gemme

N.58 marzo 2025

prendersi cura

A Marzalengo la vita germoglia giocando

Nella casa San Francesco di Marzalengo, alle porte di Cremona, le suore Adoratrici accolgono giovani donne con un passato segnato dalle dipendenze. E con loro i loro bambini che, da oggi, hanno nuovi spazi per giocare. Nel luogo che chiamano "casa"

Se un nuovo spazio per giocare diventa una gemma di speranza, anche le giornate si fanno più leggere e cariche di progetti per il futuro.

A mamme e bambini che abitano presso la Comunità San Francesco a Marzalengo, una piccola frazione di Castelverde in provincia di Cremona, il rinnovamento dell’area attrezzata è bastata a rendere la vita più colorata. «Ora i bambini potranno muoversi con più libertà – spiega suor Virginia Verga, una delle due suore adoratrici che risiedono presso la comunità – perché il locale, che è al piano terra, si apre da una parte sul parco e dall’altra sul cortile dove d’estate mettiamo anche le piscine».

Una piccola gemma di quel grande albero della speranza che rappresenta questa comunità, «un’opera segno della diocesi di Cremona, segno dell’amore di Dio per tutti i suoi figli, anche quelli più lontani. Noi – continua la suora – ci occupiamo in particolare delle donne che hanno avuto problemi di tossicodipendenza, abuso di sostanze e abuso di alcool».

La comunità terapeutica femminile è infatti una struttura accreditata che accoglie un massimo (sono sempre tutti posti occupati) di 15 donne maggiorenni. Al momento ci sono anche una decina di bimbi che «fanno casa, fanno famiglia» e, mentre lo dice, anche la voce di suor Virginia si inclina per l’emozione.

«Quando si entra nella nostra casa – aggiunge l’educatrice Chiara Rossi – tutto parla di bambini. E rinnovare uno spazio per loro significa permettere alle mamme di vivere il loro percorso e ai bambini di vivere un luogo accogliente».

I bambini rendono la comunità piena di gioia e ricordano quanta bellezza e speranza porti con sé la vita, anche di chi si è trovato in difficoltà e ha scelto di evadere o di «curare le fragilità, i disturbi, il dolore psichico con le sostanze».

È necessario allora intraprendere un cammino perché, assicura suor Virginia, che anima la comunità con entusiasmo da 23 anni, «c’è una possibilità di ripartire per tutti». È allora che le ragazze (che spesso sono anche madri) iniziano un lavoro sulla loro persona aiutate da educatori, psicologici e anche psichiatri, e con il conforto e aiuto sempre delle suore.

Lentamente nasce un cambiamento che poi genera la forza di uscire dalla comunità per tirocini o corsi, che consente un poco alla volta di provare a vivere in appartamento con il proprio bambino (la comunità offre anche quelli) e infine, entro tre anni dall’ingresso, di prendere il largo per una nuova esistenza libera. Le suore e l’equipe restano sempre «una famiglia, un genitore da cui tornare la domenica per il pranzo», dice sorridendo suor Virginia che mantiene da anni contatti con tante ragazze che ora vivono una vita lontana da Marzalengo.

«Sono un po’ rinata come persona e anche come mamma. Ho fatto una vita da tossicodipendente, non avevo ben chiaro come fosse una vita normale. Ho una bimba bellissima sono proprio fortunata. Qui ho imparato a prendermi cura della mia bambina, ad accudirla e a farle da mangiare. Sto costruendo anche qualcosa»

«Ho sentito tanto il sostegno che mi hanno dato», dice Ilaria, ospite della comunità (il nome è di fantasia). «Sono un po’ rinata come persona e anche come mamma. Ho fatto una vita da tossicodipendente, non avevo ben chiaro come fosse una vita normale. Ho una bimba bellissima sono proprio fortunata. Qui ho imparato a prendermi cura della mia bambina, ad accudirla e a farle da mangiare. Sto costruendo anche qualcosa». Parole dolorose, ma che portano con loro la consapevolezza di essere stata protagonista una svolta. La tenacia e il coraggio pagano, anche per queste giovani donne dalle esistenze ferite, ma non potrebbero bastare se non ci fosse accanto «chi – aggiunge suor Virginia – è chiamato a crederci al loro posto, a guardare il futuro che loro ancora non vedono». Ma che fiorisce, come un bambino che, giocando, incontra la vita.