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N.06 Dicembre 2019
Il senso dell’attesa ai mercatini di Natale
Vorfreude è una parola che si sente pronunciare spesso in Germania passeggiando tra le casette di legno allestite per i mercatini di Natale. È la pre-gioia, la gioia dell’attesa. Un’attesa rituale, segnata dai piccoli gesti quotidiani, come aprire lo sportellino del calendario dell’Avvento e leggere la frase sul retro mentre si assapora la dolcezza di un cioccolatino. Un’attesa che profuma di cannella e arancia candita, che pizzica sul viso come il freddo pungente di un tardo pomeriggio in Baviera, che riscalda come una tazza di vin brulè tenuta stretta con entrambe le mani, e che ha l’aspetto di una nuvola di vapore che esce dalla bocca all’aria gelida e il rumore fragoroso di una risata tra amici.
A Norimberga, il Christkindlesmarkt (uno dei più antichi e importanti al mondo) è inaugurato da un rito che si ripete ogni anno. Una ragazza della città, selezionata tra molte, impersona il Gesù Bambino che dà il nome al mercato e recita la vecchia filastrocca che tutti conoscono a memoria, circondata da angeli sulla balconata della chiesa di Nostra Signora.
Tutto ha inizio il venerdì prima della prima domenica di Avvento. Quest’anno, lavoranti e visitatori sono stati incantati dal sorriso aperto e sereno di Benigna Munsi, madre tedesca e padre indiano (lo stesso sorriso che ha disarmato le, per fortuna poche, critiche a sfondo razzista relative alla sua nomina). Da quel giorno e fino al 24 dicembre, fare un giro tra decorazioni natalizie, dolcetti alla cannella, Wurst, birra e vin brulè, diventa un’occasione di incontro tra colleghi dopo il lavoro, amici d’infanzia, familiari.
Il mercatino è il luogo dell’attesa, della Vorfreude. Ce n’è uno in ogni più piccolo villaggio e in ogni città nei Paesi di lingua tedesca. Si va lì per chiacchierare, per ascoltare i cori parrocchiali (di bimbi, ma anche di adulti) che gareggiano intonando i canti tradizionali del Natale, per partecipare ad aste di beneficenza, e (anche, ma non soltanto) per acquistare qualche decorazione o qualche dono mentre i più piccoli fanno un giro sulle giostre.
Si va lì soprattutto per riempire di incontri il tempo dell’attesa e così tornare tutti un po’ bambini. È questo l’invito del Gesù Bambino di Norimberga, che così conclude la sua filastrocca: «Signori e signore, che un tempo eravate bambini, siatelo di nuovo oggi, e divertitevi come fanno i bambini».