stelle
N.04 Ottobre 2019
Dai banchi di scuola fino all’infinito (e oltre)
Un ragazzo esce per le strade con il suo telescopio per mostrare a tutti la luna da vicino Questo sguardo ha ispirato il progetto educativo della scuola Sacra Famiglia di Cremona
Un ragazzo si annoia. Porta fuori di casa il suo telescopio e in strada – siamo a Los Angeles, California – si mette a guardare la luna. La gente si ferma, vuole sbirciare dentro quella grande lente puntata verso il cielo. E ogni volta che lo fa, non si sentono che due espressioni: «Oh my God» e «Wow».
Così, con questo video che invita ad alzare lo sguardo, ha preso il via il nuovo anno scolastico alla Sacra Famiglia, scuola paritaria (elementari e medie) di Cremona. Non a caso il titolo scelto per il rientro nelle aule è stato “Verso l’infinito e oltre”, la celebre frase pronunciata da Buzz Lightear, l’astronauta giocattolo protagonista dell’ormai iconico cartone animato Toy Story. E non è un caso che gli insegnanti abbiano scelto tutto questo per i loro ragazzi.
«Nel video si vede un ragazzo annoiato che decide di muoversi e da lì in poi il motore di tutto è lo stupore. Spesso a scuola la noia regna sovrana, nei ragazzi ma anche negli insegnanti. Come allora ridestare lo stupore che è poi la chiave di volta della conoscenza? Abbiamo capito che non servono i tripli salti mortali, ma che si genera dalla passione, dalla dedizione, dalla condivisione e dalla ricerca nel proprio lavoro. Lo stupore si genera quando il primo a stupirti sei tu», racconta la professoressa Gaetani.
«Crediamo che sia importante avere qualcuno che ti dica “guarda, alza gli occhi, ci sono nel cielo un sacco di meraviglie infinite ed è ancora tutto da scoprire”, perché anche a scuola è così. Noi tutti, insegnanti e colleghi, ma anche alunni e genitori, abbiamo bisogno di qualcuno che continui a indicarci dove guardare per non cadere nella routine del già saputo», le fa eco la preside delle scuole medie Francesca Bellini.
Il metodo è chiaro, ma diventa ancora più interessante quando non è una pretesa ma diventa una sfida alla libertà dei ragazzi. Come racconta una delle insegnanti di matematica, la prof. Rossi, con un po’ di sano realismo: «A volte mi fa arrabbiare il fatto che gli alunni non facciano quello che gli dico o quando non capiscono che una cosa è importante. Ultimamente però ho iniziato a mettere in discussione questo atteggiamento perché rischia di diventare una pretesa. È giusto desiderare che seguano le lezioni, che lavorino bene, che imparino tante cose… ma c’è una soglia davanti alla quale arrendermi: lo spazio della libertà, il tempo dell’altro. Questo non è rassegnarmi, ma lasciare che ognuno di loro faccia il suo percorso, certa che la realizzazione di chi ho di fronte non dipende solo dai miei sforzi e tentativi. Questo consente di amare anche quella libertà e di voler bene a ciascuno di loro».
Anche il professore di musica Giovanni Grandi – che insegna tromba ai ragazzi della Mauro Moruzzi Junior Band e ha scovato e proposto il video della luna – cerca di tracciare un percorso didattico ed educativo dove ciascun bambino o ragazzo sia protagonista. «Quando è arrivato settembre, ho pensato che è proprio bello tornare a scuola. E mi rendo conto che il primo ad avere bisogno di stare davanti ad una proposta sono io, che ad esempio non ho passione per le scienze: quando vedo un telescopio non lo associo a qualcosa di affascinante. Ma a scuola posso imparare che uno strumento si ama per quello che ci permette di vedere, per l’esperienza che ci permette di fare. Per questo mi accorgo spesso che la distrazione dei ragazzi è frutto del mio non essere attratto da ciò che spiego».
Ma cosa è in grado di vincere la noia? Cosa è in grado di farmi entrare in classe anche quando è tutto per aria? «Sapere che la luna c’è! Indipendentemente dal fatto che la guardi o no, anche quando è dietro le nuvole. La coscienza dell’adulto è nella certezza che la luna c’è, che la realtà è positiva, che tutto ha uno scopo».
Ma portare per strada il telescopio non basta: «Devo andare da ciascuno dei miei ragazzi, chinarmi per adattarlo a chi è più basso, alzarlo, mettere a fuoco. Nel telescopio ci guardano dentro uno a uno, non possono farlo tutti insieme. Nel telescopio guardano Giacomo, Cecilia, Luca…uno ad uno. Così oggi per me, insegnante, il problema è essere certo che c’è la possibilità di accompagnare questi ragazzi a guardare la realtà che c’è, per scoprire il pezzetto di cielo c’è in ciascuno. Perché lo stupore non si impone, accade».
Una sfida non da poco, ma che parte dal desiderio che in fondo muove gli uomini di ogni tempo, da sempre: quello di scoprire sempre cose nuove, mossi dalla meraviglia. Perché come diceva Montale: «Tutte le immagini portano scritto “Più in là”».