eroi

N.18 Febbraio 2021

CLASSICI

Team Enea a raccolta: la speranza di uno per il bene di tutti

L'immagine del giovane che porta sulle spalle l'anziano padre e tiene per mano il figlio è il simbolo di un eroismo capace di scelte e sacrifici che spingono avanti il mondo senza che nessuno rimanga indietro

«Ma ti piace di più Ettore o Achille?», chiede il nonno ai nipoti all’uscita di scuola. “Team Ettore”, risponde uno, mentre l’altro lo incalza: “No! Team Achille tutta la vita”. Il fascino dell’epica, con i suoi eroi e gli episodi indimenticabili, si rinnova di generazione in generazione e interroga sul senso dell’eroismo.
L’elmo di Ettore che spaventa il piccolo Astianatte alla presenza dolce e amorevole della moglie Andromaca è il dettaglio umanissimo di una scena familiare che forse più di tutte contrasta con l’immagine stereotipata di un Achille irascibile e un po’ “raccomandato”, in realtà complesso e sfaccettato.
E poi c’è Ulisse, il viaggiatore instancabile dell’Odissea, l’eroe intelligente che vince con i trucchetti, affascina e innamora. Virtù militare, bellezza, astuzia, ambizione e ideali più alti, uno statuto semidivino, imprese e coraggio: sono queste le caratteristiche principali dell’eroe omerico che si ritrovano, con variazioni e integrazioni, nei poemi epici successivi, e che vengono imitate, derise, parodiate negli altri generi letterari.
Ogni età ha i suoi eroi preferiti e non è casuale in questi anni la decisa riscoperta di Enea, l’eroe virgiliano dell’Eneide che fugge da Troia in fiamme per giungere in Italia e avviare la catena di eventi che porterà alla fondazione di Roma. Enea fa tendenza, come dimostrano i numerosi libri scritti su di lui: dai solidi e godibilissimi volumi di Mario Lentano (Enea. L’ultimo dei Troiani il primo dei Romani, Salerno) e Giulio Guidorizzi (Enea, lo straniero. Le origini di Roma, Einaudi) a quello, tanto appassionato quanto approssimativo, di Andrea Marcolongo (La lezione di Enea, Laterza).
Virgilio stesso fornisce tutti gli elementi utili a riflettere sul suo eroe nei primi (e celeberrimi) versi del poema:

Armi e l’uomo io canto che primo dai lidi di Troia,
per fato profugo, giunse in Italia e alle spiagge lavinie,
lui, assai vessato da forza divina, per memore ira
di Giunone spietata, in terra e sul mare; e anche in guerra
molto soffrì, fino a quando fondò una città, ed i suoi dèi
venne a portare nel Lazio: e da ciò la stirpe latina,
e i padri albani, e le mura dell’alta Roma discesero.

(traduzione di Alessandro Fo)

Le guerre dell’Iliade e i viaggi dell’Odissea sono richiamati con sintesi esemplare in sole tre parole proprio all’inizio: Arma virumque cano (“Armi e l’uomo io canto”). Enea è un guerriero, sa combattere ed è intelligente. Ma non sta qui la chiave della sua storia. Il suo eroismo, così attuale e così fecondo, è tutto nella sofferenza (“assai vessato” / “molto soffrì”). Come un profugo deve abbandonare la sua patria, perché questo è il suo destino (“per fato profugo”); lo scopo a cui è chiamato, la fondazione della grande Roma, è sempre accompagnato dalla fede negli dèi (“i suoi dèi venne a portare nel Lazio”) che resiste a ogni difficoltà.
La vicenda di Enea è una riflessione sui sacrifici di un singolo in virtù di un ideale più elevato, sui sacrifici di oggi in vista di un progetto che si realizzerà. È, in sostanza, una storia di fiducia nel futuro, di lungimiranza e di promesse. La rappresentazione iconografica più celebre di Enea lo rappresenta in fuga, mentre porta sulle spalle l’anziano padre e tiene per mano suo figlio. Il necessario abbandono della patria non permette un arrocco nostalgico, ma forza la scelta e così innesta il futuro sul passato che conta. Selezionare i valori più importanti, farsene carico e dar loro una prospettiva: è questo il compito di Enea.
“Team Enea, nonno!”, si sente in lontananza. Un bambino e un anziano, mano nella mano, camminano verso il futuro.