silenzio
N.05 Novembre 2019
«Il mio rock sgorga dal silenzio»
La storia dei The Sun ha imboccato la sua svolta durante l'ora di adorazione dove Francesco Lorenzi ha trovato le risposte alla crisi e una nuova ispirazione
«Facciamo così: io prima sto in silenzio e ascolto, poi se ti va ti canto qualcosa e infine, se ti va, mi lasci lo spazio per le domande». […]
Silenzio. *
Francesco Lorenzi è in ginocchio. È il 2007, ha 25 anni e il palco, il pubblico, gli eccessi di una vita da punk-rock-star non gli bastano più. «Era una situazione al limite: tutto era confusione, chiasso, doppie verità, doppi pensieri. E più la strada è doppia, più il silenzio spaventa».
Il cantante e leader della band dei The Sun anche nella serata organizzata a Soncino ad inizio settembre è tornato a raccontarsi. Lo fa spesso: parla, sorride, canta. Con i ragazzi del gruppo.
Sembra strano chiedere di aprire la porta del proprio silenzio ad un musicista rock. «Ma sai – risponde – una persona è un’unità con tante caratteristiche; nel mio caso anche quella di suonare un genere musicale di solito associato all’energia, alla potenza… per alcuni al chiasso. Ma negli anni anche l’esperienza del silenzio è diventata per me una quotidianità che è più di una regola».
Il leader di una band che gira il mondo alzando sempre al massimo il volume della vita si è ritrovato a casa nella cappella dell’adorazione, immerso in un silenzio che «all’inizio è tagliente» perché si impone dentro una crisi profonda, ma che insegna «il piacere della verità». «Perché c’è un piacere anche dentro le cose che inizialmente ci fanno soffrire, perché ci permettono di vedere il bene che c’è dietro la sofferenza che è in superficie».
Serve scavare, però. Prendere a due mani il coraggio di attraversare il vuoto: «C’è un silenzio in cui le risposte non ci sono: è assordante per il vuoto che crea. Ma è in quel silenzio che apre la strada alla possibilità di una riposta».
Francesco non propone di «staccare un attimo», il silenzio di cui parla richiede di sostare a lungo per vedere quella bellezza che chiede di tornare alla ricerca di noi stessi. «Ed è assolutamente necessario: finché non prendiamo dimestichezza con i nostri pensieri reali non capiamo le ragioni di ciò che accade nella nostra vita. Il silenzio ci riporta al reale dei nostri pensieri».
Non è una filosofia di vita; è l’apertura di una breccia oltre le frenesie delle proprie giornate, del proprio lavoro. Conoscersi e lasciarsi ispirare da ciò che scopriamo su noi stessi. E sul nostro lavoro.
E a quel punto – scrive ne “La strada nel sole” – «non ci pensi e improvvisi». Lì, nascono i The Sun, le loro canzoni in italiano che parlano di speranza, di amicizie autentiche, di sofferenze e di amicizia. E di Dio. Durante l’ora di adorazione nasce un nuovo rock… «Nell’intervallo tra la domanda e la risposta si crea quella tensione interiore che produce anelito artistico, voglia di comunicare, nel mio caso con una canzone. Ed è uno spazio benedetto. Come quando facciamo una domanda importante a una persona che amiamo e, mentre aspettiamo la risposta, si crea un momento di silenzio. Quel momento è carico di tanta vita. È un grande propulsore per la scrittura. Così come lo è la grazia della risposta che non ti aspetti e ti spiazza, la nuova vita che inizia, lo stupore».
Scrive, canta e parla per i giovani, Francesco. Sono il suo pubblico, sotto al palco, con i suoi libri tra le mani e sui social network dove viaggiano canzoni e pensieri: «Viviamo in un sistema architettato per evitare in qualsiasi modo l’esperienza del silenzio. Non invidio i ragazzi di oggi perché con questo sistema è una lotta impari».
E il silenzio resta vuoto, attesa vana, noia… «L’unica soluzione – scuote l’aria la voce del cantante – è fare squadra. Sì, lo so che sembra strano dire di metterci insieme se parliamo di silenzio, ma tutti viviamo situazioni che ci costringono al silenzio. L’esperienza del dolore o della morte possono schiacciarti se non conosci il silenzio, se non hai affrontato il lungo percorso che porta a comprenderne la bellezza», nascosta dietro la maschera spaventosa che il mondo gli ha assegnato senza chiedere. «E questo cammino – assicura – è relazione. Perché non ci basta l’assenza di rumore, che riempiamo inutilmente con centinaia di messaggi sul telefonino alimentando la confusione attorno a noi. Con la band stiamo ore in silenzio sul furgone durante i tour, ma è una silenzio pieno; non c’è l’ansia della solitudine se sai di essere amato. È come – riflette – la vita dei monaci: vivono e pregano insieme, in un silenzio che è relazione profonda e genera un movimento armonico. È come un’onda. Come musica».