gemme

N.58 marzo 2025

rubrica

Piccoli capolavori, poche note per restare immortali

Ci sono brani musicali iconici che in qualche modo sono gemme della storia, ci riportano un’eco di epoche e stili differenti dai nostri e ci dicono di un qualcosa che permane nel tempo

La nostra memoria musicale è piena di brani che conosciamo quasi alla perfezione; dall’ultimo successo sanremese, che ci viene proposto a tambur battente dalle radio, al jingle che picchietta implacabile quando si va a far spesa, fino a quelle melodie classiche che tappezzano la nostra vita non si sa né da quando né perché. Sicuramente vi è una componente soggettiva quando una musica si sedimenta nel nostro conscio o inconscio, ognuno ha in fondo le proprie preferenze.

Eppure, si creano casi strani per cui una persona musicalmente colta non arriva a capire perché l’aria Non più andrai farfallone amoroso di Mozart delle Nozze di Figaro sia di gran lunga preferita rispetto alla meravigliosa melodia dell’Adagio della Serenata n. 10 per strumenti a fiato;

oppure perché la disadorna melodia della Sonata Al chiaro di luna di Beethoven sia così popolare mentre l’altrettanto semplice melodia che plana così delicatamente all’entrata del pianoforte nell’Adagio del Concerto Imperatore non lo sia.

La realtà è che vi sono brani musicali iconici che in qualche modo sono gemme della storia, ci riportano un’eco di epoche e stili differenti dai nostri e ci dicono di un qualcosa che permane nel tempo. Sono oggetti musicali che mantengono la loro efficacia indefinitamente, restano inossidabili anche in mezzo a fantasiosi arrangiamenti, ma non mutano la sostanza, verrebbe da dire, anche se cambiano la pelle esterna.

Li puoi sentire, risentire, e non ti stancano, non scadono e non fanno la muffa. Si direbbe che rispondano a quelle identificazioni basiche per cui provo allegria ascoltando La primavera di Vivaldi, tristezza alle prime note del Lacrimosa di Mozart, calma tranquilla seguendo le ampie volute dell’Aria sulla quarta corda di Bach, leggerezza briosa alle note del can-can di Offenbach.

Perché funzionano?

Forse proprio perché non si basano su tendenze passeggere o su eventi momentanei, ma colgono in modo immediato il bisogno fondamentale di ritrarre i propri sentimenti (parola che fa orrore a tanti teorici, come se questi passassero di moda a comando). Ci sono musiche che hanno creato un repertorio di sensibilità per cui soddisfano la necessità primaria di raffigurare se stessi in ciò che non si riesce a dire a parole.

Allora, ecco l’allegria chiassosa con la Marcia di Radetzky di Strauss, la drammatica disperazione con E lucean le stelle di Puccini, la serenità elegante e compassata con il Cigno di Saint-Saëns, la giocosità spensierata con la Piccola serenata notturna di Mozart, la composta religiosità con l’Ave Maria di Bach-Gounod, la passione tempestosa con la Quinta di Beethoven, il coraggio sfrontato del Toreador della Carmen, la fantasticheria sognante con Au claire de lune di Debussy.

Si potrebbe continuare a lungo e trovare tante sfumature di sentimenti-in-musica: sono musiche universali per sentimenti universali, che in comune hanno la semplicità, l’immediatezza, quel connubio indovinato fra parole e musica, la grana grossa dell’armonia e del ritmo, quell’entrare nel vivo dell’espressione e arrivare a dirti subito uno stato d’animo. Sono una specie di fior da fiore, piccoli capolavori in mezzo a grandi, quintessenze e concentrati geniali (sicuramente) a loro insaputa.

Probabilmente è quanto possiamo fare nostro della storia passata, quel che è possibile che parli ancora a noi restando nella nostra comprensibilità. Non sfugge infatti che le caratteristiche di queste musiche sono simili a quelle in cui siamo immersi tutti i giorni, dalle canzoni alla musica da film: melodia in evidenza, ritmo regolare, armonia consonante, chiarezza di comunicazione.

Come è risaputo e ammesso che tanti nostri autori di musica da film si sono ispirati proprio a quei generi e che tante musiche classiche sono diventate canzonette o sigle, così quello che conserviamo vivo del passato è quello che ci corrisponde. La cartina di tornasole? Sono tutte musiche che bucano lo schermo, ossia hanno quella qualità necessaria oggi per “esserci”, quella di arrivare a tutti nel giro di qualche minuto e farsi comprendere senza spiegazioni di nessun genere.

E non c’è dubbio che accanto a queste ci saranno in futuro melodie dei nostri artisti attuali, già ora non meno “capolavori” rispetto a quelli del passato.