fede

N.48 marzo 2024

accoglienza

Alla comunità San Martino accogliere la vita fragile è una scelta di fede

Una coppia di sposi e una consacrata aprono le porte della casa famiglia di Sergnano, struttura della comunità GIovanni XXIII che accoglie persone fragili e ne condivide la vita... per un giorno, un mese, o una vita intera

«Avevamo tutto: un lavoro, tre figli, eravamo felici. Abbiamo cominciato a chiederci: a cosa siamo disposti a rinunciare?». Maria Teresa Mascheroni e Roberto Cristiani sono marito e moglie, ma dal 1998 sono anche membri della comunità Papa Giovanni XXIII. Risiedono a Sergnano, nella casa famiglia San Martino, dove ospitano al momento cinque persone con differenti fragilità, con diverse peculiarità. «Ci siamo accorti di voler scegliere l’accoglienza e sperimentare una vita di condivisione piena, ma la nostra è, prima di tutto, una scelta di fede: abbiamo avvertito il forte bisogno di stare dinnanzi al Signore. Nella comunità vediamo e viviamo la bellezza di un luogo di persone che lo richiamano e lo vivono insieme».

La fede è una dimensione intima, da tutelare, da vivere, ma, «per tradursi in condivisione, ha bisogno di essere comunità». Ha bisogno di mani strette, di sostegni, di sorrisi, di lacrime spese insieme. «La ricchezza va condivisa, forti di un rapporto intimo e personale con Dio. Don Oreste Benzi (il fondatore della comunità ndr) diceva che non possiamo stare in piedi, se non siamo capaci di stare in ginocchio». Al cospetto del Signore. Soli, con Lui. Ad un passo dal prossimo. Ad un passo dagli ultimi, consapevoli delle nostre fragilità.

La fede è una dimensione intima,
«per tradursi in condivisione,
ha bisogno di essere comunità».
Ha bisogno di mani strette, di sostegni,
di sorrisi, di lacrime spese insieme»

«Questa è una comunità che ti accetta e ti valorizza come sei. Anche le parti che consideriamo deboli sono importanti. Persone con disabilità grave, minori non accompagnati, ragazze madri non hanno solo bisogno di sostegno. Sono risorse, presenze importanti all’interno della famiglia». In ogni istante di vita quotidiana «ci completiamo. Siamo complementari. Siamo una famiglia e come tale accettiamo ciò che il Signore vuole per noi. Oggi accogliamo con prudenza, ma la prudenza non deve mai impedirci di osare. Di aprirci all’altro, di tendere una mano. Di sostenere, per sostenerci».

Attorno al tavolo non mancano i dolci, il caffè, i sorrisi. Non manca Carmela. «Caposaldo di questa realtà, un richiamo costante a Dio». Carmela Rossi racconta una storia di vita consacrata. «Ho scelto di dire un sì speciale a Dio. Quando ne ho raggiunto la consapevolezza avevo 20 anni. Ora ne ho 50. Ho capito che il modo migliore per realizzarmi era mettermi a disposizione del prossimo. Accanto al prossimo. Ai più fragili, che poi fragili non sono. Ti prendono e non ti lasciano più andare». Lì dove la comunicazione è silenziosa, è fatta di sguardi, di occhi luminosi, di sorrisi, di ombre spazzate dal cuore: vive “la meraviglia”.

«La verità – racconta Carmela – è che in questa casa ci sono capitata per caso. Dopo anni da insegnante in una scuola paritaria, ho scelto di dedicarmi interamente alla comunità Papa Giovanni XXIII, ma ero destinata ad altra sede. Qui sono capitata casualmente ed ho trovato una famiglia: non solo Roberto e Maria Teresa, ma anche le persone che ospitiamo, mi hanno preso. Sembra esista un filo rosso destinato a non spezzarsi. Ho fatto una promessa a Dio e rinnovo il mio sì costante, ma questa esperienza è un modo per vivere, pur in una dimensione diversa, la maternità. Amo ciascuna delle persone che accolgo come dei figli». E non importa se restano un giorno, una settimana, un mese. O una vita intera.

«La vita fragile richiede coraggio.
Richiede di sintonizzarci.
È necessario per scovare meraviglia»

L’amore si avverte in ogni momento. Vive. Nella fatica e nella bellezza dell’accudimento, nella cura e nella forza della fragilità. «La fragilità degli altri – precisa Maria Teresa – è lo strumento più potente per far emergere le nostre fragilità. Nella vita di condivisione si sperimenta la bellezza, ma anche la fatica. Ché anche gli sforzi e la sofferenza sono parte della vita. Anche se non si raccontano, anche se si tacciono perché scomodi, si vivono e vanno affrontati. La vita fragile richiede coraggio. Richiede di sintonizzarci. È necessario per scovare meraviglia». Per amare, in silenzio. Anche oltre le porte sbattute sonoramente in faccia. «Non siamo noi a salvare le persone fragili. Ci salviamo insieme, sulla strada della vita, verso Dio. Perché, in fondo, tutti siamo fragili. Scegliamo quotidianamente di esserci, pur consapevoli di quanto i nostri limiti ci impongano di affidarci alla provvidenza di Dio». È un sì che si rinnova ogni giorno. Come un fiore che rinasce a primavera.