legami

N.56 gennaio 2025

famiglia

«Danilo, mio fratello»

In gergo Ilaria Chiodo è una siblings o una caregiver: sta accanto a Danilo, fratello con una disabilità: «Insieme abbiamo imparato ad apprezzare il bello della vita»

Mani dentro mani per sorreggere, proteggere, aiutare. Sostenersi. A vicenda. «È quello che fanno due fratelli. È quello che l’amore porta a fare. L’amore che sa andare oltre, non si abbatte, non abbandona e ci fa sentire davvero vivi». Danilo ed Ilaria si sono dati appuntamento alla bocciofila di Capergnanica, dove Danilo tutte le settimane si ritrova con gli amici di Over Limits, associazione cremasca che propone attività sportive inclusive.

«Da sempre – racconta Ilaria Chiodo – la nostra quotidianità è fatta di cose semplici: una colazione insieme, una passeggiata lungo il viale di santa Maria, una partita di bocce. Basta poco. Basta un sorriso di Danilo per capire che non servono parole. Che la felicità ed il bene si raccontano anche in silenzio, in pochi istanti». Trovando spazio tra le insidie della vita.

«Io e Danilo abbiamo 25 anni di differenza. Siamo cresciuti e ad oggi viviamo in un contesto popolare. Mio padre è morto quando ero piccola. Appena mi è stato possibile, compiuta la maggiore età, sono diventata la tutrice di mio fratello». Danilo ha una disabilità intellettiva. «Per me crescere con lui non ha significato niente di diverso da quello che significa crescere con un fratello».

In gergo, Ilaria è una siblings o una caregiver. Termini inglesi che identificano rispettivamente il ruolo di una sorella di una persona con disabilità e di un familiare dedito alla cura di un caro in condizioni di fragilità. Termini che identificano un ruolo, appunto. Poi ci sono i legami, che superano gli stereotipi, le etichette e che raccontano l’autenticità di una relazione a partire dagli sguardi.

«Quando guardo mio fratello, vedo Danilo, non la sua disabilità. Ho imparato a riconoscere la felicità nelle piccole cose. Sin da piccoli ci è sempre bastato avere il pane da mangiare, un tetto sopra la testa e tanto amore da donare. Per abbracciare la fragilità. Siamo sempre stati uniti: questo bastava e basta oggi per affrontare e superare le difficoltà. È questo il più grande insegnamento che ci hanno lasciato in eredità i nostri genitori e che ho la fortuna di percepire ancora dagli occhi e dal grande cuore di mia madre».

Non è un peso, «la fragilità va attenzionata. In una famiglia che vive questa esperienza tutte le attenzioni sono rivolte a chi ha più bisogno. La disabilità di Danilo ha condizionato alcune mie scelte personali e di carriera. Sono laureata in ingegneria, ho vissuto in Germania, ma appena mi è stato possibile sono tornata. Per esserci, per stare vicino alla mia famiglia». Per alimentare un legame naturale, che il tempo e la prossimità hanno reso «forte ed indissolubile: non riuscirei ad immaginare la mia vita senza Danilo, con le sue unicità e le sue caratteristiche». Eppure, «mi rendo conto che oggi alcuni non sono ancora pronti a guardare le persone con disabilità per ciò che sono: persone, prima di tutto, desiderose di trovare il proprio posto nel mondo, assecondando talenti e desideri, nel pieno rispetto dei propri diritti».

Lo schiocco della boccia che sfiora il boccino ci riporta sul campo. Subito dopo è il turno di Danilo. Accanto a lui Nicola gli corregge la postura, Ilaria lo incoraggia ed il tiro riflette la tenacia di chi ogni giorno, nonostante il silenzio, i capelli bianchi che iniziano a crescere e gli anni che cominciano a farsi sentire, vive ogni attimo.

«Insieme abbiamo imparato ad apprezzare il bello della vita. Certamente la presenza di Danilo mi ha reso più attenta e sensibile ad alcune tematiche, convinta come sono che ancora molto vi sia da fare per garantire equità e piena inclusione delle persone con disabilità. Molto fanno le associazioni come Over Limits, molto devono continuare a fare le istituzioni». Impegnata anche come consigliere comunale a Crema, Ilaria si adopera per dare concreta attuazione alla parola inclusione. «Bisogna darle un senso: dobbiamo fare in modo che le persone con disabilità si sentano protagoniste, parte attiva di un cambiamento culturale che deve incidere, prima di tutto, sul contesto che ci circonda».

La partita di bocce si è conclusa. Il vociare dei giocatori si quieta. Restano il silenzio e la percezione di un legame indissolubile che mira al bene di ciascuno. «Danilo è mio fratello. Continuerò a camminare accanto a lui facendo in modo che ogni giorno possa costruire la sua felicità».