragionamento sull’infinitamente piccolo: se potessimo entrare nella materia, farci largo tra le sue componenti, resteremo scioccati dalla quantità di spazio che c’è ancora da scoprire. Basti pensare agli atomi e alle particelle che li costituiscono, che sono grandi meno di un decimo di miliardesimo rispetto a noi… È un numero che non riusciamo nemmeno ad immaginare». La ricerca degli ultimi cento anni ci ha permesso con fatica e grande pazienza di scavare in questa direzione, un passo alla volta, dimostrando che c’è ancora parecchio spazio. Ed è tutto da conquistare.