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N.22 Giugno/Luglio 2021

FOTOGRAFIA

“Un giorno sarò…”: Il futuro del mondo nei sogni dei bimbi

Dialogo con Vincent Tremeau fotografo francese che con "One day I will" ha raccontato al Porte Aperte Festival ciò che i bambini di ogni parte del mondo desiderano diventare da grandi

È il 2007, l’anno della lotta in Kurdistan in cui muoiono 17 militari turchi, l’anno europeo delle pari opportunità, l’anno in cui Barack Obama annuncia la sua candidatura per le presidenziali statunitensi del 2008.
Il racconto di Vincent Tremeau, inizia da qui. Dal 2007. Da quel viaggio come studente in scambio universitario in Argentina. Gli studi in legge, il futuro che pare correre senza interferenze lungo una linea precisa. Le vie caotiche di Buenos Aires, la timidezza di chi fatica a raccontarsi, la macchina fotografica al collo che diventa la scusa migliore per familiarizzare con la città. E per conoscere persone. Ma un giorno accade qualcosa, qualcosa che cambia tutto: l’incontro con le fotografie di Sebastiao Salgado. Le certezze che iniziano a vacillare, le domande, i dubbi. Fino ad arrivare ad una conclusione: abbandonare la carriera sicura di avvocato per lanciarsi in un’avventura fotografica fatta di progetti umanitari.
«Sentivo che volevo fare qualcosa d’importante, per me e per gli altri«. racconta «Qualcosa che abbracciasse una causa meritevole anziché buttarmi a capofitto nei profitti d’impresa. Sono partito a lavorare nella Repubblica Democratica del Congo come volontario e lì ho scoperto una realtà drammatica che meritava d’essere raccontata. Così ho iniziato ad occuparmi dei primi reportage per una ONG. La fotografia, d’altronde, è uno strumento
potentissimo di sensibilizzazione».
Io e Vincent Tremeau – fotografo francese autore del progetto “One day I Will” approdato al Porte Aperte Festival 2021 all’interno del circuito della Fotografia Etica di Lodi – non ci conosciamo personalmente. Lui vive in Dakar, io in Italia. Telefono e mail in questi giorni, hanno contribuito ad accorciare i 4.244 chilometri che in linea d’aria ci dividono. La sua è una fotografia ostinata ma discreta che riesce a muoversi sul bordo delle vite degli altri, per dare voce a chi si sente ai margini. A chi crede d’essere dimenticato.

Com’è nata l’idea del progetto “One day I Will”?
Era il 2014 e una comunità musulmana era ospitata all’interno di una chiesa da oltre un anno. Non potevano andarsene per paura d’essere uccisi, la scuola dei bambini era stata distrutta. Durante un’intervista una ragazza si è messa a piangere raccontandomi la sua storia. Così ho iniziato a pensare ad un racconto fotografico che si focalizzasse sulle possibilità per il loro futuro anziché sui traumi del passato e la lotta per la sopravvivenza quotidiana. L’idea di “One Day I Will” nasce così, era un gioco tra me e i bambini che incontravo. Chiedevo a ciascuno di loro di trovare o creare un costume in grado di rappresentare i loro desideri da grandi.

Le tue immagini raccontano un’umanità fatta di speranza, luoghi di profonda sofferenza, crisi umanitarie e conflitti. Qual è il fine del tuo lavoro, Vincent?
Questi ritratti mostrano come il mondo in cui i bambini vivono influenzi direttamente i desideri per il loro futuro. Attraverso “One day I Will” voglio lanciare un messaggio preciso: sono convinto che la volontà possa ancora fare la differenza e i giovani che ho fotografato ne sono la rappresentazione più fedele. Possono rendere il mondo in cui viviamo un luogo migliore, e non è retorica, ci credo davvero. Dobbiamo solo dare loro la possibilità di farlo.

Dal 2014 ad oggi, il progetto è approdato a New York, Tokyo, Istanbul, Ginevra, Londra, Dakar, Tallinn, Washington e Lodi: hai raccontato i sogni dei bambini… qual era o qual è il tuo sogno?
Mi piacerebbe molto poter tornare a trovare questi ragazzi tra dieci anni e scoprire ciò che sono diventati. Il timore più grande è quello che molti di loro probabilmente non riusciranno a realizzare i loro sogni, per questo, in parallelo, sto lavorando alla creazione di una fondazione il cui obiettivo sarà quello di proseguire con la campagna di sensibilizzazione. Mi rendo conto che trovare finanziamenti sia complicato, ma, se mi chiedi oggi qual è il mio
sogno, non posso che risponderti questo.

E poi c’è il tempo. Tempo che, in fotografia, ha un valore assoluto. Un millesimo di secondo per notare un particolare. Un millesimo di secondo per cogliere il significato di una scena. Un millesimo di secondo fermare quel momento. Un momento che, diversamente, andrebbe perso per sempre. Qual è il tuo rapporto con il tempo?
Il concetto di tempo è vasto e quasi al limite del filosofico perché è al centro della vita del fotografo. La mia visione del tempo si è evoluta nel corso degli anni, ed è naturale che sia così. D’altronde, siamo esseri mutevoli. Ricordo che all’inizio la mia era una visione quasi bulimica: non volevo perdere un attimo, essere ovunque e con qualsiasi fotografo. Questo mi ha permesso di viaggiare molto e di riempirmi gli occhi. Ma, ad un certo punto, capisci che non siamo noi a scegliere quali immagini viaggeranno, quali sfioreranno per davvero le anime delle persone. Oggi, con maggiore esperienza, ma soprattutto diventando padre, ho scelto di dedicare più tempo allo sviluppo dei miei progetti personali. Il concetto è quello di rallentare il passo in un’epoca in cui tutto si consuma sempre di più e sempre più velocemente.

Le immagini che compongono “One day I Will” non sono istantanee improvvisate ma scatti che richiedono una preparazione precisa, meticolosa. Cosa accade, dunque, prima di quel clic?
Quando organizzo questo progetto, lavoro con partner locali come scuole, ONG o le Nazioni Unite come l’Unicef. I bambini sono entusiasti all’idea di travestirsi. Il giorno del servizio allestisco uno studio fotografico temporaneo, il ché genera molta energia, curiosità, risate. Questo, però, è in netto contrasto con l’atteggiamento al limite del solenne che i bambini assumono davanti all’obiettivo. A me piace pensare che sia un modo per esprimere la serietà del sogno di futuro che stanno raccontando.

«Siamo noi a scegliere quali immagini viaggeranno,
quali sfioreranno per davvero le anime delle persone»