fede

N.48 marzo 2024

incontri

Il sogno di Lorenzo, un passo (di danza) dopo l’altro

Dalla prima palestra alla Scala fino ai palchi di tutto il mondo: Lorenzo Bernardi racconta la passione e il duro lavoro che hanno reso possibile di realizzare il suo sogno di danzare per le più importanti compagnie del mondo

C’era una volta un bambino di 8 anni, piccolo di statura e – parole sue – «negato per gli sport». Incoraggiato dai genitori, aveva provato numerose attività fisiche, ma nessuna l’aveva conquistato. In realtà c’era ancora una palestra in cui non era entrato, sulla cui porta campeggiava la scritta “Scuola di danza Sporting Life”. Una volta varcata la soglia, comprese di essere arrivato nel posto giusto.

«Musica, movimento, stare su un palco… avevo capito che quello era il mio mondo!» esclama, oggi affascinante trentenne che di quel bambino conserva il sorriso e la spontaneità.

Vedendo un giovinetto entusiasta – «ma tecnicamente senza nessuna particolare attitudine», ricorda Lorenzo Bernardi – l’insegnante Rossana Bettoli suggerì di provare l’audizione per entrare alla Scuola di arti e mestieri al Teatro alla Scala. A Cremona, in palestra non avevamo nemmeno la sbarra, c’era solo il quadro svedese; proprio lì, in maniera un po’ improvvisata, la mia maestra mi fece abbozzare qualche passo di danza classica. Per me, appassionato di danza jazz, era una disciplina completamente sconosciuta».

«All’inizio insegui il sogno
di diventare come i tuoi miti
ma poi, lavorando,
comprendi ciò che davvero ti piace:
devi trovare la tua strada»

«Non avevo ancora finito la quinta elementare e mi ritrovavo a Milano, al Teatro alla Scala, a sostenere la prova attitudinale. Dopo la visita medica seguii, per un mese, tutti i giorni, le lezioni di danza. Un periodo in cui gli insegnanti ti studiano per capire se, dal punto di vista psicologico, sei pronto a reggere l’impegno che ti attende. Infatti in tanti riescono a frequentare due lezioni di danza alla settimana, ma è molto diverso entrare in sala alle nove del mattino per uscirne alle quattro, tutti i giorni, per anni. Io ero riuscito a dimostrare di potercela fare, mosso dalla convinzione di trovarmi nel posto migliore, in Italia, dove imparare ad essere un ballerino».

Credi di essere rimasto fedele a ciò che sognava quel bambino appena giunto in Accademia?

«La risposta è sì, anche se i sogni, con il tempo, cambiano e si evolvono. Quando esci dalla porta della scuola di danza e affronti la vita vera, ciò che hai tanto desiderato muta e si modella a seconda delle persone che incontri, degli ostacoli che sei chiamato a superare, delle avventure che devi affrontare. All’inizio insegui il sogno di diventare come i tuoi miti ma poi, lavorando, comprendi ciò che davvero ti piace: devi trovare la tua strada ed il tuo modo di interpretare la professione di danzatore».

Dopo una breve pausa, prosegue: «Il sogno che avevo a 10 anni non era lo stesso che avevo a 20, ma penso che sia meglio così: rimanere legati ai desideri dell’infanzia sarebbe limitativo. Ciò che animava le mie aspirazioni da piccolo si è arricchito di sfaccettature grazie alle scelte fatte e alle casualità della vita. Se penso alla parola “fede”, la ricollego alla ricerca costante di ciò che veramente mi appassiona, alla tensione nel non perdere tempo, risorsa davvero preziosa. Dopo otto anni di Accademia e dodici anni di lavoro sul palco, se guardo al domani mi vedo come insegnante, coreografo, o comunque in un ruolo in cui la mia esperienza possa essere messa al servizio di qualcun altro».

Riesci ad individuare il momento in cui hai compreso che il desiderio di diventare ballerino stava per realizzarsi? Lorenzo sorride, come fa sempre, anche quando le domande sono scomode o lo fanno tornare a momenti difficili della propria carriera. «Premettiamo che il mondo dell’Accademia non è quello delle compagnie: studi per anni e anni, senza avere nessuna certezza, senza avere la sicurezza di lavorare, un domani, come danzatore».

Puoi raccontarci il passaggio da studente a professionista? «All’ultimo anno di Accademia, oltre a studiare tutti i giorni dalle 9 alle 17, oltre a preparare gli spettacoli di fine corso e a sostenere la maturità a scuola, devi anche trovarti una compagnia dove poter lavorare: è davvero dura! Trascorri le serate a inviare i curriculum sperando in una convocazione. Quando arriva, devi organizzarti, prendere aerei, prenotare alberghi, per arrivare ad un’audizione dove magari ti trovi in fila con altri 150 danzatori. Ti chiedi allora se mai riuscirai ad essere preso nella compagnia; in quel momento è importante avere fede, credere in tutto il lavoro che hai svolto, nella disciplina che la scuola ti ha trasmesso e nelle tue capacità. Allora riparti di slancio, affronti la lezione di prova; poi, se ti chiamano, presenti una tua variazione. A quel punto, se anche questa convince il coreografo, puoi tornare a casa e sperare che il tuo nome compaia nella graduatoria della compagnia».

«In quel momento è importante avere fede,
credere in tutto il lavoro che hai svolto,
nella disciplina che la scuola ti ha trasmesso
e nelle tue capacità»

Dev’essere stato davvero difficile, per un adolescente, sostenere un tale carico, sia dal punto di vista fisico che emotivo. Come hai superato i momenti di difficoltà?

«La danza alimenta il desiderio di danzare, la passione aiuta ad andare avanti. Alle prime audizioni ero mosso dalla volontà di dimostrare alla mia famiglia, che aveva sostenuto enormi sacrifici per supportarmi, che ne era valsa la pena. Poi, è vero, non è facile a 20 anni doversi completamente gestire, lontano da casa, in ambienti sempre nuovi. Ma quando mi fermavo a riflettere, capivo che ero privilegiato perché, in un momento in cui i miei coetanei erano ancora dipendenti dalla famiglia, io ero in giro per il mondo, in città bellissime, a fare spettacolo: di cosa potevo lamentarmi?».

Cosa direbbe Lorenzo, oggi, a quel bambino che stava per entrare in palestra?

«Gli direi che ha fatto bene a non fermarsi e a pensare “ok, non so come finirà, ma lo faccio lo stesso, una soluzione la troverò!”; un’incoscienza, mista a leggerezza, che l’ha portato a vivere moltissime esperienze, calcare i palchi di tutto il mondo e a far parte di fantastiche compagnie di danza». A mantenere fede al sogno nato quel giorno, varcando quella soglia.