ridere

N.44 Novembre 2023

rubrica

Note da ridere

Piccolo catalogo della risata in musica

C’è musica per ballare, per piangere, per divertirsi, per concentrarsi, per meditare…. di certo non poteva mancare la musica per ridere. Perché non ci sono confini in grado di delimitare quell’oceano libero che è l’universo dei suoni; come le parole o le immagini, la musica abbraccia tutte le emozioni e le sfere personali e di ciascuna sa trovare la traduzione in note. Anzi, c’è tutto un filone di pensiero mitteleuropeo che considera la musica la maniera più autentica di rispecchiare l’animo umano.

Nel gran ventaglio di arti che si applicano ad esprimere sfumature psicologiche non possiamo non pensare che anche la musica non abbia le sue declinazioni, difficili forse da spiegare con la logica, ma dotate di tutta efficacia nel riportare schiettamente l’umano sentire.

Molta musica colta e popolare ha avuto chiare finalità nella direzione dell’intrattenimento piacevole, della satira, del motteggio. Ciò che è “serio” sembrerebbe escludere il divertimento, il comico, l’umorismo; ma sappiamo che non è così: benché essenzialmente seria, la musica “classica” si è sempre confrontata con l’umorismo, il buffo, lo scherzoso, il beffardo. In una Sinfonia c’è sempre un movimento di Scherzo o di danza, per esempio.

Si potrebbe scrivere un trattato di “umoristeria applicata alle note” se si volesse andare a scovare brani antichi e nuovi che hanno divertito e continuano a divertire ancora oggi. Senza prendere in considerazione l’umorismo da trivio, o quello demenziale, o da avvinazzati, quello che chiunque ha sentito dentro a canzonacce cantate all’ingrosso, ci si può occupare piuttosto di quello che ha i tratti dello scherzo intelligente, arguto, condito con un minimo di cultura.

Ecco allora un piccolo catalogo della risata in musica: c’è il ridere satirico, quello che prende in giro persone e pose accademiche tanto blasonate quanto vacue; forse lo si sente ancora intatto, nonostante l’enorme distanza di tempo, nel Contrappunto bestiale alla mente a cinque voci del bolognese Adriano Banchieri (1568-1634): sopra un austero basso d’armonia su testo latino, un cucù, una civetta, un gatto e un cane improvvisano (“alla mente”) uno spiritoso contrappunto per fare una parodia della severa tradizione professorale:

Fa la la Nobili spettatori,
udrete hor hora quattro belli humori,
un cane, un gatto, un cucco, un chiù per spasso,
far contrappunto a mente sopra un basso. Fa la la la.
Nulla fides gobbis, similiter est zoppis.
Si squerzus bonus est, super annalia scribe
(Non fidarti dei gobbi, parimenti degli zoppi.
Se un guercio è buono, scrivi sugli annali)

Ma c’è l’umorismo giocoso di chi parla ad un amico da finto tonto, facendo sberleffi impertinenti: è quel che si può cogliere nel “Divertimento” musicale del sempre fanciullo Mozart Ein musikalischer Spass KW 522.

Il brano è volutamente viziato da imperfezioni come la ripetizione quasi ossessiva di un tema (come di chi avendo trovato la battuta che fa ridere l’amico, continua a ripeterla), che porta a continui  errori di scrittura (eh…insiste nel farsi vedere scemo…), ci sono temi interrotti per l’incapacità di proseguire (dopo una frase cretina, che vuoi aggiungere?), un’assenza di condotta logica del pezzo (ma va?), passaggi così improbabili da portare a tonalità strane (la logica del buffoncello…), un goffo accompagnamento da fanfara (il gradasso in scena…) con stonature dei corni a gogo (le battute infelici…).

C’è un umorismo intellettuale di chi attraverso ritmi spezzettati, vivacità di movimento o bizzarrie melodiche vuol esprimere le emozioni con distacco ironico, esprimendo in musica i continui cambiamenti di stato d’animo, mescolando in rapida sequenza frasi serie e semiserie; è l’ironia del compositore romantico che affida alle note la sua ricerca di senso, addirittura dentro una giovialità che ha perso la sua naturalezza. È questo forse il contenuto dell’Humoreske op. 20 di Robert Schumann (1810 – 1856) che ha in sé quella allegria di naufraghi che è il centro della sua invenzione poetica; “mit Humor“; con l’umore di un’euforia esistenziale inappagata.

Ma c’è anche un umorismo macchiettistico, di marionette dai movimenti scombiccherati; quasi una figurazione della crisi identitaria del nostro primo novecento, quando si metteva in discussione tutto: come non vedere nella breve Circus Polka di Igor Stravinsky (For Young Elephant – Concert Band, 1942) un essere alienato, prigioniero delle macchine o del suo ruolo ridotto a puro movimento; la secchezza dei suoni, il rimo nevrotico ci rimandano alla riduzione  dell’individuo a essere privo di importanza e di riferimenti, declassato a ingranaggio.

Ma per fortuna la musica ha dimostrato di avere ancora cose da dire a proposito dell’uomo: ed ecco l’umorismo saggio di chi ha occhio ed orecchio sul tempo che si vive e non disdegna di voler migliorare il mondo intorno, dimostrando che si può ridere e dire cose importanti, e soprattutto fare ancora arte con i suoni in modo leggero e positivo.

Si provi ad ascoltare Quelli che… di Enzo Jannacci (1975) e si immagini se il testo avrebbe potuto funzionare senza la musica o se è proprio la musica a suggerire il tono scherzoso che permette al musicista di fare il comico. In fin dei conti anche così, con qualche sana trovata, la musica diventa un piccolo rimedio per la salute fisica e psicologica nella vita di tutti i giorni.