caos

N.47 febbraio 2024

fotografia

Tim Smith, incontri fotografici “nel mondo, ma non del mondo”

In mostra al Museo Diocesano di Cremona il progetto con cui il fotografo americano racconta la vita delle colonie hutterite del Nord America

2009. Il viaggio di Tim Smith all’interno delle comunità degli hutteriti del Manitoba, provincia canadese affacciata sulla Baia di Hudson, inizia da qui. L’immagine che apre la mostra In the world but not of It – Il mondo degli Hutteriti del Canada ospitata nelle sale del Museo Diocesano di Cremona grazie alla rinnovata collaborazione con il Festival della Fotografia Erica di Lodi, ritrae Michelle Wurtz nella colonia di Deerboine, una giovane ragazza che sfreccia sul suo skatebord.

Altre due fotografie di Tim Smith che ritraggono Michelle Wurtz, la ragazza hutterita con lo skateboard, da bambina e da adolescente

Non è una scelta casuale quella di Laura Covelli – curatrice delle mostre del Festival – di partire da qui perché proprio questa immagine riassume il ruolo del fotografo all’interno delle vite delle persone che ritrae. Tim è lì, con loro e per loro. Non è, quindi, uno spettatore qualunque. Mentre io e Laura camminiamo tra le fotografie ricostruendo insieme il suo percorso, immedesimandoci in lui e in ciò che lo ha attraversato negli ultimi quindici anni, la sensazione è quella di non essere sole, ma che insieme a noi si muovano i passi del fotografo stesso, gli sguardi delle persone ritratte, ogni storia che è stata narrata. Le immagini prendono vita come in un lento ma necessario percorrere, che, suggeriscono i latini non significa solo “attraversare” ma anche “scorrere con il pensiero e con lo sguardo”.

Laura Covelli

«Di Tim – racconta Laura Covelli – mi ha affascinata sin da subito la capacità di mettersi al servizio della storia, togliendosi dal centro, facendo un passo indietro. E poi la capacità di entrare in empatia con le persone, di raccontare ciò che accade nel pieno rispetto del punto di vista altrui. Non c’è alcuna forma di giudizio nelle sue immagini e il progetto è durato così a lungo proprio perché il fotografo desiderava assicurarsi che il suo lavoro fosse scevro dal giudizio e si rivelasse più ampio possibile. La narrazione esula dagli stereotipi e dalla rappresentazione di una realtà che per molti è pressoché sconosciuta e spesso poco compresa dalla società tradizionale».

Gli hutteriti sono cristiani anabattisti, un movimento religioso nato in Tirolo nel XVI secolo nell’ambito della riforma protestante che vede le comunità organizzarsi in colonie rurali basate sul principio della comunanza dei beni e l’autosufficienza produttiva.

«Molte persone trascorrono
il loro tempo nel passato, ed altre,
come me, pensano troppo al futuro.
Io vivo costantemente
immerso nel futuro,
devo ricordarmi di fare una pausa,
di stare nel presente per godermi
di ciò che attraverso e vivo ora.
Non domani, non dopodomani. Ora»

Le fotografie di Tim sono sincere, non c’è spazio per l’autocelebrazione ma, al contrario, colpisce l’estrema generosità di un fotografo che va controcorrente, un fotografo che sceglie – in un tempo inondato di immediatezza, di confusione, caos, di muri a divisione anziché ponti di collegamento tra anime – di fermarsi. Questa mostra è un elogio alla lentezza. 

«Credo che la sfida più grande per me sia stata quella di imparare l’arte della pazienza e di uscire fuori dalla mentalità quotidiana che accompagna la vita di un fotoreporter», racconta Tim Smith. «Abbiamo incarichi veloci, confusione, tempi stretti. Per realizzare questo progetto invece è stato necessario familiarizzare con il concetto dell’attesa, sin dal principio. Ho atteso di conoscere le persone e costruire con loro relazioni salde. Attendere che le cose accadessero naturalmente, questo è stato il grande insegnamento. Ma credo che questo sia l’unico modo possibile per lavorare al servizio della storia: immergersi dentro a quella storia».

È un percorso visivo intervallato da intensi primi piani, immagini di vita quotidiana, ritratti ambientati. E allora, per assaporarlo fino in fondo, cogliamo il suggerimento di Tim e, insieme a lui, rallentiamo anche noi. In una società per la quale sembriamo esistere per ciò che produciamo anziché per ciò che siamo, «celebriamo la lentezza», lo scambio tra culture differenti in grado di rispettarsi, conoscersi pur preservando ognuna la propria unicità.

«Credo che sia utile vivere nel presente», spiega il reporter americano. «Molte persone trascorrono il loro tempo nel passato, ed altre, come me, pensano troppo al futuro. Io vivo costantemente immerso nel futuro, devo ricordarmi di fare una pausa, di stare nel presente per godermi di ciò che attraverso e vivo ora. Non domani, non dopodomani. Ora. E trascorrere il mio tempo con gli amici hutteriti me lo ha ricordato. All’interno del progetto fotografico il tempo è sicuramente il mio ingrediente segreto. Come fotografo non uso particolari trucchi, continuo a commettere errori, lavoro costantemente per migliorare. Proprio questo mi permette di essere testimone di momenti bellissimi e di rendere loro giustizia con la mia macchina fotografica».

Nessuna di queste immagini è arrivata per caso; Tim le ha sapute aspettare immergendosi nella cultura di questa comunità dismettendo i panni di se stesso con estrema generosità e vestendo quelli altrui.

«Nel corso di questi dieci anni di lavoro ho visto bambini crescere, giovani adulti sposarsi e mettere su famiglia, ho visto cambiare gli stili e le tecnologie all’interno delle comunità. Ho assistito a celebrazioni, eventi importanti e purtroppo anche tragedie. Ma il valore del mio tempo lì è stato celebrato dal fatto di essere accolto in ogni momento importante della vita delle persone che ho fotografato e che, sorprendentemente hanno scelto di fidarsi di me».