segni

N.51 Giugno/Luglio 2024

intervista

Le Breton: «Nei gesti c’è il nostro atteggiamento morale di fronte al mondo»

Dialogo con il sociologo francese sul valore del "segno corporeo" come veicolo di interazione, sull'urgenza dell'educazione, sulla potenza del simbolo

Un dito medio nel cuore di Milano. Anzi, a Piazza Affari, centro focale della finanza italiana.

È qualcosa che stupisce. Fa sorridere, in qualcuno genera sentimenti contrastanti. Certamente, non lascia indifferenti.

Eppure, è un’opera d’arte. Di Cattelan, per essere precisi. L’artista ha realizzato la scultura di una mano aperta, in cui l’unico dito rimasto a stagliarsi verso il cielo è il medio.

Per semplificare, la definiremmo un gestaccio.

Secondo il celebre sociologo francese David Le Breton, docente presso l’università di Strasburgo e ospite nei mesi scorsi della rassegna Filosofi l’ungo l’Oglio, «si tratta di un giudizio di valore. I riti d’interazione tra le persone suggeriscono un modo d’uso del corpo e della parola per interagire con l’altro, una definizione di ciò che è lecito e illecito nell’accesso al proprio corpo a seconda delle circostanze. La mutua adesione a questi segni permette di associare immediatamente qualsiasi deviazione da queste norme di comportamento a un significato particolare che solo il contesto può chiarire. La scena dell’interazione delinea una rappresentazione simbolica dei corpi nello spazio».

Sono dunque due gli aspetti fondamentali della questione: il ruolo che il contesto gioca nell’interpretazione di un gesto, di un segno, e il valore simbolico dell’interazione che passa attraverso di esso e che, allo stesso modo, lo genera.

Tanto che, per Le Breton, «quando questo intreccio simbolico viene disturbato da una rottura nel sistema di aspettative reciproche, la discordanza di un gesto o di una parola, che non si incastrano più con quelli degli altri membri, allora sorge il disagio».

Nessuno si aspetterebbe un dito medio come opera d’arte.

E se ci pensiamo, i gesti che ci creano maggiormente fastidio, o sofferenza, sono quelli inattesi, quelli che non incontrano le nostre aspettative. Non ci sorprende l’automobilista che, dopo aver suonato il clacson per ore, ci manda a quel paese. In un certo qual modo, lo avevamo messo in conto. Potremmo dire che fa parte del gioco.

«Tutti i movimenti del corpo – nell’interpretazione del sociologo francese – rientrano nella dimensione simbolica, hanno un significato. Che si tratti di percezioni sensoriali, dell’affettività, delle tecniche del corpo, dei gesti nell’interazione: tutti questi comportamenti sono impregnati di significato e sono comprensibili per chiunque ne conosca i codici. Non c’è mai un sé senza l’altro. Ognuno è in grado di comprendere i movimenti, i gesti e le mimiche dell’altro in una comunità sociale. Ogni sistema simbolico collega nell’individuo che lo utilizza una facoltà di decifrazione a una facoltà di azione sul mondo».

«I movimenti innumerevoli del corpo e del viso,
la direzione degli sguardi,
rispondono a un’organizzazione sociale precisa,
modulata dai dati della storia personale del soggetto,
in particolare dal suo stile e dal suo temperamento.
Rientrano in un linguaggio.
Non sono mai neutri o indifferenti,
manifestano un atteggiamento morale di fronte al mondo»

Contesto e simbolismo, allora, si concretizzano nel soggetto in relazione, in colui, cioè, che agisce e, allo stesso tempo, coglie e comprende l’azione dell’altro.

Ecco perché non si parla solo di dialogo, ma di interazione. Ecco perché non è solo la parolaccia a metterci a disagio, ma può benissimo farlo anche un gesto. O una scultura che lo rappresenti.

E questo avviene perché «nello scambio di significati che è la comunicazione, il corpo non è un canale meno importante rispetto alla lingua. Continuamente, nelle interazioni che costellano la vita quotidiana, gesti e mimiche si intrecciano in modo virtualmente comprensibile per gli attori che condividono una stessa simbolica corporea o che ne conoscono i segni tramite un’acquisizione successiva. I movimenti innumerevoli del corpo e del viso, la direzione degli sguardi, rispondono a un’organizzazione sociale precisa, modulata dai dati della storia personale del soggetto, in particolare dal suo stile e dal suo temperamento. Rientrano in un linguaggio. Non sono mai neutri o indifferenti, manifestano un atteggiamento morale di fronte al mondo».

