numeri

N.38 Febbraio 2023

RELIGIONE

Nei numeri della Bibbia un indizio della matematica di Dio

Nella Bibbia oltre ad avere un valore quantitativo, i numeri assumono spesso anche una valenza simbolica qualitativa e, molte volte più che precisare con esattezza sono utilizzati per impressionare...

L’Oriente antico, soprattutto la Mesopotamia, ha dato molta importanza ai numeri e ne ha elaborato un complesso sistema simbolico legato alla magia. Tutti i popoli vicini ne furono influenzati e a tale fascino non poté sottrarsi neppure la Grecia, nonostante fosse la patria della filosofia.
Per gli antichi, conoscere il mistero dei numeri e i loro reali valori significava aver accesso alla comprensione del mondo e delle sue più intime connessioni. Nel mondo biblico sono gli apocalittici i maestri nell’arte di utilizzare il simbolismo dei numeri, ma l’attenzione al loro valore e ai significati reconditi che possono nascondere, è attestata in tutta la cultura ebraica sia popolare che di scuola. Nella Bibbia oltre ad avere un valore quantitativo, i numeri assumono spesso anche una valenza simbolica qualitativa e, molte volte più che precisare con esattezza sono utilizzati per impressionare.
Pur usando il sistema decimale, storicamente il popolo ebraico non ha sviluppato simboli numerici propri fino al periodo postesilico (prima metà sec. VI a.C.): infatti, in tutte le iscrizioni antecedenti i numeri sono rappresentati da simboli egiziani e sono scritti per esteso. È solo nell’epoca maccabaica (168-40 a.C.) che, per la prima volta sulle monete appaiono lettere dell’alfabeto ebraico con valore di numeri. In seguito, nella letteratura rabbinica e in quella giudeo ellenistica ciò ha facilitato il fiorire della “gematria”, un procedimento interpretativo teso a scoprire il significato nascosto delle parole basandosi sul valore numerico delle lettere. Così, per esempio, secondo molti nella genealogia di Gesù che dà inizio al Vangelo di Matteo, l’osservazione stupita dell’evangelista che le generazioni si suddividono in tre gruppi di quattordici (1,17) costituirebbe la gematria del nome di Davide (DWD: 4+6+4 = 14). In tal modo Matteo incoronerebbe Gesù come un “triplice Davide”, un Messia davidico davvero eminente.
Questo esercizio trionferà nella cosiddetta Qabbalah, una teoria mistica giudaica fiorita a partire dal XII sec. d. C. che ha lasciato traccia in vari movimenti esoterici moderni e in forme popolari, anche contemporanee.

Vale la pena passare in rassegna il valore simbolico di alcuni numeri.

1

appartiene a Dio, l’unico, poiché esiste un Dio solo: “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore” (Dt 6,4).

2

è invece numero “polare”. Può alludere alla separazione di ciò che è unitario, ma anche esprimere l’unione di due elementi affini. Segna perciò la dualità del contrasto e la necessità di un completamento, caratteristiche proprie del mondo creato. Dio crea la persona umana nella coppia maschio e femmina (Gen 1,27), nell’arca Noè accoglie gli animali in coppia (Gen 6,19), due sono le tavole della Legge sulle quali sono incisi due gruppi di comandamenti: quelli che definiscono il rapporto con il Signore e quelli che insegnano a Israele come vivere da popolo di Dio (Dt 9,10). Gesù chiama i primi discepoli a coppie di fratelli (M 1,16-20), indicando nella fraternità una caratteristica della sua sequela. Le parabole mettono spesso a confronto due personaggi: il fariseo e il pubblicano (Lc 18,10-14); il grano e la zizzania (Mt 13,24-30); la casa sulla roccia e quella sulla sabbia (Mt 7,24-27).

3

ha valore di pienezza. Sono tante le distinzioni ternarie bibliche: tre erano le parti dell’universo (cielo, terra, inferi), tre le feste principali di Israele (Pasqua, Settimane, Capanne), tre preghiere marcavano la giornata, tre giorni Gesù rimane nella tomba. La tradizione cristiana farà poi particolare riferimento alla Trinità.

