segni
N.51 Giugno/Luglio 2024
Così scrive il “tempo pittore”
Il segno è un’intuizione naturale. L’uomo ha cominciato ad utilizzarli oltre diecimila anni fa, graffiando le pareti delle caverne per tramandare la propria storia, per testimoniare il proprio passaggio. Il gesto si è raffinato nel tempo, diventando scrittura, scultura, immagine e parola, in una continua sintesi per sottrazione. Oggi sappiamo leggere tutto ciò che ci circonda, in una foresta di codici creata ad hoc per semplificare la vita. Sarà davvero così?
Ne abbiamo parlato con Davide Astori, docente di Glottologia e Linguistica all’Università di Parma, che riconduce al segno la radice del vivere civile, in cui capire l’altro significa rispettarlo, senza cancellare le diversità che ci rendono unici.
Lo stesso vale per i segni del tempo, che nelle mani dei restauratori assumono un peso tutto particolare. Come spiega Enrico Perni, non tutto è da cancellare: ci sono imperfezioni in grado di raccontarci la storia di un’opera, o ancora rughe sottili tracciate dal “tempo pittore”, che aggiungono valore e bellezza.
Anche per Francesco Visentini, scultore e xilografo, il segno è un’impronta preziosa, da imprimere nella materia. Con le sue xilografie ispirate al Purgatorio dantesco, accompagna i visitatori lungo il percorso espositivo allestito nel Museo verticale del Torrazzo, invitando i visitatori a ripercorrere l’ascesa del Sommo poeta. Un passo alla volta, fino a riveder le stelle.