scuola

N.13 Settembre 2020

MISSIONE

Non ci sono banchi a rotelle alle elementari a Bibwa

Suor Marie Josée racconta la ripresa delle lezioni nella scuola congolese intitolata a San Francesco Spinelli e gestita dalle Adoratrici di Rivolta d'Adda

Il prossimo 5 ottobre, un lunedì, comincerà il nuovo anno scolastico in Congo. Per la scuola Francesco Spinelli di Bibwa, quartiere della periferia di Kinshasa, sarà un giorno importante perchè debutta la sesta classe, quella che completa il ciclo della primaria. La scuola è delle suore Adoratrici di Rivolta d’Adda che, su forte sollecitazione dei genitori, hanno proseguito il percorso educativo iniziato con la materna.

L’ampliamento della struttura è stato realizzato con i fondi raccolti in diocesi di Cremona nell’Avvento di fraternità del 2018. La scuola non ha riaperto in agosto come le altre per terminare l’anno scolastico sospeso in marzo perchè la ripresa era necessaria solo per le classi terminali, quindi sesta-decima e dodicesima. Gli insegnanti hanno comunque dovuto fare la media dei voti delle 5 classi – perchè in Congo la promozione per tutti non è mai stata decretata – e 15 bambini su 243 dovranno ripetere l’anno. Non è un numero elevato rispetto alla media congolese.

La ripresa dell’anno scolastico non è stata indenne da polemiche. Il giornale Le Phare ha fatto notare che quando le scuole sono state chiuse c’erano 300 casi in tutto, confinati nella provincia di Kinshasa, mentre ora che sono state riaperte, ci sono più di 7 mila casi e ben 19 provincie sono state toccate (dati di fine luglio). Tra parentesi, lo stesso giornale sottolinea come l’annuncio della fine delle misure di prevenzione, a metà luglio, sia stato interpretato come un “liberi tutti” per cui le folle hanno cominciato a spostarsi senza mascherine, senza kit per il lavaggio delle mani e senza tener conto della distanza di sicurezza. Al mercato di Kinshasa, peraltro, ci si va da sempre cercando di evitare gli assembramenti e si ha più paura per il proprio borsello che per la propria salute.

L’inizio del 5 ottobre, comunque, al momento non è in dubbio. Non ci saranno, però, sostanziali cambiamenti. I banchi sono quelli multipli degli anni passati, in cui ci si siede anche a 3. E in alcune aule dovranno starci più di 50 bambini. Ne parliamo con suore Marie Josée, responsabile congolese della comunità delle suore Adoratrici.

Grazie al sostegno a distanza
l’iscrizione e il pranzo giornaliero
sono garantiti da famiglie italiane
per ottanta bambini congolesi

Partiamo con una domanda un po’ insidiosa. La scuola privata congolese, per quel che ho visto, sta molto attenta al pagamento delle rette…  In una provincia interna ho notato, mio malgrado, anche le scuole cattoliche lasciano a casa gli studenti non in regola con i pagamenti. Non farete così anche voi…

«Le rette sono essenziali per il funzionamento della scuola e per gli stipendi degli insegnanti che sono a nostro carico. Per cui, ci stiamo davvero attenti. La scuola gestita da una congregazione religiosa è la preferita dalle famiglie. Sono stati i genitori a spingerci ad aprire le prime classi della scuola primaria, dopo aver visto come funzionava la nostra scuola materna. Ora, al momento dell’iscrizioni sembrano tutti ben disposti, ma spesso sono in difficoltà per la seconda e la terza rata. Ora, la retta annuale che pretendiamo non è troppo elevata, sia rispetto alla richieste di altre scuole private che ad uno stipendio medio: chiediamo 200 mila franchi all’anno. Equivalgono a 100 dollari. Però, mentre negli anni passati venivano richieste in 3 tranches, da quest’anno siamo passati a due. La prima si versa al momento dell’iscrizione, così almeno di quella siamo sicuri. Del resto, se abbiamo potuto dare gli stipendi agli insegnanti per questi mesi di lockdown (tutti, tranne luglio e agosto) lo dobbiamo al fatto di aver messo da parte i soldi della prima rata».

Immagino che non ci siano tanti banchi singoli…

«Abbiamo 25 banchi per classe e di più non ci stanno. La prima e la seconda hanno più di 50 bambini quindi in qualche banco devono sedere in 3. Sempre meglio che nelle aule delle scuole pubbliche, dove stanno in 4 o 5 per banco e alcuni si siedono per terra: è l’effetto indesiderato del primo anno della scuola elementare pubblica gratuita….».

Le mascherine sono obbligatorie?

«Questo è un altro problema. Ho partecipato ad un incontro, nel quale il Ministero offriva dei presidi sanitari per le scuole. Temo che siano insufficienti rispetto alle scuole e al numero dei bambini. Non credo nemmeno che le famiglie possano risolvere loro il problema: una mascherina alla settimana, sarebbe già un costo rilevante».

Alle elementari non ci sono libri, è giusto?

«Non esattamente. In quarta e in quinta, le famiglie acquistano un libro di matematica e uno di francese. Direi, circa la metà delle famiglie per ogni classe. Tutti gli altri, scrivono appunti sui loro quaderni».

Ma la scuola di Bibwa, investimenti a parte, è autosufficiente nella gestione?

«Direi di sì con una precisazione – ci risponde suor Paola Rizzi da Rivolta – perchè risulta determinante il sostegno scolastico a distanza. Abbiamo un’ottantina di bambini la cui quota e il pranzo giornaliero è preso in carico da famiglie italiane».

Ma perchè una scuola congolese porta un nome straniero, sia pure quello di un santo?

«In Congo – spiega suor Paola – gestiamo altre strutture, per lo più sanitarie e hanno tutte intitolazioni con nomi locali. Per la scuola, invece, la richiesta che avesse il nome del Fondatore è venuta dalla comunità di suore di Kinshasa».

Per la cronaca, Francesco Spinelli Dias, il bambino miracolato dal fondatore dell’Istituto, al quale la famiglia ha voluto cambiare nome, ha oggi 13 anni, vive in Angola e resta in contatto con la comunità congolese.