frontiere

N.12 Giugno 2020

CASE DI RIPOSO

Luogo di vita vera
alla soglia dell’eternità

A Luigi non piace come stanno parlando delle rsa come la sua e del lavoro di chi si prende cura di lui Perché - come spiega il dottor Perati - «qui la vita degli ospiti continua in pienezza»

«Il confine tra la vita e la morte attraversa le nostre comunità e si avvicina a ciascuno di noi inesorabilmente», scriveva Papa Giovanni Paolo II nell’ottobre del 1999, quasi ottantenne, nella Lettera agli Anziani. «Se la vita è un pellegrinaggio verso la patria celeste, la vecchiaia è il tempo in cui più naturalmente si guarda alla soglia dell’eternità».

Per molti, è la casa di riposo il luogo liminare, la comunità di frontiera prima di compiere l’ultimo passaggio. Le rsa (Residenze Sanitarie Assistenziali) accreditate sul territorio cremonese sono 35 e ospitano circa quattromila residenti. Dietro alle porte a vetri e alle finestre affacciate sui cortili si rimescolano storie e memorie annebbiate, sentimenti ancora accesi e attese vibranti. Tra stanze silenziose e corridoi di piastrelle si sfidano i valori della società contemporanea e si interroga la sua incrollabile fiducia nell’utile e nella produttività. Forse è il motivo per cui fatichiamo a comprendere questi avamposti dell’esistenza e continuiamo a dipingerli come i nonluoghi del filosofo Marc Augé: spazi privi di identità e relazioni, aeroporti tutti uguali dove i viaggiatori si sfiorano senza riconoscersi, assorbiti dal pensiero della meta finale.

Forse è il motivo per cui le parole del dottor Gianluigi Perati aprono squarci di luce e ci spingono a riflettere.

Perati è dirigente medico dal 1994 della Fondazione Istituto Vismara-De Petri di San Bassano e presidente della sezione cremonese dell’Amci, l’associazione dei medici cattolici italiani. Dopo una tesi di laurea sull’ortopedia racconta di essersi avvicinato alla geriatria perché «è una disciplina che permette di prendersi cura della persona a tutto tondo», nei suoi aspetti clinici, ma anche sociali e relazionali. «L’ingresso in casa di riposo per l’anziano ha i connotati della perdita, della mancanza della vita che conduceva in precedenza», spiega. «Eppure molte persone sviluppano capacità di adattamento superiori a quelle di un ragazzino. La rsa si trasforma allora nel luogo dove la vita raggiunge la propria compiutezza. Ricordo un signore, morto a 95 anni, che era stato imprigionato in Germania da soldato durante la seconda Guerra Mondiale e aveva attraversato momenti difficili. Anche in casa di riposo tuttavia non aveva mai smesso di vivere con serenità come aveva sempre fatto, testimoniando a tutti la sua grande fede in Dio. Mi è rimasto nella memoria l’incontro con una signora che stava vivendo i suoi ultimi giorni, la mente ancora lucidissima. Nella sua stanza, stava piangendo. “Perché piangi?”, le chiedo. “Per gratitudine” mi risponde. “Ringrazio Dio per tutte le cose belle che mi ha dato”. Questo significa bellezza, serenità, compiutezza di vita».

Per troppo tempo
si è pensato alle rsa come
a ospedali di secondo livello
ma sono luoghi di vita vera

L’rsa rappresenta una nuova forma di comunità, non meno ricca e significativa di quella in cui l’individuo ha tessuto le sue relazioni fino a quel momento. «Tante persone e istituzioni non conoscono le rsa o le conoscono attraverso qualche brutto episodio di cronaca nera che contribuisce all’immaginario di luoghi di emarginazione e degrado», continua Perati. «Noi vogliamo combattere questa visione delle rsa come contenitori del nulla, parcheggi in attesa della morte. Le rsa sono strutture dove le relazioni e gli affetti devono avere un valore fondamentale, lo stesso che attribuiamo al cibo buono e al sonno buono. Per troppo tempo si è pensato alle rsa come a ospedali di secondo livello, ma sono luoghi di vita vera, in cui il vissuto della persona ha valore fino alla fine, fino al suo compimento. Per noi è importante aiutare i nostri residenti a ritrovare autonomia, nei movimenti e nella cura della persona, ma anche una quotidianità e un recupero delle proprie passioni. Per esempio, un signore appassionato di canto aveva allestito un piccolo coro; un ex professore di lettere organizzava gruppi di ascolto delle opere di Manzoni, Dante… Nel nostro nucleo Alzheimer, da tempo abbiamo compreso che demenze e disturbi di comportamento non si gestiscono solo con i farmaci, ma anche con terapie che mirano a far recuperare al paziente la propria storia. Ricordo il caso di una pittrice di fama internazionale: era indescrivibile la felicità che le si leggeva negli occhi quando l’educatrice la accompagnava nell’angolo della pittura, davanti a tele e colori. Oppure il caso di un paziente che nella sua vita aveva fatto il bergamino e aveva ancora tanta forza nelle braccia da riuscire a staccare i termosifoni dalla parete: gli abbiamo fornito gli utensili che l’avevano accompagnato per tutta la vita e lui ha potuto ripetere gli stessi gesti. Attraverso iniziative di questo genere, chi entra in una casa di riposo viene aiutato a riacquistare un ruolo positivo nella comunità, a ritrovare relazioni significative».

Recentemente sulle rsa si è abbattuto in molti modi il flagello del Covid-19, non solo causando una strage straziante ma anche continuando ad alimentare un’immagine distorta. «In televisione si è parlato di luoghi dove le persone vanno a morire come gli animali» racconta Perati. «Quando l’ho sentito, mi è venuto in mente Luigi, un signore che risiede nel nucleo abitativo che gestisco. È stato un importante imprenditore, ha avuto una vita piena e dinamica, ora è cieco, fatica a camminare e sopporta con grandi sforzi i disagi di dover condividere la stanza con altre persone. Nei momenti più difficili della pandemia il nucleo abitativo era praticamente isolato per evitare contagi. Io stesso cercavo di entrare il meno possibile. Ma un giorno, dopo aver saputo della mia presenza, Luigi ha fatto di tutto per incontrarmi e stringermi le mani: “Grazie perché so che state facendo di tutto per non farci ammalare”. È stata una boccata di ossigeno in un periodo tremendo».

Poi Luigi ha dettato a un’operatrice del Vismara-De Petri una lettera, con queste parole: «Prima nessuno parlava di noi, ora sono tutti esperti del nostro mondo interiore ed esteriore ma per accusare, recriminare e dare contro a quelli che ci curano. Solo ora sento affermare che esistiamo e siamo da proteggere perché più fragili: strano, pensavo che fossimo un peso. Penso che in ogni settore della nostra società ci siano organizzazioni buone ed altre meno buone o addirittura truffaldine, ma, di sicuro, prima di sparare a zero sulle rsa occorrerebbe conoscerle dal di dentro e magari scoprire quanta competenza e umanità ci sono in esse. Se volete parlare di noi per aiutarci a vivere sempre meglio, va bene. Se no ridateci il nostro oblio, che sarà poi il vostro… se ci arriverete».

«Se volete parlare di noi
per aiutarci a vivere meglio, va bene.
Se no ridateci il nostro oblio,
che sarà poi il vostro… se ci arriverete»

LUIGI, ospite in rsa