onde

N.23 Settembre 2021

SCIENZA

Dalle galassie ai microchip: «Il mio universo si svela in onde»

La storia e la carriera di Luigina Feretti l'astrofisica cremonese che ha girato il mondo per "leggere" i movimenti silenziosi del cosmo

Mia madre parlava di Luigina Feretti con una sorta di riverenza, mista ad orgoglio ed ammirazione. Le capitava tutte le volte che tornava indietro con i ricordi. Negli anni sessanta erano compagne di scuola sui banchi del liceo scientifico Aselli. Studiavano assieme e si preparavano ad affrontare la vita. Una sarebbe diventata biologa a Parma. La futura dottoressa Feretti, invece, aveva scelto sempre l’Emilia, ma qualche chilometro più in là, Bologna, per posare la prima pietra di una carriera scientifica straordinaria: «Mi sono innamorata della fisica anche grazie alla professoressa Colauzzi, famosa ai tempi del liceo per la sua severità. Ero una secchiona, termine con accezione negativa in Italia, non negli Stati Uniti, per esempio, dove studiare e riuscire a scuola, invece, è sempre un grande merito. La maturità? Un misero 44: in italiano ero sempre stata un po’ scarsina…».
Quei giorni però cambiano per sempre la sua vita, già indirizzata verso quella scienza «che descrive i fenomeni che ti girano attorno»: «Mentre preparavo la maturità, sbarcò sulla luna Apollo 11. Non dormii la notte, ero emozionata. Io sulla luna sognavo di andarci».
Nella torrida estate del 1969 si iscrive alla facoltà di Fisica dell’università di Bologna: «Devo ringraziare mio padre. Mi fece scegliere liberamente. Lavorava in ferrovia in ambito amministrativo. Era dedicato agli stipendi, ricordo come fosse oggi quelle enormi tabelle all’interno delle quali faceva i calcoli a mano».
La laurea, magna cum laude, arriva puntuale nel 1973: «Avevo il mio appartamento, tornavo nel weekend. Scoprii l’istituto che gestiva il radiotelescopio di Medicina. L’ho visitato e ciò ha alimentato ulteriormente lo stimolo per approfondire gli studi legati all’astrofisica. Volevo diventare ricercatrice, feci domanda al Ministero per una borsa di studio. Nel frattempo insegnai, come supplente, al Manin e matematica e fisica presso l’Ipiall. Due anni dopo arrivò la notizia della vincita della borsa. Iniziai a fare ricerca appoggiandomi all’istituto di radio astronomia, allora in capo al Cnr e che gestiva il radiotelescopio».
Feretti dopo pochi anni vince il concorso di prima fascia per dirigente di ricerca. Lavora all’interno dell’Istituto di Radioastronomia che fa parte dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, Inaf, riconosciuto a livello internazionale come centro di ricerca scientifica, di sviluppo tecnologico, di osservazione e relativi servizi per la radioastronomia. Ne è direttore dal 2007 al 2015. Il contributo alla ricerca è straordinario, nel campo delle onde radio e di tutte le problematiche inerenti la radioastronomia. Il suo è un lavoro di studio approfondito delle sorgenti radio tramite osservazioni in diverse bande dello spettro elettromagnetico: «La svolta è stata l’esperienza a cavallo tra il 1989 ed il 1990, come visiting scientist, presso il VLA, che sta per Very Large Array, in New Mexico, dove era presente l’interferometro numero uno al mondo, costituito da 27 antenne paraboliche, più una di scorta, del diametro di 25 metri ciascuna, disposte lungo 3 bracci, ciascuno lungo 21 km, a forma di una gigantesca Y. È stato utilizzato, per esempio, per studiare radiogalassie, quasar, pulsar, resti di supernova, stelle che emettono onde radio».

«Si osserva l’universo in onde.
Alzi gli occhi al cielo e vedi la luce»

L’Istituto nel quale Feretti lavora cresce anche a livello di strumentazione. A Medicina, pochi chilometri fuori Bologna, Inaf gestisce una stazione radioastronomica dove gli strumenti di rilevazione sono la “Croce del Nord” ed una antenna parabolica di 32 metri di diametro. Nel 1988 viene inaugurata una sezione distaccata a Noto, in provincia di Siracusa, dove viene installata un’altra antenna parabolica dello stesso diametro: «L’Istituto, successivamente, ha dato il via ai lavori per una terza antenna, situata in Sardegna, più moderna e larga il doppio. Si chiama Sardinia Radio Telescope. La sua inaugurazione è datata 2013».

Nel proprio percorso Feretti ha lavorato con i più importanti dirigenti mondiali di istituti di radioastronomia: «Nel 2015, per raggiunti limiti di età, sono in pensione. Rimango associata, continuo a fare ricerca, ho incarichi internazionali, sono editor di riviste di review e sono rimasta in diverse commissioni di radiotelescopi di nuova generazione. Andrebbe menzionato il fatto che una donna che studiava Fisica, una volta, al massimo insegnava. Oggi le cose sono migliorate. Le donne hanno sempre impiegato di più, rispetto ai colleghi maschi, per raggiungere determinati traguardi. Il numero di studentesse è elevato, a livelli alti di carriera però scarseggiano. In passato mi sono spesso ritrovata unica donna anche in comitati internazionali…».

Il fascino per le onde radio rimane intatto anche oggi: «Si osserva l’universo in onde. L’astronomia tradizionalmente è fatta con la luce. Alzi gli occhi al cielo e vedi la luce. Le onde radio sono invisibili, ma vengono emesse, così come i raggi x. Arrivano fino a terra e non vengono assorbiti in atmosfera come i raggi x. Lo stupore è sempre lo stesso in questi ambiti della ricerca. Si possono osservare oggetti lontanissimi, come onde radio partite miliardi di anni fa. Le ho studiate per tutta la vita e sono anche la vita di molte persone. Alle tecnologie digitali hanno dato un contributo fondamentale. Mandare telescopi nello spazio ha portato a ragionare su strumenti sempre più piccoli. Questo percorso di miniaturizzazione è stato successivamente trasferito per fabbricare, per esempio, telefoni cellulari sempre più piccoli. Le onde sono parte della nostra vita anche se non ce ne rendiamo conto. Il futuro? Ci sono tante cose da fare ancora, io rimango curiosa. Di capire di cosa è fatta la materia oscura, di come si è formato il magnetismo cosmico, di vedere la fine di un progetto di installare un radiotelescopio sulla faccia nascosta della luna».