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N.49 aprile 2024

IA e gentle care: così Ancelia regala tempo alla relazione umana

Alla Fondazione Elisabetta Germani di Cingia de’ Botti si guarda al futuro con il software di intelligenza artificiale che supporta gli operatori nella cura quotidiana dei residenti

Quando l’età avanza e il passo si fa incerto, serve rallentare ed affidarsi a chi sa prendersi cura dei più fragili. A questa lentezza fisiologica si affianca però oggi la velocità delle nuove tecnologie: presso la Fondazione Elisabetta Germani di Cingia de’ Botti si guarda al futuro con Ancelia, il software di intelligenza artificiale che supporta gli operatori nella cura quotidiana dei residenti.

«Siamo stati apripista in provincia di Cremona e tra i primi in Regione», spiega il direttore generale Ivan Scaratti. «Questo progetto si inserisce all’interno di un più ampio percorso di cambiamento organizzativo e gestionale del modello di cura e assistenza, che pone un’attenzione specifica alla qualità di vita dei residenti, con lo scopo di garantire un maggiore benessere sia per loro che per gli operatori».

Chiariamo subito che non si tratta di un infermiere 4.0 che “ruberà il posto” a medici e assistenti in carne ed ossa: si tratta piuttosto di una tecnologia a sussidio del lavoro quotidiano di cura, in grado di ottimizzare il tempo a disposizione degli operatori e facilitare la loro attività di gentle care, ossia il modello di “cura delicata” centrato sulla persona, in un ambiente dove le fonti di stress vengono ridotte al minimo.

Ancelia è in grado di personalizzare il livello di alert
in funzione della singola persona.
Sono gli operatori stessi che “insegnano” al software
chi e come deve essere monitorato

Ma come funziona Ancelia precisamente? Ce lo spiegano Mario Antonio Cuccumo, Coordinatore di area socio-assistenziale e Michele Merlini, Coordinatore dei servizi territoriali: «Il progetto è partito a settembre 2021 nel reparto Alzheimer, dove registravamo un numero importante di cadute e dove era necessario quindi applicare molte contenzioni sia fisiche che farmacologiche. Oggi con questa tecnologia monitoriamo tre nuclei per un totale di 56 stanze e 113 residenti. Per la parte tecnica, si tratta di un piccolo sensore posizionato sopra il letto dell’ospite in modo da individuare tutti quei movimenti che devono essere attenzionati dall’operatore. Questo però non significa che parliamo semplicemente di un sensore di movimento standard: Ancelia è in grado di personalizzare il livello di alert in funzione della singola persona. Per esempio, se di notte un anziano che è in grado di alzarsi autonomamente scende dal letto per andare in bagno, il programma non farà scattare l’allarme; ma se la persona dopo due minuti non ritorna nel letto allora manderà un alert all’operatore che in quel caso si dirige subito in stanza per verificare se è successo qualcosa. In altri casi invece il sensore “sa” che per una specifica persona va inviato un allarme non appena mette un piede fuori dal letto: in quel frangente l’operatore andrà a vedere immediatamente cosa succede. Sono gli operatori stessi che “insegnano” al software chi e come deve essere monitorato».

Questo, quindi, è l’aiuto intelligente che Ancelia impara ad offrire al personale e di cui si parlava poco sopra, permettendo di avere sempre un occhio su quello che succede nelle stanze anche quando in turno c’è un solo operatore, come ad esempio di notte e far sì che l’intervento sia veloce e tempestivo, ma soprattutto mirato.

«In questo modo non è più necessario mettere le sponde contentive a tutti i letti, garantendo maggiore benessere. Ci tengo a precisare che questo sistema non effettua video-registrazioni di quello che succede in camera – spiega Cuccumo –- semplicemente la tecnologia Ancelia viene istruita a identificare movimenti anomali per la specifica persona che viene monitorata. Inoltre, impara anche a riconoscere dalle movenze e dal modo di fare quando in stanza entra un operatore per prendersi carico della segnalazione: il software capisce se si tratta di un’infermiera oppure di un altro residente, per esempio. Il tutto sempre senza registrazioni o altri sistemi di identificazione».

Ancelia però non è solo monitor per segnalare anomalie nei movimenti, è anche registro di cosa avviene durante il riposo: se un ospite si agita troppo, se ha continui risvegli o se il decubito su una posizione si prolunga, il software registra e permette all’operatore di avere una panoramica ampia e precisa dello stato psico-fisico del residente e dell’efficacia delle cure farmacologiche.

