aria

N.39 Marzo 2023

ECOLOGIA

L’aria nuova nasce dalle nostre scelte coraggiose

Urge una mobilitazione condivisa, che può far leva sulle motivazioni ideali, ma anche sulla «spinta gentile» di un interesse economico tale da indurre a modificare stili di vita

Ci manca l’aria. Ciò che fino a ieri era scontato, ora non lo è più. L’aria che respiriamo è pulita? Ci fa davvero bene? Perché la crescita esponenziale di allergie e polveri sottili in alcuni territori? In pianura padana è sistematicamente superata la soglia di sforamento annuale per quanto riguarda l’inquinamento dell’aria. Zona rossa. La crisi climatica è la conseguenza che a sua volta diventa causa di eventi atmosferici estremi. Come un serpente che si morde la coda.
L’aria è bene comune, di tutti e per tutti. Il riscaldamento climatico ha impatto sulla biodiversità, sui terreni, sui mari, sulle correnti d’aria, sulla disponibilità di acqua potabile. La concentrazione di gas serra, soprattutto di CO2, ha una responsabilità umana e chiama in causa i nostri stili di vita. Come ricorda Papa Francesco: «La loro concentrazione nell’atmosfera impedisce che il calore dei raggi solari riflessi dalla terra si disperda nello spazio. Ciò viene potenziato specialmente dal modello di sviluppo basato sull’uso intensivo di combustibili fossili, che sta al centro del sistema energetico mondiale. Ha inciso anche l’aumento della pratica del cambiamento d’uso del suolo, principalmente la deforestazione per finalità agricola» (LS 23).

Gli sforzi internazionali per affrontare il problema si sono rivelati fallimentari. È stato affrontato come se si trattasse un tumore con la tachipirina. La firma degli impegni alla COP 21 di Parigi nel 2015 è stata apposta poche settimane dopo la pubblicazione dell’enciclica Laudato si’ e dell’Agenda ONU 2030 con i suoi 17 obiettivi. I Paesi firmatari si sono impegnati nel contenimento della temperatura media globale al di sotto della soglia di 2°C e nella limitazione di tale incremento a 1,5°C.
Benissimo. A quasi 10 anni di distanza la situazione sembra essere peggiorata. Solo il lockdown durante la pandemia ha rallentato le emissioni, ma sappiamo che la soluzione non può essere quella di fermare ogni attività umana. La qualità dell’aria, tra l’altro, è garantita da un equilibrio mantenuto dai polmoni del pianeta che si chiamano foreste. Salvaguardare l’Amazzonia, la foresta pluviale del Congo e del Sud-Est Asiatico ha impatto considerevole su tutto il pianeta.
È saggio piantare alberi nei nostri territori, ma lo è ancora di più fermare la deforestazione selvaggia e custodire ciò che mantiene l’equilibrio del clima. Il passaggio da foreste a savane è più breve di quanto si pensi. La distruzione di un ecosistema diviene irreversibile.
Abbiamo bisogno di aria pulita nelle zone più antropizzate. Le polveri sottili vanno diminuite, se si vuole evitare di respirare veleno. Servono scelte coraggiose, ben oltre lo scaricabarile cui si assiste di solito. Sappiamo che tre sono le cause principali dell’inquinamento nelle città: le industrie, il traffico e il riscaldamento nelle case. Che è come dire: siamo tutti coinvolti. Gli industriali devono provvedere a filtrare le emissioni; la mobilità va rivista in favore dei mezzi pubblici; il riscaldamento nelle abitazioni va regolato o modernizzato con investimenti. Pochi gradi di calore in meno d’inverno, negli edifici privati e pubblici, potrebbe portare benefici su scala più ampia. Urge una mobilitazione condivisa, che può far leva sulle motivazioni ideali, ma anche sulla «spinta gentile» di un interesse economico tale da indurre a modificare stili di vita. L’educazione alla responsabilità ecologica permette di sentirci tutti partecipi. Solo così le cose cambieranno.
Ci sentiamo responsabili di un dono, non sfruttatori di un bene materiale. Dal cambio delle abitudini può crescere una cultura della cura dei beni comuni. Aria nuova.