carta

N.31 Maggio 2022

RUBRICA

Te lo dico con un pezzo di carta

Immagini video: Trc. Montaggio video di Giulia Barbieri

Può essere uno scarto di produzione o una banconota, lucido come una polaroid o compatto come la copertina di un libro. Può portarci lontano come un biglietto aereo o trasportarci indietro nel tempo come il tagliando d’ingresso ad una partita memorabile. Un pezzo di carta può avere tante forme, tante vite quanti gli usi che se ne possono fare. Ognuno ha la sua storia, e alcuni raccontano la nostra.

Come sostiene Vittorio Venturini, rilegatore e promotore del progetto LiberArt, «Noi siamo piccoli libriccini, che a volte hanno pagine tagliate». Lo dice mostrando un blocchetto di carta ritagliato da un volume scartato, la sua “unità di misura” da cui costruisce opere ecologiche che restituiscono anima e dignità alla materia prima. Così lo scarto diventa scultura, somma delle tante storie stampate tra le pagine dei libri fusi nella stessa matrice, per una storia inedita come gli incontri che la vita ci offre.

Walter Borghisani considera la carta un supporto indispensabile per concepire la fotografia. «Ho bisogno di toccarla per renderla vera», spiega, mentre dissemina a terra una serie di scatti stampati su fogli A4. «Mi piace camminare sopra le foto per prenderne possesso, per osservarle e cogliere assonanze, connessioni che vanno oltre l’istante dello scatto e formano nuove prospettive. Per lui «la fotografia è comunicazione: inizia prima del click, lontano da schermi e interfacce, lasciando alla carta il riflesso di uno sguardo rubato».

Per Marina Volonté, conservatrice del Museo Archeologico di Cremona, la carta può essere pietra, metallo, terracotta, qualsiasi supporto in grado di raccontarci ancora oggi storie e volti di secoli lontani. Solo così siamo in grado di leggere il passato. Non a caso, tra le collezioni esposte al “San Lorenzo” ha scelto di raccontarci la storia di una feroce maledizione e di un ritratto di famiglia risalente circa duemila anni fa, per ricordarci quanto il passato in realtà ci assomigli, vizi e virtù comprese.

Tra le mani del giornalista Giorgio Barbieri, la carta è memoria, mestiere, passione. Ha l’odore del primo giornale appena sfornato dalla rotativa. Ha il suono delle macchine da scrivere allineate in tribuna stampa, quando ancora le partite si raccontavano via telefono ai colleghi della redazione. Ha la forma di un biglietto dello stadio di Wembley, quando il 27 marzo del 1983 la Cremonese vince la coppa Anglo-Italiana. Quarant’anni dedicati allo sport e alla squadra del cuore, ritrovata anche sulla superficie e di un francobollo – forse unico al mondo – su cui compare lo Zini.

Carta da toccare, da strappare o da custodire tra le pieghe della vita per dare senso e sostanza al tempo che scorre, alle parole non dette (o non lette), alle storie ancora da raccontare.