Scendiamo allora nel nucleo Alzheimer, il primo in cui Ancelia è stato implementato nel 2021 e scopriamo come funziona nella pratica. In reparto troviamo un grande monitor dove sono riportati tutti i posti letto: un’icona rossa segnala che il letto è vuoto, nel nostro caso essendo a metà mattina vediamo che praticamente tutti i letti sono vuoti perché i residenti si sono già svegliati ed alzati. Ma per chi ancora dorme o riposa vediamo l’icona blu del letto con la sagoma della persona: una è coricata supina mentre l’altra è adagiata sul fianco. Durante il giorno tutti dati raccolti e le situazioni in tempo reale vengono inviati a questo monitor generale, al tablet a disposizione degli operatori in reparto e ad un applicativo sul pc di coordinatori e manager.

«L’obiettivo è ottimizzare e recuperare tempo
da dedicare alla relazione umana tra operatori e residenti,
il vero cuore della cura e dell’assistenza»

«In questo modo siamo riusciti a ridurre in modo significativo, con percentuali a doppia cifra, sia le cadute che le contenzioni fisiche o farmacologiche», spiega Scaratti. «Inoltre, possiamo migliorare le nostre tecniche di gentle care monitorando e accompagnando in modo naturale il momento del risveglio». Permettere al paziente di svegliarsi in modo naturale e secondo i propri ritmi, infatti, offre un benessere maggiore sia al momento – appunto – di scendere dal letto sia negli altri momenti della giornata. Sappiamo bene che la sveglia forzata alla mattina non mette certo di buon umore…

Un altro strumento di vitale importanza nella routine quotidiana è l’armadio dei farmaci robotizzato, che si occupa di preparare le terapie farmacologiche per ciascun ospite: ognuno deve assumerne diversi, in alcuni casi anche una dozzina tra compresse e pillole. Questa operazione, quando era fatta manualmente, richiedeva un investimento di tempo importante, che necessariamente finiva per essere sottratto alla relazione umana. L’armadio robotizzato ora si fa carico di questo processo, velocizza il risultato e lascia spazio agli operatori per prendersi ancora più cura dei loro residenti, riducendo nel contempo il rischio di errore umano.

Michele Merlini
Ivan Scaratti
Mario Antonio Cuccumo

«La tecnologia è un supporto, un mezzo, mai un fine: come detto, non andrà mai a sostituire l’apporto dell’operatore che rimane imprescindibile in quanto basato su professionalità, preparazione ed esperienza; piuttosto diventa un sostegno nel suo lavoro quotidiano. Permette una velocità maggiore di reazione, ma anche qui il fine non è accelerare i tempi, che porterebbe ad una disumanizzazione. L’obiettivo è ottimizzare e recuperare tempo da dedicare alla relazione umana tra operatori e residenti, il vero cuore della cura e dell’assistenza».

E gli operatori, come hanno reagito a questa innovazione? Come l’hanno accolta?

«All’inizio c’era un po’ di scetticismo, è vero», ammette Cuccumo. «Naturalmente abbiamo seguito la formazione necessaria per imparare ad usare al meglio lo strumento e, una volta presa maggiore confidenza con lo strumento,  gli operatori si sono resi conto del potenziale di Ancelia e di quanto aiuto sia in grado di offrire nel lavoro di ogni giorno».

Il direttore Ivan Scaratti invece ha colto un alto importante risvolto: «È stato interessante e motivo di soddisfazione vedere come lo strumento di intelligenza artificiale stia creando una maggior collaborazione tra operatori e coordinatori nel definire e scegliere le categorie di allarme e sul definire il loro utilizzo. Ciò indica che si sta dando un forte valore umano alla tecnologia, facendone un uso generativo, con gli operatori che apportano miglioramenti e sviluppi sulla base della propria esperienza».

Del resto, la tecnologia ci ha abituati già in passato a delegare a macchine e computer i compiti più impegnativi in termini di tempo per permetterci di dedicare un tempo di qualità migliore a noi stessi ed alle persone di cui ci prendiamo cura. Quindi mentre Ancelia di occupa di apprendere e reagire velocemente, l’operatore ha il tempo di fermarsi a scambiare più tranquillamente qualche parola in più con i residenti e condividere con loro momenti di vita quotidiana. Un valore – questo sì – che nessun algoritmo può calcolare.