magia

N.28 Febbraio 2022

SPETTACOLO

A scuola di magia con Beru & co., perché crescere non è un trucco

Stefano Priori racconta la passione e il mestiere del mago che sa sorprendere e divertire... anche sui banchi di scuola. Perché la magia è sempre giovane come dimostrano Daniel e Stefano baby prestigiatori in rampa di lancio

Tutti i prestigiatori, nel momento in cui accettano di svelarsi, chiedono in cambio qualcosa. Solitamente un giuramento di segretezza, magari suggellato da un rito magico. Stefano Priori, in arte Mago Beru, accetta di farsi intervistare a patto che non compaia nell’articolo la frase: “La magia del sorriso dei bambini”. Ecco… ci siamo già cascati! Ora lo sguardo del lettore che scorre queste righe potrebbe involontariamente dare avvio ad una terribile fattura.
Naturalmente non ci è dato di conoscere il modo ed il momento esatto in cui essa si attuerà. Per essere sinceri non siamo sicuri nemmeno se si realizzerà perché, come lo stesso Beru confida durante l’intervista, «nessuno ha veramente i poteri magici».
Ma c’è stato un tempo, molti anni fa, in cui Stefano non aveva ancora maturato questa consapevolezza. La svolta giunse quando, intorno ai sette anni di età, vide arrivare in casa, come eredità di qualche lontano parente, una misteriosa teca di legno. Al suo interno erano custoditi alcuni «libri vecchi, più che antichi». Il piccolo venne presto allontanato ma, quando i genitori uscirono di casa, Stefano estrasse i volumi e iniziò a sfogliarli. La sua attenzione venne presto calamitata da alcune «pagine speciali» su cui venivano illustratati semplici giochi di prestigio. «Alcune di quelle magie, anche se forse è più corretto definirle piccoli esperimenti, sono ancora presenti nei miei spettacoli» – confida Stefano.
Mentre immaginiamo atmosfere rarefatte, uomini vestiti elegantemente con guanti bianchi e capelli impomatati, ci chiediamo cosa c’entri Beru in tutto questo. Spettinato, la barba lunga, appare davvero lontano dallo stereotipo del mago da palco. “Fino agli anni ‘70 e ‘80 esisteva solo spettacoli con uomini eleganti e di poche parole che realizzavano grandi illusioni. Poi si è affermato un nuovo tipo di mago, più cabarettista, il cui obiettivo è divertire oltre che stupire».

«Nessuno
ha veramente
i poteri magici»

E oltre ad intrattenere, ci sono altre finalità? «Io uso la magia per raccontare qualcosa, come nell’ultimo mio spettacolo sulla figura di Don Bosco (santo patrono dei prestigiatori, ndr), ma anche in ambito educativo per trasmettere dei valori e per risvegliare nei ragazzi la capacità di stupirsi». Stefano, oltre ad occuparsi di teatro e animazione, insegna grafica e video editing presso la sede di Cremona di IAL Lombardia. Quando entra in aula, può apparire come uno dei tanti insegnanti alle prese con studenti poco motivati. Senza scoraggiarsi, Stefano comincia la lezione e, dopo poco, estrae dalla borsa un mazzo di carte. Con noncuranza inizia a mischiarlo fino a quando nota che anche il ragazzo dell’ultima fila lo guarda stupito. «Allora gli propongo il gioco delle sei carte e, nonostante si tratti di un trucco semplice, riesco sempre a catturarli». Oltre ad una strategia per occupare i dieci minuti liberi al termine della lezione, ci sono «occasioni in cui parlo di valori come la legalità, servendomi del gioco delle tre carte, un tempo usato nelle piazze da abili truffatori per derubare i passanti».

Un altro spunto educativo legato al mondo dei giochi consiste nello spiegare ai ragazzi il duro lavoro necessario per mettere in scena i trucchi di prestigio. Non bisogna sottovalutare «l’impegno, la dedizione e lo studio che richiede anche la preparazione della più banale magia».
Come decide un mago quale sarà la prossima magia da imparare? «Per me la ricerca prende avvio mentre scrivo la scaletta di un nuovo spettacolo e mi rendo conto che servirebbe un certo trucco in quel particolare momento. La soddisfazione maggiore non sarà legata all’applauso finale ma piuttosto a quando lo metterò in scena avendo la sensazione di aver svolto tutto alla perfezione, in maniera pulita e, una volta terminato il trucco, leggerò nello sguardo degli spettatori la domanda: “ma come cavolo ha fatto?”».

Nel nostro breve viaggio tra i maghi cremonesi è stato entusiasmante ascoltare Beru, un vero affabulatore, abile nell’accompagnarci nella sua storia di formazione come prestigiatore. Stefano e Daniel invece, con i loro ciuffi ribelli sui visi puliti, l’educata timidezza con cui si sono raccontati e la passione che hanno lasciato trasparire, sono stati la prova che la generazione dei ragazzi di oggi non ha perso il gusto per la magia e lo stupore.
Daniel Restelli, ventunenne studente di Comunicazione, ci spiega che «la magia è per gli altri, non per se stessi. Certamente deve piacerti, ma il trucco è un modo per suscitare un’emozione negli spettatori. Le reazioni sono sempre diverse e io amo osservare queste differenze». Daniel ha scelto di specializzarsi nel close up, la magia ravvicinata con oggetti comuni. «Tutti sanno che c’è un trucco – sorride – infatti puoi giudicare di aver realizzato una buona magia quando lo spettatore non si fa domande ma si lascia condurre, per mano, in un mondo dove tutto è possibile».
Ma cosa spinge un ragazzo ad impegnarsi nello studio dei giochi di prestigio? «Oltre al supporto che ricevo dai miei amici, è importante quello degli spettatori, magari sconosciuti fino ad un momento prima, che al termine dello spettacolo vengono personalmente a farmi i complimenti».

«Devi metterci del tuo,
adattandoti la magia addosso
come fosse un vestito su misura»

Per Stefano Maffini, diciassette anni, studente del Liceo Anguissola, i trucchi copiati “dai grandi” hanno lasciato spazio all’interpretazione personale. «All’inizio, come tutti, trai spunto dai più esperti, ma se lo fai in maniera troppo spudorata diventi solo una brutta copia. Allora devi metterci del tuo, adattandoti la magia addosso come fosse un vestito su misura»
Qual è il combustibile che permette al fuoco della passione di rimanere acceso? «Sicuramente esibirmi davanti al pubblico. Mi piace osservare le reazioni sul viso degli spettatori perché mi fanno sentire, per un attimo, speciale. Nel momento in cui accade la magia fai un dono agli altri e questi te lo restituiscono con lo stupore o con un applauso». Gli chiediamo un ricordo particolare. Veniamo catapultati al matrimonio della cugina di Stefano. Il ragazzo, vincendo il timore iniziale di mago alle prime armi, si avvicina ad un tavolo e propone un trucco di magia. «Dopo pochi minuti si è creato attorno a me un cerchio di persone e, attirati dal capannello di gente, sono arrivati anche gli sposi». Nonostante l’emozione, il giovane mago sfodera il trucco di prestigio che aveva provato proprio per quella occasione speciale. «Si trattava delle firme degli sposi poste su due diverse carte che, alla fine della magia, venivano impresse sulla stessa carta. Oltre ad un bell’effetto, mi sembrava significativo per rappresentare il legame tra gli sposi» conclude ricordando con un sorriso gli applausi ricevuti.

«Se tutto fosse illusione e nulla esistesse?
In questo caso avrei pagato
decisamente troppo per il mio tappeto»

WOODY ALLEN