sbagli
N.43 ottobre 2023
…altrimenti, a che serve sbagliare?
A uno sbaglio si può rimediare. Chi sbaglia si può perdonare. Ci sono scelte e azioni che sembrano sbagliate che si rivelano più giuste di quanto ci saremmo aspettati (così è nato il panettone… lo sapevi?). Con alcuni sbagli, invece, ti tocca convivere. Come con una cicatrice che ti ricorda quanto può far male… sbagliare.
In questa edizione incontriamo maestri degli scacchi e prof delle medie, confessori, pubblici ministeri e pasticceri, musicisti jazz e ballerine rivoluzionarie, intelligenze artificiali e malati di alzheimer. Molti sorrisi di persone che hanno conosciuto l’errore e il rovescio della sua medaglia (che non è la perfezione, ma il riscatto), qualche voce preoccupata per una società troppo esigente che tende a nascondere le fragilità come polvere sotto al tappeto e chiedere ai suoi “piccoli” di essere già grandi oppure farsi da parte.
Così come siamo entrati, ne usciamo imperfetti. Ma un po’ più coraggiosi. O forse un po’ più consapevoli di non essere i soli a sbagliare, a sentirci qualche volta sbagliati, ad aver paura di scoprire su quale curva ci farà cadere il prossimo errore. Che resta un errore, benintesi: non lo scarabocchio di un bambino, il colpo d’ala di un genio irregolare, una lezione di vita. No. Uno sbaglio è prima di tutto uno sbaglio, con tutte le lacrime, la responsabilità, il prezzo da pagare.
Per questo cerchiamo maldestramente, cocciutamente di non sbagliare. Senza pretendere di farcela, ma senza smettere di provarci. Perché altrimenti… a che serve sbagliare?