progetti
N.42 Settembre 2023
La vita dopo la maturità, inquietudini e speranze prima di prendere il largo
Iris, Saad, Benedetta e Lorenzo raccontano l'estate dopo la scuola, il tempo delle scelte, le domande aperte, le strade di un futuro che ammalia e spaventa
Ho guardato il futuro negli occhi e aveva la dolce malinconia di Saad, la cristallina purezza di Benedetta, l’incerta determinazione di Lorenzo. Li ho incontrati tra i nugoli di zanzare di un parchetto di periferia, sui gradini tiepidi della Bertazzola, in mezzo al vociare disordinato del bar dell’oratorio.
Sono ragazzi tra i 18 e i 20 anni, che hanno appena terminato le scuole superiori. Controvoglia o pieni di entusiasmo, sono costretti ad abbandonare il porto sicuro e lasciare che il vento gonfi le loro vele, portandoli in mare aperto; la rotta, da tracciare su mappe incerte, la stanno progettando proprio in questi mesi.
«Durante l’ultimo anno di scuola ero molto incerto tra due opzioni: andare a lavorare o proseguire con gli studi», racconta Saad Khamlich. «Avrei scelto Comunicazione e media contemporanei per le industrie creative a Parma, anche se centra poco con quello che ho imparato all’Iis Torriani». E come mai hai deciso di andare a lavorare? “Perché non ero sicuro al 100% che fosse l’università giusta. E poi – aggiunge sornione – c’è anche il “piano C”: provare a entrare in Accademia di Polizia».
Durante il colloquio, Saad, con un’ironia tanto irresistibile quanto malinconica, ci lascia comprendere come la sua decisione sia stata influenzata dalla situazione economica famigliare. «A casa mi avevano detto di scegliere liberamente, ma io sapevo che, se avessi continuato a studiare, avremmo dovuto affrontare parecchi sacrifici. Adesso sono contento del lavoro che sto facendo, ma sono convinto che sia solo una fase: voglio mettere da parte un po’ di soldi per poi iscrivermi all’università».
Lorenzo Beretta osserva con attenzione un gruppo di studenti che attraversa Piazza del Duomo. «Ma sono dell’Artistico!» esclama, voltandosi verso la ragazza che gli siede accanto. Poi, quasi vergognandosene, ammette quanto «non andare più a scuola» gli abbia lasciato dentro un vuoto. «Ma non mi mancherà lo studio – afferma scrollando le spalle – alla fine della quinta non ne avevo proprio più!».
«Si, ho scelto di lavorare, ma non abbandono del tutto gli studi». Seguendo la sua passione, si è iscritto al Centro Teatro Attivo, a Milano. Una volta alla settimana frequenta i corsi di recitazione e doppiaggio inseguendo il sogno, un giorno, di diventare attore.
«Adesso sto continuando a lavorare in pizzeria, dove già facevo qualche ora quando andavo a scuola. Forse – prosegue – chiederò di aumentarmi le ore. Non so, il prossimo anno forse mi iscrivo all’università, o forse faccio servizio civile… Devo pensarci». Esorcizzando l’imbarazzo che lo ha improvvisamente colto, indica l’amica e afferma, smarcandosi: «Non siamo tutti come lei che sapeva già, in prima superiore, cosa fare dopo la quinta».
Sorride, Iris Zanicotti, e non nasconde le proprie paure: «Il 2 ottobre inizio l’Università Iuav a Venezia». Un profondo sospiro interrompe il flusso delle parole mentre la preoccupazione vela i begli occhi scuri. «Sono contenta perché, nonostante diversi test non siano andati bene, sono riuscita a passare quello a cui tenevo di più. Ma sono molto lontana da casa e questo mi spaventa».
Guarda Lorenzo, dall’espressione beata, e forse lo invidia un po’: «È vero che sapevo già cosa fare, ed è una fortuna, ma sono piena di dubbi e paure anch’io. E se, dopo il primo anno, mi accorgessi di non farcela e mollassi tutto?». Emerge che l’iscrizione all’università non era l’unica opzione: «Mi sarebbe piaciuto andare un anno all’estero per imparare una lingua straniera, ma i miei genitori non hanno voluto. Alle volte – prosegue Iris – ci si iscrive all’università solo per compiacere le aspettative degli altri, perché da molti è considerata l’unica scelta possibile al termine delle superiori».
Su una cosa concorda con Lorenzo: non sono state fornite, durante la quinta, delle occasioni per riflettere sul proprio futuro.
Benedetta Tolomini, ascoltando i due amici, annuisce: «Durante l’ultimo anno di Liceo Scientifico, mi aspettavo di ricevere un’illuminazione riguardo la scelta dell’università. Invece, ahimè, non è arrivata e ho dovuto impegnarmi in un lungo lavoro di riflessione». Hai trovato una risposta che ha fornito luce sufficiente per illuminare le tue scelte? «Beh, di una cosa sono certa – prosegue sorridendo – mi piace studiare. E la filosofia mi ha appassionato fin dalla prima. Ma sono sempre stata indecisa per la reazione delle persone con cui mi confidavo: o affermavano entusiasti che era una scelta bellissima, ma nella vita avevano studiato tutt’altro (tipo Ingegneria), oppure mi guardavano con compatimento chiedendomi se non avevo paura di ritrovarmi senza lavoro». E come ti senti davanti a queste affermazioni? «Sono serena, il mio obbiettivo non è pensare al lavoro, che sarà una parte importante della mia vita futura, ma non sarà il centro. Adesso penso a studiare, avere l’opportunità di farlo lo considero un privilegio».
Salutiamo i ragazzi che corrono, tutti insieme, alle prove della Compagnia dei Piccoli. Vorrei abbracciarli, ma mi limito a stringere la mano di Benedetta che, salutandomi, confida: «Spero di riuscire a continuare teatro a Torino, spero di non perdere tutto quello che ho costruito a Cremona e, soprattutto, spero di aver preso la decisione migliore».
Il viaggio che attende i quattro ragazzi che abbiamo incontrato sarà lungo e avventuroso. Potranno arenarsi, perdersi o anche naufragare; ma non per questo morirà la loro – che è la nostra – speranza nel futuro.