gemme
N.58 marzo 2025
Di Lamine ce n’è uno, tutti gli altri…
C'è un calciatore ancora minorenne che sta riscrivendo tutti i record di precocità. Lamine Yamal è unico, ma ci insegna che anche nell'industria del calcio c'è un'altra direzione in cui guardare per scoprire il talento. Che forse è meno raro di quanto si pensi. Anche in Italia
Il presidente degli Stati Uniti ha 78 anni. Il primo pilota della Ferrari, 40. L’ultimo vincitore dei 100 metri piani alle Olimpiadi, quasi 28. Lamine Yamal, oggi probabilmente il miglior calciatore del pianeta, 17 e 8 mesi mentre scriviamo: nemmeno maggiorenne, ha già vinto un Europeo con la Nazionale spagnola da protagonista e ogni settimana regala esibizioni di sconcertante precocità con la pesantissima maglia del Barcellona.
L’ascesa del ragazzo di Rocafonda – sobborgo difficile a 30 km dal capoluogo catalano – rientra a pieno titolo tra i grandi temi dello sport contemporaneo. Mai nella storia, infatti, un adolescente era arrivato così in alto nella disciplina più ambita e spietata allo stesso tempo, fabbrica bisettimanale dell’intrattenimento capace di sbranare sogni e talenti, e infine sputarli fuori come chewing-gum
masticate. Un mondo di squali, quello del calcio iper-professionistico, nel quale un giovane atleta
rischia di perdersi tra esasperanti pressioni mediatiche, tentazioni facili e pericolose interferenze di
agenti o procuratori.
Non, però, se ti chiami Lamine (primo nome) Yamal (secondo nome) Nasraoui (cognome del padre) Ebana (cognome della madre). Circondato da un’aura di leggerezza che sembra preservarlo da qualsiasi influenza tossica, il genio blaugrana sta riscrivendo tutti i record possibili. Dopo aver debuttato in prima squadra a 15 anni, alle porte della maggiore età ha già accumulato oltre 100 presenze da professionista, diventando l’elemento più impattante dell’intera rosa quando era ancora in età da Allievi Under 17. Non dovremmo aver paura nell’affermare che un certo Lionel Messi, alla stessa età, non era nemmeno in prima squadra: non è meglio o peggio, è un dato di fatto.
Proprio con Messi, per inciso, Lamine aveva posato per un servizio fotografico del Barcellona in favore di Unicef quando aveva pochi mesi di vita, nel 2007: quante possibilità esistevano che quella goccia cadesse ancora nello stesso identico punto? Ebbene, è accaduto.
Durante l’Europeo vinto in Germania, al mattino si collegava via Zoom con i professori del liceo de la Masìa (la cantera blaugrana) e alla sera scendeva in campo davanti a 80.000 spettatori
Da minorenne, Lamine ha dominato la scena in semifinali e finali al massimo livello, trascinando con reti e assist decisivi compagni che, anagraficamente parlando, potrebbero essergli genitori. Durante l’Europeo vinto in Germania, al mattino si collegava via Zoom con i professori del liceo de la Masìa (la cantera blaugrana) e alla sera scendeva in campo davanti a 80.000 spettatori. Il tutto, senza apparente sforzo emotivo. «Lamine non conosce la pressione», ha dichiarato di recente Ferrán Torres, suo collega nel Barça e nella Nazionale spagnola. «Gioca sempre come se fosse ancora nel cortile di casa». Un video del 2017 lo ritrae, ancora bambino, mentre dribbla un amico per strada e accarezza il pallone sul cemento, nel barrio di Mataró: da quel giorno, ha semplicemente ripetuto il gesto mentre il contesto sullo sfondo si evolveva, dalle vie semideserte del quartiere fino ai campetti in erba sintetica del centro
sportivo blaugrana, dalle tribune popolate da poche centinaia di genitori fino al Campo Nou e alla
Champions League.
Figlio di Mounir Nasraoui e Sheila Ebana, marocchino lui e guineana lei, entrambi africani trapiantati in Catalogna, Lamine Yamal è cresciuto all’interno di quelli che gli esponenti dell’estrema destra, in Spagna, chiamano estercoleros multiculturales, “letamai multiculturali”.
Proprio dalle sue parti il padre Mounir si era beccato una multa per aver abbattuto un gazebo del partito anti-immigrazione Vox. Lamine, da parte sua, si limita a rivendicare con orgoglio le proprie origini, disegnando con le dita delle mani incrociate un 3, uno 0 e un 4, ultime tre cifre del codice postale di Rocafonda. Musulmano praticante, di recente è diventato il primo calciatore della storia della Spagna a scendere in campo (e segnare) a digiuno durante il mese sacro del Ramadan.
Nominalmente esterno destro, in realtà anche sotto il profilo tattico Lamine Yamal è un esemplare senza precedenti: un rifinitore che parte defilato per convergere con il delicato piede mancino, attraverso il quale sa dribblare in tutte le direzioni, aprendo linee di passaggio per i compagni o prendendosi direttamente la responsabilità del tiro. Longilineo, ma non dotato di una velocità esplosiva, è nella scelta del tempo che fa davvero la differenza, grazie all’innata capacità di spostare il pallone nella frazione di secondo che precede l’intervento dell’avversario.
Molto dovrà ancora dimostrare nei prossimi 10-15 anni, pertanto è bene tenersi alla larga da paragoni affrettati. Tuttavia, il suo talento abbagliante non è isolato perché nel Barcellona di Flick imperversa un altro prodigioso diciassettenne, Pau Cubarsí, che da centrale difensivo ha già conquistato da oltre un anno la maglia da titolare, mentre l’inserimento del centrocampista Marc Bernal (altro talento della ricca generazione dei 2007) si è interrotto poche partite dopo il debutto in prima squadra a causa di un drammatico infortunio al crociato
Cresciuti al fianco di Lamine nelle giovanili blaugrana, insieme potrebbero scrivere la storia del gioco nei prossimi anni. Le fragorose traiettorie dei 2007 del Barça, se non altro, potrebbero ricordare anche al nostro, sofferente, movimento calcistico italiano che talvolta le gemme più preziose sono nascoste in casa, e non sempre vanno ricercate inseguendo dispendiose e faraoniche trattative di mercato.
Di Lamine e n’è uno, forse, ma i potenziali Cubarsí e Bernal sono tanti. Anche in Italia. Per vederli, però, una qualsiasi domenica pomeriggio, dovreste spegnere Dazn e andare sui campi di Serie C o Serie D.