fede

N.48 marzo 2024

giovani

«E se ti dico… “fede”?». Tra imbarazzo e meraviglia, i giovani rispondono

Abbiamo provato a chiedere ad un gruppo di adolescenti, al campo sportivo, all'oratorio o tra i corridoi di una scuola, che cosa associano a questa parola, per loro così insolita e affascinante

Alcuni giovani che hanno partecipato alla GMG 2023 con il gruppo della diocesi di Cremona

Qualcuno rimane smarrito, la maggioranza invece non ha idee chiarissime ma tutti associano la parola ad un’idea o una sensazione positiva, bella, piacevole, che dona sicurezza e tranquillità. Insomma pronunciano la parola “fede” con un certo timore, un pizzico di disinteresse, ma in fondo con la certezza che si tratti di qualcosa di solido, fondante.

I giovani, che animano i nostri centri sportivi, i corridoi delle scuole superiori, le piazzette dei quartieri e gli spazi degli oratori, alla domanda “Cosa significa il termine fede?”, rimangono perplessi. Perché «è una domanda seria», commenta Cecilia, «non credo che nessuno me l’abbia mai fatta», continua. Qualcuno fa un salto indietro, quasi spaventato, altri sono incuriositi, qualcuno svicola.

«Io associo la parola fede ad un altro termine: speranza», dice Valentina. E aggiunge: «Sì, fede vuol dire fiducia che ci sia sempre qualcuno per noi, che ci sia sempre un punto di riferimento». Perché Fede è per molti dei ragazzi una parola più grande di loro, poco pronunciata e pronunciabile ma con un nonsoché di positivo. «Fede è sognare, credere – commenta in tutt’altro contesto Massimo – in che cosa? Ognuno lo sceglie». «È la stessa parola fede che mi dà fiducia», spiega Lorenza sfoderando un sorriso. Perché in fondo ciascuno ha un sorriso quando pronuncia quel termine: «Quando dico fede – continua Emma – mi si crea nella mente un’immagine bella, mi fa stare bene. Ci sono: fede vuol dire star bene con le persone».

Il piccolo dibattito crea qualche curiosità e Chada aggiunge: «La fede indica la fedeltà alle altre persone, alle promesse che si fanno e vanno sempre mantenute». E come un fiume in piena più voci (Medea, Tiana e altri) aggiungono: «È l’anello matrimoniale, la fede». In ogni caso si tratta sempre di un’idea di stabilità, certezze, promesse concrete che si prolungano in un impegno futuro. Con qualche curiosa interpretazione come quella di Giulia: «Questa parola mi fa venir in mente un personaggio dei manga, un prete che uccide i mostri». Un supereroe? È la cultura di tanti ragazzi di oggi che vede tutto attraverso il filtro dei fumetti e dei social, della cultura dominante.

Tommaso ed Alberto hanno invece un’altra prospettiva: «Qui si fa riferimento alla religione», dice uno; «È l’unione tra me e il Signore», completa l’altro. Ma che se ne parli tra loro di questa accezione spirituale pare una novità, o meglio, una rarità. «Noi ragazzi non ne discutiamo mai – dice Tommaso – la maggioranza di noi non si fa domande, cerca solo risposte. Non si chiedono le motivazioni, conoscono poco e giudicano tanto».

La fede ora ha assunto i contorni di una «confessione religiosa» che è un attimo identificare con quella cristiano cattolica. «È un argomento che viene meno. Non si parla di fede mai», chiarisce Alberto che legge la parola in senso univoco. Viene spontaneo domandar loro perché la fede sia tabù. «Perché non si guarda alle cose – aggiungono all’unisono – al mondo con una prospettiva diversa. Non ci si appassiona più alle cose belle».

Ed ecco che ritorna l’idea del bello che sa donare speranza.