Indubbiamente, la comunità di cui facciamo parte ci condiziona, sia nel momento in cui agiamo, sia quando siamo chiamati a cogliere il significato espresso da chi sta interagendo con noi. Però, nell’interpretazione di Le Breton, benché «l’individuo abiti il proprio corpo secondo le orientazioni sociali e culturali che lo attraversano, egli le rivive a modo suo, secondo il proprio temperamento e la propria storia personale. Non siamo mai le pure emanazioni della cultura ma di ciò che ne facciamo».

L.O.V.E. (acronimo di Libertà, Odio, Vendetta, Eternità),comunemente nota come Il Dito, è una scultura dell’artista Maurizio Cattelan
L’opera, posta al centro di piazza degli Affari a Milano, è collocata di fronte a palazzo Mezzanotte, sede della Borsa milanese

Quella scultura in Piazza Affari è un dito medio.

O almeno, quello è ciò che si vede.

Eppure, a ben guardare, quella scultura ha tutte e cinque le dita rivolte verso l’alto. Solo che le altre quattro sono state mozzate alla base. Dall’autore, chiaramente.

Forse una critica, irriverente e decisa, al regime fascista? Non ne abbiamo la certezza, ma la mano aperta, rivolta verso l’alto, immediatamente ci rimanda a quel periodo storico e a quell’ideologia che tanto ha segnato il nostro passato.

Come quello del saluto romano, sono tanti i gesti che trasmettono non solo un significato immediato, ma che veicolano messaggi, idee anche pericolose e preoccupanti. In questo senso, allora, diventa centrale e fondamentale il ruolo dell’educazione.

«Il bambino dell’età della pietra
continua a nascere in ogni momento in tutti i luoghi del mondo,
con la stessa possibilità di apertura,
la stessa capacità di entrare
nel sistema di significati e valori
del gruppo che lo accoglie»

«La condizione umana – per il docente francese – si realizza solo nella cultura che accoglie il bambino. A differenza dell’animale, alla nascita il bambino si trova di fronte a un immenso campo di possibilità: tutte le condizioni umane sono virtualmente davanti a lui poiché possiede esattamente la stessa costituzione fisica dell’uomo del paleolitico. Il bambino dell’età della pietra continua a nascere in ogni momento in tutti i luoghi del mondo, con la stessa possibilità di apertura, la stessa capacità di entrare nel sistema di significati e valori del gruppo che lo accoglie. Fin dalla nascita, si impregna di un universo di significati, valori e azioni proprio del gruppo sociale in cui vive; l’educazione riempie gradualmente questo universo di possibilità a favore di un rapporto particolare con il mondo, di cui si appropria con il proprio carattere e la propria storia».

C’è quindi un compito fondamentale che ci spetta, come comunità educante: «fornire al bambino le condizioni favorevoli per un’interiorizzazione di questo ordine simbolico, che attraversa la sua parola tanto quanto il suo volto, il suo corpo o la sua voce. Modella il suo linguaggio, la sua gestualità, l’espressione dei suoi sentimenti, le sue percezioni sensoriali… La simbolica si fa corpo per lui e gli consente di comprendere le modalità corporee degli altri e di comunicare le proprie».

Bene che un dito medio ci sorprenda. E che un po’ ci scandalizzi.

Che continuino a farlo le grida di chi soffre, le lacrime di chi non è padrone della propria libertà. I gesti di chi chiede disperatamente aiuto.

Se entrassero nel gioco simbolico delle aspettative reciproche, non ci stupirebbero più. Invece, non devono lasciarci indifferenti.

Come un dito medio nel cuore di Milano.


DAVID LE BRETON

Sociologo e antropologo culturale francese (n. Le Mans 1953). Docente all’Università di Strasburgo, le sue ricerche si sono focalizzate sull’uso e le valenze culturali del corpo e sul significato sociale della fatica e del dolore, affrontando in anni più recenti anche i temi dei comportamenti a rischio in età adolescenziale e dei disagi connessi con la sincronizzazione umana al tempo dell’urgenza che caratterizza modi di produzione e comunicazione del mondo contemporaneo…. (treccani.it)

Fra i suoi libri tradotti in italiano: Antropologia delle emozioni (Armando Editore), Antropologia del corpo (Meltemi), Sul silenzio. Fuggire dal rumore del mondo (Cortina), Ridere. Antropologia dell’homo ridens (Cortina), Fuggire da sé. Una tentazione contemporanea (Cortina), Il sapore del mondo. Un’antropologia dei sensi (Cortina), La vita a piedi. Una pratica della felicità (Meltemi), La pelle e la traccia. Sulle ferite di sé (Meltemi)