casa
N.17 Gennaio 2021
…e in strada si muore. Possiamo evitarlo?
Quali risposte possiamo dare a chi dorme su un marciapiede: i modelli da cui prendere esempio e il segno di "Scarp de' Tenis" giornale di strada e progetto sociale
Cinquantacinquemila. Tante sono le persone che nel nostro Paese hanno vissuto o vivono, meglio sarebbe dire sopravvivono, per strada. Sono le persone senza dimora censiti da una ricerca compiuta dalla Fio.PSD (Federazione italiana organismi delle persone senza dimora) con Caritas Italiana e Ministero del Lavoro. Sono uomini, donne, bambini, italiani e stranieri, giovani e anziani, famiglie intere, malati psichici, persone con problemi di dipendenza. La pandemia, che ha sconvolto le nostre esistenze, su queste persone si è accanita ancora con più forza, incarnandosi nelle loro fragilità, mettendo sale su ferite profonde, aggravando situazioni già compromesse.
Già. Perché anche chi poteva permettersi un posto letto, magari in una casa condivisa con altre persone, spesso in qualche periferia desolata e quasi sempre grazie a un lavoretto in nero, ora si trova costretto a trovare un riparo di fortuna, non potendo contare più su alcuna entrata. I dati della Caritas segnalano un preoccupante aumento delle persone impoverite dal Covid.
E in strada si muore. Di freddo. Di droga. Di malattia e disperazione. Dimenticate la figura del clochard romantico illuminato dalla luce del lampione della Ville Lumiere e reso celebre da qualche film: vivere in strada è duro e pericoloso. E anche complicato.
Ma spesso non esistono alternative. Per togliere le persone dalla strada servono risposte adeguate. C’è chi, nonostante il freddo, la fame, a volte la malattie, si rifiuta di passare la notte nei rifugi allestiti durante i periodi invernali, preferendo restare a dormire sul marciapiede. Vi siete mai chiesti perché? Perché molte sistemazioni di emergenza o di transizione non risultano adeguate ai bisogni specifici di alcun gruppo di persone senza dimora, in particolare di coloro che presentano bisogni multipli. Non è sufficiente, come si faceva fino a qualche tempo fa, posizionare dieci brande di fortuna in un stanza per offrire un’opportunità e per combattere il freddo. La mancanza di intimità, i problemi di sicurezza, l’assenza di pulizia e di igiene spesso impediscono l’utilizzo di questi servizi alle persone. Occorre, invece, sviluppare sistemazioni temporanee capaci di rispondere ai bisogni specifici di chi vive in strada. Gli approcci efficaci, per porre un termine alla grave esclusione sociale, riconoscono il problema e incoraggiano lo sviluppo di servizi di qualità adeguati ai bisogni degli utenti. In Europa, in Norvegia, in Svezia ma anche a Londra esistono esempi funzionali di come si possa sconfiggere o ridurre l’homelessness attivando servizi personalizzati. Basterebbe prendere spunto da loro.
Pensate per esempio ai risultati efficaci generati dai progetti di Housing First. Di fatto a chi vive in strada viene data l’opportunità di entrare in un appartamento autonomo senza passare da nessuna altra struttura, godendo dell’accompagnamento di una equipe di operatori sociali direttamente in casa. Le ricerche dimostrano che in 8 casi su 10 la persona accolta in Housing First esce dall’isolamento, si prende cura della propria salute, si impegna in attività di formazione o in piccoli lavoretti e, in molti casi, riprende i legami con la famiglia.
E pensate alla straordinaria esperienza di Scarp de’ tenis, il giornale di strada che ho l’onore di dirigere e che è una straordinaria occasione di comunicazione, da una parte, e di creazione di reddito per persone in grave difficoltà dall’altra. Magazine di informazione e progetto sociale: il giornale, realizzato da giornalisti professionisti, viene infatti venduto da persone senza dimora e o in grave difficoltà in molte città italiane, a Milano, Torino, Genova, Varese, Como, Lecco, Vicenza, Verona, Padova, Venezia, Rimini, Firenze, Napoli e da poco anche a Cremona. Scarp è davvero un progetto speciale. Creare opportunità di reddito con informazione e cultura è lo spunto straordinario che offrono i giornali di strada, un centinaio nel mondo, pochi, pochissimi, purtroppo nel nostro Paese. Trattenendo una parte del prezzo di copertina i venditori, grazie alla vendita in strada e davanti alle Chiese, al termine delle Messe, riescono a contare su un piccolo reddito, un primo passo verso il ritorno alla normalità. Piccoli segni, certo, ma con una grande capacità generativa.
* direttore di Scarp de’ tenis
Twitter: @scarpdetenis @stefanolamp