4

è la cifra della totalità cosmica. Definisce il mondo nella vastità dello spazio: nella visione del profeta Ezechiele lo Spirito del Signore soffia sulle ossa aride “dai quattro venti”, i quattro punti cardinali. E Dio agisce con assoluta potenza nella storia attraverso i “quattro esseri viventi” (Ez 1; Ap 4,6). Anche un tremendo castigo in quattro flagelli è preannunziato a Gerusalemme (Ez 14,21).

5

è più difficile determinarne con precisione il valore. Cinque è il numero degli animali sacrificali (Nm 7,17.22.29), delle pietre per la fionda di Davide nella lotta contro Golia (1 Sam 17,40). Soprattutto richiama la Torah, composta dai primi cinque libri della Bibbia attribuiti a Mosè e appunto denominati in greco “Pentateuco” (“cinque volumi”). Alcuni colgono un’allusione alla Torah nei cinque pani con cui Gesù sfama cinquemila persone (Mc 6,38-44).

6

poiché sette è il numero della perfezione, sei indica mancanza, imperfezione. E’ la cifra che fa riferimento all’uomo e alle sue opere sempre segnate da provvisorietà e incompletezza. Non a caso «Dio ha creato l’uomo il sesto giorno» (Gn 1,26). A Cana sei sono le giare dell’acqua di purificazione: impossibile celebrare il matrimonio finché Gesù non trasforma l’acqua in vino, dando finalmente pienezza e gioia alla festa. Nell’Apocalisse la bestia che superbamente si erge contro Dio è caratterizzato da irrimediabile lacuna espressa nel numero 666 (13,18).

7

tradizionalmente designa una serie completa. Il racconto della creazione è strutturato sui giorni della settimana con l’enfasi posta sul sabato, il settimo giorno (Gen 2,2). Settenari figurano spesso nelle visioni profetiche (Is 30,26; Zac 4,2;) e soprattutto apocalittiche: le lettere alle sette chiese (Ap 1,4-3,22), i sette sigilli (Ap 5,1), le sette trombe (Ap 8,2), le sette coppe (Ap 15,7).

12

essendo la cifra delle dodici tribù si applica simbolicamente al popolo di Dio. Non è casuale che Gesù chiami a seguirlo dodici apostoli: essi prefigurano il raduno del popolo disperso, compito attribuito dai profeti al Messia. La nuova Gerusalemme dell’Apocalisse ha dodici porte su cui sono incisi i nomi delle dodici tribù (Ap 21,12) e dodici basamenti che portano i nomi dei dodici apostoli (21,14). Così pure il popolo salvato è composto da 144.000 servi di Dio: dodici migliaia per ogni tribù di Israele (Ap 7,4-8).

40

per lo più indica un periodo di tribolazione, di rinuncia o di punizione. Il diluvio universale si prolunga per quaranta giorni e quaranta notti (Gen 21,4), la medesima durata del soggiorno di Mosè sul Sinai (Es 24,18). La peregrinazione del popolo nel deserto dura quarant’anni (Es 16,35). Per quaranta giorni Gesù digiuna nel deserto (Mc 1,12) e quaranta giorni intercorrono tra la risurrezione e l’ascensione (Lc 4,1s; At 1,3)

70

ha riferimento simbolico alla totalità e alla pienezza. Dopo il passaggio del Mar Rosso, il cammino di libertà nel deserto da parte di Israele ha la sua prima tappa ad Elim, oasi caratterizzata da dodici sorgenti di acqua e settanta palme (Es 15,27). Durante l’esodo, davanti al Signore tutto Israele è rappresentato da settanta anziani (Es 24,1). Carattere di universalità ha il comando di Gesù di inviare settanta suoi discepoli in missione davanti a sé (Lc 10,1), poiché settanta secondo la tradizione ebraica furono le nazioni in cui si dispersero i discendenti dei figli di Noè dopo il diluvio (Gen 10). Infine, nell’insegnamento di Gesù la misura piena del perdono è di settanta volte sette (Mt 18,21s.).

L’aritmetica biblica può sorprendere, ma il suo simbolismo ha lasciato tracce rilevanti nell’arte, nella letteratura patristica, nell’anno liturgico e nelle credenze popolari. Tracce che giungono fino a noi: la forma ottagonale dei battisteri, come quello di Cremona, è stata favorita dalla concezione dell’otto come numero della risurrezione. La quaresima dura quaranta giorni…
Così, anche senza esserne troppo consapevoli, in qualche modo abbiamo tutti appreso qualche cosa della matematica di Dio.

*biblista