acqua
N.09 Marzo 2020
«Il nostro battesimo un tuffo nella libertà»
Le origini iraniane, il desiderio di Dio e le amicizie in Italia: il racconto di F., moglie e madre, che vive la sua fede e non si sete più sola
Tutti conosco Teheran, la bellissima capitale iraniana. In pochi forse sanno che essa si trova incastonata tra i due bacini idrici di Karaj e Jajerud, che raccolgono l’acqua proveniente dalle catene montuose circostanti e garantiscono dunque la sopravviveva a un luogo che ancora oggi è transizione tra deserto e montagna. Da qui sono partiti F. e A. alla volta dell’Italia. Musulmani d’origine, fieri di essere iraniani, hanno però scelto di sposarsi e vivere in Italia. Nel tempo in loro è avvenuta una graduale conversione al cristianesimo: F. è stata battezzata nel 2016 mentre il marito riceverà il sacramento battesimale durante la notte di Pasqua. È una storia bella e unica pur nella sua semplicità.
«Il cristianesimo, la sua idea di libertà, mi hanno sempre incuriosito. Sono cresciuta in una famiglia musulmana, in un Paese dove non ti puoi convertire a un’altra religione, ma un giorno mia sorella mi portò un Vangelo. Iniziai a sfogliarlo e divenni sempre desiderosa di capire che cosa mi affascinava di quelle pagine . Quando arrivai in Italia, ancora musulmana, soffrii molto perché non trovavo un luogo dove pregare e per me quello è sempre stato fondamentale perché non si può fare a meno di Dio».
Così ogni tanto, passando davanti a una chiesa, diceva una preghiera, in silenzio. «Poi sono nate delle amicizie, una in particolare, che hanno cambiato la mia vita», racconta. «Guardavo questa mia amica ed ero colpita dalla sua generosità, dalla sua carità, da come accoglieva in casa figli non suoi in affido… Lei mi invitò a partecipare a degli incontri, e io andai. Intanto continuavo a passare davanti alle chiese e qualche volta ci entravo pure, per accendere una candela. Non ho mai tenuto nascosta la cosa in casa; inizialmente mio marito mi ha detto solo che sarei stata libera di praticare qualunque cosa, a patto di non coinvolgerlo».
Una condizione dolorosa «ma allo stesso tempo – ricorda – un cammino bellissimo, che mi cambiava il cuore giorno dopo giorno. Così ho deciso di battezzarmi. Alla cerimonia sono venuti anche mio marito e mio figlio e per me è stato un grande segno di quanto mi vogliano bene».
Il battesimo, per F., è un dono enorme. «Nell’islam l’acqua ha già un significato simile: ci si lava dopo il rapporto tra marito e moglie (si chiama proprio “battesimo”), si fanno le abluzioni prima della preghiera (wudu) in un lavaggio che è allo stesso tempo fisico e spirituale, perché l’acqua è purezza e lava via tutti i peccati, tutto quello che si sta facendo prima di iniziare a rivolgersi a Dio. Nel battesimo cristiano questo è all’ennesima potenza perché si inizia una strada di rinnovamento, ma mai da soli».
Per un attimo F. ripensa alla solitudine sperimentata all’inizio del suo percorso di conversione.
«Andavo a Messa o a i raduni spirituali ed ero sola. Vedevo intorno a me famiglie e coppie vivere la vita cristiana e desideravo non che mio marito si convertisse a tutti i costi – non è mai stato il mio scopo – ma che potesse essere toccato dalla bellezza che aveva toccato me. Quando tornavo a casa gli raccontavo di cosa mi succedeva, a volte gli leggevo brani di Vangelo che mi avevano colpito. Un giorno gli chiesi di accompagnarmi in macchina a un ritiro spirituale, lui acconsentì ma solo a patto che non lo facessi entrare. Una volta arrivati lì invece le persone presenti gli andarono incontro, lo invitarono a restare e lui si sentì così accolto e così a casa che decise di seguire anche lui questa strada. Sarà battezzato tra pochi giorni».
Chiediamo a F. come abbiano preso la cosa i loro famigliari in Iran, e soprattutto il loro figlio, ormai un giovane uomo.
«Mia sorella è diventata cristiana, mia mamma e mio fratello no. Ma capiscono il perché della nostra scelta e la rispettano: ogni tanto ci chiedono di pregare per loro. Certo in Iran non è possibile andare in chiesa o professare pubblicamente la conversione, ma siamo felici. Mio figlio è cresciuto libero. Siamo arrivati in Italia come musulmani ma lo abbiamo educato e cresciuto qui. Sarà lui a decidere che strada prendere. Come con mio marito, anche per lui desidero solo che sia felice. E così ora siamo in due a pregare perché si accorga della bellezza della nostra esperienza cristiana. Ma non glielo proporremmo mai con la forza. È libero. E la libertà è una delle cose più grandi che Dio ha dato all’uomo».